Sono tentato di evidenziare, innanzitutto,
un'esigenza che ho sentito molto forte quando ho ascoltato gli interventi
degli amici impegnati presso il museo archivio di Dora e presso il museo
archivio di Dachau. L'impegno che loro stanno profondendo oggi nelle
ricerche merita certamente una grande considerazione e un grande apprezzamento;
ho avuto l'opportunità di visitare entrambi i campi ed ho visto
come questi giovani tedeschi lavorano con impegno ma soprattutto direi
con l'animo di chi queste vicende le vuol conoscere, le vuole approfondire
ed è pronto a sviluppare le motivazioni e le dirette testimonianze
di quanti subirono la deportazione. Dachau, Dora, Mauthausen, Auschwitz
ecc; raccolgono tante storie diverse, e questa sera abbiamo sentito
due giovani che ci hanno parlato di questa esigenza di sapere, storicamente.
Li ringrazio, e vorrei per loro un grande applauso.
Ho accolto l'invito di intervenire in queste giornate di studio su Dora
Mittelbau con la consapevolezza di essere più attentamente seguito
da quanti oggi qui riuniti vissero direttamente l'esperienza della deportazione
e dell'internamento in quel Lager e dai familiari di chi non può
più essere presente. Sono dunque gravato anche dalla responsabilità
di rivolgermi da testimone a dei testimoni, e come testimone del Kz
Mauthausen sono particolarmente lieto di portare a questo convegno il
fraterno saluto del comitato internazionale di Mauthausen e della sua
presidenza, che qui rappresento, e se me lo consentono anche quello
dei comitati internazionali degli altri campi.
Per scoprire Dora devo collegarmi
alla mia personale esperienza. Deportato da Torino a Mauthausen il 14
gennaio del '44 e trasferito al subcommando Ebensee, ho lavorato in
galleria fino alla liberazione del 6 maggio '45 e qui ci sono altri
compagni che hanno vissuto questa esperienza. Ho inteso il nome di Dora
come Lager e come lavoro in galleria dai compagni francesi: era il 15
aprile 1945 quando giunse ad Ebensee un trasporto di 216 deportati provenienti
direttamente da Dora Mittelbau. Dopo l'evacuazione di quel Lager essi
continuavano il loro internamento con noi. Le pubblicazioni che si sono
susseguite in questi anni - il professor Collotti ne è un validissimo
testimone - confermano l'esistenza di questo trasporto di cui non si
è ancora individuata l'immatricolazione di Mauthausen; presumibilmente
è stata conservata quella di Dora.
La destinazione di questo gruppo, che risulta essere l'unico trasferito
verso il Kz direttamente, non era certo casuale: è facilmente
ipotizzabile che per la specifica esperienza acquisita nelle gallerie
del Dora ci si attendesse un contributo decisivo alla infinita costruzione
delle gallerie di Ebensee che dovevano dare sollecitivamente spazio
alla produzione indispensabile della benzina sintetica. Ma se si vuole
questo è solo un ricordo personale.
Il Lager di Dora era ufficialmente
conosciuto in Italia fin dai primi giorni del maggio 1945; ho recentemente
riletto la relazione molto dettagliata predisposta da Don Luigi Pasa,
cappellano militare dell'Oflag 83 di Wietzendorf inviata in quei giorni
al presidente del Consiglio onorevole Ivanoe Bonomi ed a Sua Santità
Pio XII: pagine intense ma molto razionali, che definiscono il campo
denominato Dora Nordhausen "tomba di uomini vivi".
Nel portare a conoscenza dei destinatari l'esistenza di questo Lager
egli scrive: «Assommo tante copie di sofferenze, ma individuo
facilmente i grigio-rigati provenienti dal Dora, la cui tragedia va
ricordata accanto a quelle vissute nei campi di Buchenwald e di Belsen.
Sono circa 400 qui giunti la mattina del 4 maggio dal campo di Belsen
dove erano stati trasferiti l'11 aprile dopo l'abbandono di Dora sotto
l'incalzare delle armate alleate. Tutti hanno negli occhi le quotidiane
impiccagioni e la fucilazione avvenuta verso la fine del '43 di 7 "alpini"
rei di aver chiesto anche per loro un supplemento di mezzo litro di
minestra di rape di cui beneficiavano gli internati di altra nazionalità
adibiti allo stesso lavoro di perforazione». Don Pasa conclude:
«E'facile pensare come i sepolti vivi di Dora ad altro non anelino
che di ritornare, quanto prima possibile, alle loro case, alla loro
patria, per rinascere a nuova vita».
Dal '45 dobbiamo aspettare fino al 1965 per poter attingere ad altre
fonti ufficiali su Dora. Valeria Morelli del comitato onoranze ai caduti
definisce il comando Dora il più importante dei comandi di Buchenwald.
