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sono una Melusina

le nostre ricerche > archeologia del mito

Sono una Melusina che ha voluto vedere, nutrire, consolare la bambina che sono stata, che aveva paura dei serpenti, ma ne era affascinata.
Ho fondato una associazione di  curiose indagatrici  che, da ventidue anni, sperimentando numerose iniziazioni femminili, per stadi successivi di metamorfosi, si sono confrontate con  la fata Melusina  districandone ciò che è nostro fin dalle origini.
All’ inizio la scegliemmo perché ci piaceva il suo pretendere il sabato tutto per sé e per la sua costruttività, oggi é la sua coda di serpente che vogliamo interrogare e l’ urlo che emette quando le spuntano le ali e vola via.
Il mito fiabesco di Melusina era molto diffuso nel Medio Evo e fu raccontato per secoli, non solo dalle nonne – come auspica Alda – ma da trovatori e da istitutori, se é vero che nel 1621 il vescovo di Anversa  vieta la lettura nelle scuole di quello che era diventato un bestseller e mette all’indice tutte le edizioni (sia quella francese del 1392 che quella tedesca del 1456 più volte ristampate)
La prima versione letteraria della popolare fiaba fu commissionata nel 1392 a Jean d’Arras dal conte di Poitu, che desiderava dar prestigio alla sua casata, considerandola fondata dalla prodigiosa fata Melusina. Circolava la voce, tra i sudditi del suo feudo, che Melusina trasportava in volo durante la notte nel suo grembiale (simbolo del grembo gravido della dea),  le pietre per costruire castelli e  abbazie nel suo contado.
Il romanzo di Melusina inizia con l’incontro, presso la fonte della sete, del futuro erede del contado con tre fanciulle di cui una, Melusina, afferrando le briglie del suo cavallo, lo invita a fermarsi.
Melusine é una fata del mondo celtico e, come gran parte delle fate medievali, é una divinità detronizzata. Mère Lusine (dal latino Mater Lucina) era uno dei tanti nomi delle Dee dell’alba e della luce lunare, protettrici del parto. Le metamorfosi di una Dea sono numerose: uccello, serpente, cinghiale, ma soprattutto si presenta nell’aspetto di donna, più spesso di tre donne.
La triade femminile è sempre un indizio che siamo alla presenza della Grande Dea, Signora della vita, della morte, della rinascita e la fonte ne é il luogo di culto privilegiato.
Sarà un caso che proprio nella regione del Poitu, terra di origine della leggenda di Melusine, fu individuato nel 1950, in una caverna, un bassorilievo dell’età della roccia madre (12.000 a. C.) con tre nudi femminili rappresentati a grandezza naturale dalla cintola in giù?

Chi li fece sorgere dalla roccia, sfruttandone le protuberanze, voleva meditare sulla differenza sessuale, mostrando un corpo che, letto da sinistra a destra, si gonfia e decresce come la luna. Letto da destra a sinistra mostra la metamorfosi stupefacente di un corpo adolescente che si trasforma nella pienezza della gravidanza.
Melusine  promette ricchezze e prosperità in cambio dell’impegno, in un patto nuziale,  a non cercare di sapere cosa lei facesse il sabato, che riservava come giornata tutta per sé.
Il futuro Principe accetta e il matrimonio funziona. Melusine partorisce dal suo grembo divino non solo figli segnati da stigmate, come denti di cinghiale o occhi sulla fronte - simboli dell’iniziazione alla religione della Terra - ma anche, castelli,  chiese, abbazie. Ma un sabato, spinto dalla gelosia e dalla curiosità, il suo sposo la spia attraverso il buco della serratura e scopre che la sua sposa, mentre sta facendo il bagno, si metamorfizza in serpente.

Subito dopo a Melusina spuntano le ali.                                                                                                              

Questo tradimento del patto, provocherà la definitiva trasformazione di Melusina in uccello notturno che tormenterà, come un incubo, il sonno degli umani, annunciandone la morte.  

