TESTO di CARLO SLIEPCEVIC (Filosofo)
ELENA UDERZO E ROBERTO PIAZZA
Un discorso incentrato esclusivamente sugli aspetti
formali di queste realizzazioni, andrebbe certamente
in una direzione che i due ragazzi attendono ,riguardando
le loro opere. Tuttavia, io spero che loro mi perdoneranno
se darò maggior rilievo all'intendimento di chiarire
ciò che sta dietro il loro lavoro e la nostra presenza
qui.
Apparentemente , le realizzazioni di Elena Uderzo
e Roberto Piazza sono denunce di ciò che siamo ormai
abituati a vedere.
- La sopraffazione della possibilità di vivere con
naturalità la condizione quotidiana.
- La crudeltà impersonale che ci circonda .
- L'impotenza a intervenire.
Ciò che caratterizza maggiormente queste opere è
il modo come sono realizzate.
C'è del candore e una tragicità ridondante.
Una certa affettività accompagna alcune opere ( e
non a caso sono un ragazzo e una ragazza a operare
e pertanto in esse c'è l'incontro del contributo affettivo
di entrambi).
La giovane età degli autori è ciò che non si vorrebbe
constatare.
Trattandosi di giovani, abbiamo delle manifestazioni
adulte in una sensibilità ancora giovane.
La presenza di oggetti infantili - ad esempio la
bambola - ,oggetti con cui sono soliti giocare i bimbi,
indica essenzialmente che a essere calpestata dalla
violenza è l'innocenza.
Ossia una condizione - forse l'unica - che lega la
vita a una sorta di grande privilegio ,assolutamente
non costruibile dall'uomo.
Ma solo distruttibile.
La "misura" degli oggetti e la loro collocazione
formale in seno al loro significato ,mi dicono che
per quanto riguarda loro, si tratta di una innocenza
forse solo " disturbata".
Loro vogliono bene alle immagini, anche se non ne
condividono il messaggio.
Si tratta , ora , di vedere che cosa rappresentano
effettivamente le loro realizzazioni.
Partirei dall'innocenza , per poi cercare di capire
come sia stato possibile pervenire alla violenza.
L'innocenza è una condizione attraverso cui passano
altre condizioni: al suo estremo troviamo la santità,
anche il cosiddetto amore è un sentimento che conosce
solo la dimensione del "dare" e non può che essere
puro, innocente.
In qualche modo, la condizione dei fiori può permetterci
di illustrare la condizione dell'innocenza.
Il fiore obbedisce a ciò che accade dentro di sè
e fuori di sè : ambiti che conosce bene.
Così, l'innocenza è una condizione che respirando
la stessa situazione del fiore, ha tutti gli ingredienti
per badare a se stessa , ed è preparata, dentro di
sé , ad incontrare, col tempo, una realtà via via
meno prossima alle esigenze proprie della sua condizione.
Ho accennato ai fiori , perché il problema ha a che
fare proprio con il rapporto con lo Spazio.
Proviamo per un momento a osservare attorno a noi.
Basta guardarsi in giro per accorgersi che siamo
circondati dalla tecnica.
E' qui che subentra la realtà dell'oggi.
Il mondo è pervaso dalla tecnica, ossia dalle realizzazioni
dell'uomo.
Queste realizzazioni rappresentano in fondo le sue
appendici, dato che lo aiutano.
Ossia la tecnica parte dalla materia, attinge dalla
materia, e in qualche modo, servendosene, piano piano,
avvicina maggiormente l'uomo alla materia.
Il risultato è che le persone interloquiscono con
la materia loro malgrado.
Essenzializzando i termini del problema, è la contrapposizione
tra questo lento , reiterato anteporsi della materia
e il rapporto con lo Spazio che entra nella realtà
nella quale viviamo.
Con conseguenze difficili da valutare.
Per quanto riguarda la gioventù, la realtà che oggi
come oggi, l'innocenza si trova di fronte , è una
realtà che è impreparata a ricevere , dentro di sé
essendo preparata a una realtà che le si sveli per
gradi.
E questo spiegherebbe il cocktail di : sensibilità,
misura, affetto, gioco, che aleggia nelle realizzazioni
di Elena e Roberto.
Ognuno di questi caldi ingredienti : sensibilità,
misura, affetto, gioco, nel loro equilibrio coatto,
opera in senso ammorbidente la situazione nella quale
si trovano i ragazzi di oggi.
E' una lotta interna che ciascheduno è condotto a
operare dentro di sé.
Ed è molto bello pensare , che le loro opere non
sono realizzazioni puramente formali, futili, ma rappresentano
una lotta che fa onore a loro e, come si vede, anche
all'arte.
Carlo Sliepcevic
Un'ultima considerazione.
Il sentire l'esigenza di esprimersi attraverso l'installazione
sottolinea il bisogno di condursi nello spazio con
una avvicinabilità nostra che è espressa dalla realizzazione
tra gli oggetti dell'installazione e lo spazio. Avvicinabilità
sospinta dalla cruda realtà dell'oggi.
Impolverati sugli scaffali della memoria ci guardano
i giocattoli dell'infanzia, ancora espressivi e
più che mai vivi nei nostri ricordi di giocatori
immaginari.
Un invito a ripercorrere i momenti più indimenticabili
( quelli che ogni bambino-adulto conserva gelosamente
in sé) ricreati grazie all'ironia caleidoscopica
e alla poliedrica immaginazione di installazioni
uniche e provocatorie nella loro essenzialità.
Un girotondo di creazioni simboliche , scherzi
della fantasia, umorismo zuccherino che si intreccia
lungo il percorso proposto.
Un'esposizione alternativa che ci fa sorridere
e ci distoglie temporaneamente da tutto ciò che
ci impedisce di esternare senza filtri il nostro
sfogo psichico-artistico e di superare i confini
dell'astrazione e della follia creativa .I nuovi
contesti che ospiteranno i giocattoli ci riveleranno
inoltre le peggiori sfaccettature del mondo degli
adulti.
Kids are strange….
TOYS come proiezioni esteriori di idee,sogni,paure
umane che riemergono ciclicamente nelle tappe della
vita . Creature curiosamente silenziose che non
ci hanno mai giudicato tornano per ristabilire quel
contatto intriso di vibrazioni impalpabili e risonanti
che ci aveva uniti in passato. Un tentativo quindi
di ricreare atmosfere suggestive e oniriche con
spontaneità e flusso libero di creatività pura per
identificarsi nuovamente con l'io-bambino rimasto
eternamente incontaminato sotto la nostra buccia
che invece invecchia con il tempo insieme all'io
-adulto.
……FEEL FREE TO REBORN
IN A CHILDISH MIND……………
Elena Uderzo: classe 81, studentessa di
Interpretariato e Comunicazione (IULM) , "mangiatrice
d'arte" e cleptomane di concetti dadaisti e immagini
"Daliniane" ,fino a confluire nel contagio delle
più" recenti" espressioni ( pop art, street art
graffiti). Si avvicina all'arte per insaporire l'insipida
quotidianità di chi ancora vive banalmente ancorato
ad ogni sorta di clichè. Per cui vale: "TUTTO è
ARTE" se si è consapevoli che la perfezione però
è rara.
Roberto Piazza: classe 77, studente di grafica
( Scuola d'arte applicata ,Castello Sforzesco, Milano),appassionato
d'arte contemporanea , estimatore della pop art
nonché fedele partner della macchina fotografica.