Kommando Dora prenderà il nome di Mittelbau 1.
Kommando Ellrich prenderà il nome di Mittelbau 2
Kommando Harzungen prenderà il nome di Mittelbau 3
che sistematicamente distruggeranno la presenza degli italiani il 28
ottobre del '44 '53 anni fa proprio in questi giorni questi 3 commandos
furono separati dal Kl di Buchenwald e costituirono un nuovo Konzentrationslager
(Dora-Mittelbau).
Ecco perché ci sono queste
distinzioni: internati con il numero di matricola del Kl di Buchenwald,
altri che provenivano dai comandi esterni e in particolare quello di
Dora, e internati con numerazione di quello di Mittelbau dopo il 1 novembre
'44 superiore a 100.000. E naturalmente ci sono le provenienze dai diversi
Stalag militari e arriviamo dopo il 14 ottobre '43 a 748 prigionieri
di guerra italiani già "Imi" che invece di ricevere
la numerazione del KZ Buchenwald avranno una nuova numerazione.
Conosciamo quasi totalmente la loro immatricolazione 01 Ugolini, 02
Cozza, 03 Copat, 04 Liegi, e avanti. E'ormai noto come in dispregio
della convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929 che regola il trattamento
dei prigionieri di guerra, tesa ad alleviare e mitigare le condizioni
dei combattenti catturati e fatti prigionieri, la Germania violerà
gli accordi ed i prigionieri di guerra saranno impiegati in lavori pericolosi,
e inviati nei Campi di concentramento, privi del loro status di prigionieri
di guerra.
Nel '71, come giustamente ha ricordato
nella sua relazione questa mattina il professor Collotti, Manfred Bornemann,
profondo storico e da lungo tempo cultore della storia del Kz Dora,
pubblica una prima edizione poi riproposta nel '94 del "progetto
Mittelbau" e ancora nel '94 una specifica ricerca su quel Lager,
segnalando la presenza dei prigionieri di guerra italiani (dal 15 al
30 ottobre 1943, 5 trasporti con 579 deportati).
Un quadro più esaustivo è rappresentato da una ricerca
molto interessante di Felice Pirola pubblicata sul decimo quaderno (78/92)
a cura dell'ANEI con documentazione relativa ai militari italiani deportati
nel Kz Dora. Sono dei momenti di storia di questo campo. Nel '95 Frank
Baranowski nella pubblicazione "Progetti di armamenti segreti in
Bassa Sassonia e Turingia nell'era nazista", trattando ampiamente
le vicende degli internati militari italiani dopo l'8 settembre '43
richiama la presenza di quelli trasferiti al Kz Dora.
A proposito di questa pubblicazione il presidente della Repubblica Federale
Tedesca ha ritenuto di fare questa considerazione: "Quasi nessuno
conosce oggi quale fu la pluralità di fabbriche di armi dislocate
in Bassa Sassonia e in Turingia durante il nazismo; quasi nessuno è
in grado di avere coscienza di quanta sofferenza umana sgorgò
all'interno dei recinti di filo spinato dei Lager e degli impianti di
produzione. Frank Baranowski con meticoloso e minuzioso lavoro, ha fatto
luce su questo buio, e volentieri rimosso, capitolo della storia. E
tuttavia chi chiude gli occhi davanti al Passato diventa cieco al Presente;
chi non si ricorda della malvagità si predispone a nuovi pericoli
di esserne contagiato. Richard Von Weizsaecker. Ma su questo Lager per
troppo tempo volutamente sconosciuto vi è un intero capitolo
dal titolo "Un enfer nommè Dora" "Un inferno chiamato
Dora" nella pubblicazione dal titolo originale americano "Secret
Agenda", in edizione francese dal 95 con il titolo "L'affaire
Paperclip". Il recupero degli scienziati nazisti da parte degli
americani nel 45/90. L'autrice Linda Hunt giornalista, vive a Washington,
descrive attraverso il processo intentato e vinto con l'apporto essenziale
della legge sulla libertà d'informazione la (Foia), le deviazione
della Cia, che avrebbe operato in clamoroso contrasto con le direttive
del presidente Truman, che vietavano l'ingresso dei nazisti negli Stati
Uniti d'America, autonomamente decise che l'utilizzo degli scienziati
nazisti in progetti militari statunitensi.
Era necessario e prioritario adoperarsi
per l'ingresso e la salvaguardia negli Usa di migliaia di scienziati
facenti capo a Von Braun, che come è noto seguiva la realizzazione
dei progetti sulla V1 e V2 prima a Peenemuende e poi a Dora.
In conclusione, mi è parso cogliere le reali motivazioni del
lungo, forzato silenzio sul KZ Dora rimasto per lunghi anni, e quasi
totalmente, "Il Lager sconosciuto".