Nel linguaggio della religione della Dea ciò significa che non bisogna rivelare, a chi non ha ricevuto una completa iniziazione, i segreti delle metamorfosi del corpo femminile e della Terra, che erano dei Misteri religiosi custoditi ed amministrati dalla sapienza femminile. Lo sposo di Melusine si comporta da maschio, interrompendo la sua trasformazione in uomo, rispettoso del femminile, per questo va abbandonato.
Nei nostri miti mediterranei le tre età della donna corrispondono ai tre aspetti della dea come figlia, come  madre di figli divini, come  vecchia e Madre dei morti. Le metamorfosi del corpo femminile venivano proiettate in cielo e rappresentate nell’immaginario dalla falce della luna crescente, della luna piena e della luna calante.  La Dea come Luna era madre dei tre mondi: celeste, sotterraneo e terrestre. Era cioè sovrana universale, immagine vivente della fecondità della terra, delle acque e del cosmo.  
Il bagno di Melusina non é un fatto igienico ma allude a un  bagno rituale. Il Sabato,  secondo le antiche tradizioni, era ritenuto il giorno in cui le donne, con l’aiuto dei loro animali simbolici, doppioni  della luna che scompare e riappare ritmicamente,  rigeneravano se stesse e la natura tutta.
  
I devoti all’ antica religione della Terra conoscevano il serpente come simbolo dell’energia vitale, della saggezza, della guarigione e della trasformazione spirituale.
Naturalmente il serpente non poteva essere avvicinato da chi non sapeva  trasformare il veleno in farmaco o da chi non aveva ricevuto una iniziazione, rispettando tutte le tappe di avvicinamento ai Misteri delle trasformazioni dei frutti della donna e della Terra.  
Maneggiare i serpenti era una prerogativa delle dee della salute come Igea nei cui templi venivano allevati I sacri serpenti   
Nonostante l’incalzare delle invasioni indoeuropee con la loro nuova ideologia patriarcale, guerriera e predatoria,  si manterrà  a lungo la cultura precedente della vecchia europa.
 
Statuette in ceramica trovate in una scatola ornata di conchiglie nei depositi del tempio del palazzo di Cnosso a Creta. Sono del 1700 a C. circa. Erano in numero di tre ! Della terza rimane solo la parte dalla cintula in giù.
Se in Prima di Eva avevo ipotizzato l’esistenza di riti della triplice dea solo per il santuario di Laussel, la mia successiva scoperta del bassorilievo del Poitou e delle tre statuette di Creta conferma la mia intuizione di una ininterrotta tradizione cultuale dalle origini al Medioevo. Il mito di Melusine non era altro che la trasformazione in fiaba di una spiritualità matriarcale trasmessa da bocca a orecchio, che diventò scrittura romanzata solo nel XIV secolo.

Il segreto dell’iniziazione alla religione della Terra fu a lungo tenuto ben custodito, ma a un certo punto andò perduto. La perdita del mistero del serpente e dell’utilizzazione delle energie psichiche inerenti la sua simbologia, determinò nel corso della Storia  equivoci e persecuzioni nei confronti delle donne e del serpente, entrambi demonizzati. Persino il gatto, che era un aiutante magico per le previsioni meteorologiche (nella statuetta di Creta è seduto sulla testa della sacerdotessa), verrà considerato diabolico e bruciato insieme alle “streghe”.
Ben prima dell’Inquisizione, comunque, con la formazione delle prime città a dominanza maschile, la donna progressivamente cessa di essere considerata una iniziatrice alla sapienza e alla spiritualità. A Delo, l’isola greca dedicata ad Apollo,  non si poteva nascere né morire. Le puerpere erano trasportate in un’ isola vicina perché non contaminassero con la materialità del parto, la creatività dello spirito.
La spiritualità della Dea ha comunque continuato a essere trasmessa da bocca a orecchio, da madre in figlia, ispirando poeti ed artisti fino ai nostri giorni.

Disobbedendo alla legge del Padre, anche noi Melusine, ci siamo cibate del frutto della conoscenza che, nella versione scelta per la copertina del mio “Prima di Eva”, é una melagranata.  