Nel settembre '96 mi è stato direttamente consegnato dalla dottoressa
Klose direttrice del museo archivio di Dora Mittelbau un elenco dei
nominativi individuati. Su questo elenco ho lavorato per tentare una
prima ricostruzione della presenza italiana in quel Lager. Parte di
tale pubblicazione è stata ordinata in modo sistematico e proposta
alla lettura su Triangolo Rosso dell'Aned, e quanto prima saranno pubblicati
gli altri nominativi individuati e talvolta modificati e integrati.
La segreteria nazionale dell'Aned
ha altresì ricevuto copia di tutto il materiale e successivamente
Miuccia Gigante, nostra infaticabile e paziente segretaria nazionale,
ha inviato i questionari predisposti dalla direzione del museo archivio
Dora a 133 militari e 39 politici, vale a dire a 172 superstiti rintracciati
da noi. Di questi ne sono stati compilati e sollecitamente restituiti
53 e sappiamo che c'è un problema d'interpretazione che chiariremo.
Copia di detti questionari è stata inviata al professor Collotti
dell'università di Firenze.
E'mio desiderio concludere l'intervento con l'illustrazione dei risultati
di una ricerca che ho condotto per dare un volto ed un nome a quei vostri
compagni fucilati il 15 dicembre del 43 a Dora. Per loro mi è
parsa più attendibile la motivazione dell'epigrafe scritta in
inglese e tedesco perché tutti sappiano e ricordino che "contro
la convenzione di Ginevra 7 prigionieri di guerra italiani furono fucilati
il 15 dicembre 1943. Essi rifiutarono di lavorare alla produzione missilistica
nelle gallerie".
Vorrei prendere in prestito la
rappresentazione di quel momento così come l'immagina Ricciotti
Lazzero negli "Schiavi di Hitler". «Guardando il campo
come lo videro loro prima di morire si scorge una grande fossa di cemento
e volgendo le spalle il tetro edificio che ospitava i due forni crematori.
Sullo sfondo svettano i campanili di alcune chiese di Nordhausen e si
distende la fertile pianura della Goldene Aue.
Morirono, come si sa, rifiutando la benda agli occhi. Giunsero su quello
spiazzo spintonati dalle SS urlanti, mentre i loro compagni impietriti
erano costretti ad assistere. Il rumore degli spari che troncavano le
loro giovani vite si perse nella vastità di quel lugubre anfiteatro».
Nello stesso giorno il 15 dicembre i loro cadaveri vennero gettati su
un carro e trasportati a Buchenwald. Albino Moret testimone oculare
con pochi altri dirà: «Quei sette nostri compagni, i loro
cadaveri li hanno poi portati subito al forno crematorio di Buchenwald
e noi siamo tornati in silenzio in baracca». Nel lungo internamento
di oltre 600.000 militari italiani rinchiusi nei vari Stalg od Oflag
dopo l'8 settembre '43, questa esecuzione dei sette militari italiani
nel Kz Dora - unica ed emblematica nella sua tragicità - "pretende"
una sua perenne memoria, una particolare menzione, un riconoscimento
ufficiale. Per la memoria storica questo plateale, impossibile, "dignitoso
diniego" non rappresenta forse un significativo atto di resistenza
attiva?
Desidero ringraziare l'Associazione nazionale Alpini per la concreta
disponibilità ad approfondire le ricerche iniziali e la Direzione
del Servizio situazione e statistica del Commissariato generale onoranze
ai caduti in guerra del ministero della Difesa, e ringrazio anche la
presenza qui del rappresentante dell'ufficio storico dello Stato maggiore
dell'Esercito, che ha accolto con immediata sensibilità la richiesta
inviandomi le schede ufficiali relativi ai sette militari vostri compagni
fucilati il 15 dicembre del '43 a Dora, e che voglio anche qui ricordare:
-numero di matricola 0457 Baccanelli
Giuseppe, nato a Borno (Brescia) il 10 marzo 1924 del quinto reggimento
Alpini;
-0276, Bianchetti Erminio, nato
a Tarzo (Treviso) il 1° novembre 1921, guardia alla frontiera; G.A.F;
-0275 Demoni Giacomo, nato a Revine
(Treviso) il 20 aprile 1921, Genio ferrovieri;
-0456 Flematti Efisio, nato a Spriana
(Sondrio) il 17 ottobre 1924, quinto reggimento Alpini;
-0458 Mossoni Carlo, nato a Breno
(Brescia) il 25 dicembre 1914,74° reggimento Fanteria;
-0279 Mozza Ernesto, nato Revine
(Treviso) il 17 dicembre 1921, 17° settore guardia alla frontiera;
G.A.F;
-0278 Scola Giovanni, nato a Falcade
(Belluno) 26 aprile 1921, Genio.
... e se morire non è finire, Loro e quanti non possono essere
più qui con noi oggi riuniti, rivivono nella Memoria e nella
Storia
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