Prima di diventare il frutto della conoscenza offerto a Eva dal Serpente (simbolo delle Spirito della Madre Terra), la melagranata era il frutto di Kore che, assaggiandone sette chicchi, diventa Persefone, Regina del mondo sotterraneo. Può così tornare, per una parte dell’anno, dalla madre Demetra. Accortasi del rapimento della figlia Kore da parte di Ade (simbolo del matrimonio patriarcale), Demetra aveva emesso un urlo di disperazione come sarà quello di Melusina che, spiata dal marito nel giorno che lei dedica a se stessa, ai propri riti rigenerativi, si trasforma in serpentessa e vola via urlando.
Ma di quale conoscenza era simbolo la melagranata?
  
A me sembra una testa coronata come quella delle regine delle fiabe e, capovolta, un utero pieno di semi.
 
Che possono anche diventare sangue del nostro sangue. Da sacrificare. Bevanda mistica. Morte e resurrezione.
Quando é un fiore che sta sbocciando sembra una stella, rossa come il sangue della vita, con sette punte come i sette giorni rossi del ciclo mestruale e lunare.
Forse che, avendo un utero pieno di semi, la donna desidera farsi portatrice di un pensiero che dà la luce ma senza rinnegare le viscere oscure da cui proviene la vita?  Preferisce rimanere fedele al Serpente, spirito protettore dei tesori della Terra, garante della vita stessa della comunità?
Il melograno dà i suoi frutti in autunno, stagione propizia per occuparsi dello spirito,  e il serpente promette al maschio e alla femmina, che si impegnano a divenire uomini e donne della razza nuova, l’eros della conoscenza.
Anche Afrodite, dea dell’amore, era collegata alla melogranata. Racconta Apuleio che il primo compito che la dea dà a Psiche per riunirsi a Eros è quello di dividere, da un enorme mucchio di semi accatastati alla rinfusa, i semi buoni da quelli cattivi. Avevamo letto questo compito, presente anche nelle fiabe di Cenerentola e Prezzemolina, come una iniziazione alla separazione della fanciulla dalla madre. Avevamo eletto Afrodite a simbolo della parola creativa. Una parola che non nasce armata contro il materno ancestrale, ma che si distanzia dalla madre senza rinnegarla (vedi Prima di Eva pag. 159). A differenza dei maschi che si separano dalla madre brandendo la spada, il rito di separare i semi ci dice che le bambine così imparavano  a nutrirsi dei semi buoni del materno e a sputare quelli cattivi. Sperimentavano il travaglio del discernere il bene dal male applicandolo poi nella cura dei rapporti interpersonali e nella vita sociale.
Forse questo ci dicono i miti e i riti del femminile : il non rispetto del patriarcato per il corpo della donna e per il suo attaccamento alla propria esperienza interiore, fa scaturire l’urlo di Demetra, di Afrodite furente, di Melusina che rinunciano a fecondare la terra,  lasciano che si desertifichi così come ci sentiamo desertificate quando non viene rispettata la nostra differenza. Quando dentro di noi non lasciamo che l’eros si integri con il logos e rimaniamo mute oppure imitiamo il linguaggio della sopraffazione e del potere.
Anche il ferro di cavallo, che i contadini per millenni hanno considerato un oggetto protettivo, ha la forma dell’utero. Alda Merini, quando la aiutavo a trasformare in letteratura la sua vita, mi metteva sulla pancia un ferro di cavallo perché, a suo dire, dobbiamo proteggere i nostri visceri, dimora dell’anima, quando li interroghiamo per generare figli di carta stampata. I nostri pensieri, come i nostri figli di carne, vanno covati, tenuti al caldo nel nostro ventre-anima perché, fecondi e maturi, possano fruttificare dentro e fuori di noi. Perché il  femminile dà alla luce ma dà anche una certa luce. Come la luna, Illumina la notte che mitiga l’ardore bruciante del sole, ingoiandolo ad ogni tramonto per ripartorirlo ad ogni alba.


Luisella Veroli



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