Così un figlio ricorda il padre ex deportato
In quel numero - 115.454 - si esprimeva la sua ossessione di ricordare gli orrori conosciuti a Mauthausen. L'orgoglio per i successi dei compagni di deportazione. Ho visto la videocassetta "Testimoni", ancora
sono incredulo davanti alle immagini agghiaccianti, a quelle testimonianze
raccontate con tale calma e serenità che mi angosciano e generano
rabbia nei confronti di coloro che, perseverando nell'ignoranza e nell'indifferenza,
ancora oggi giustificano tali azioni. Questa è la storia che
non mi hanno mai fatto studiare, ma che ricordo come fosse vissuta,
per la moltitudine dei racconti di mio padre Mario sin da quando ero
bambino., Lui era forte e coraggioso anche nei momenti della sua malattia
che, inesorabilmente e in punta di piedi, lo porṭ alla tanto temuta
"infermeria". Era lui stesso che rincuorava sua moglie Anna, i suoi
figli, (sei!), i vicini di letto,... era sempre convinto che lui ce
l'avrebbe fatta a sfuggire alla morte che lo inseguiva da oltre cinquant'anni.
Si sentiva testimone di un viaggio che per troppe persone sembrava assurdo;
i suoi tristi ricordi lo accompagnavano ovunque, nei momenti più
gioiosi e felici, tanto da interromperlo nei suoi dettagliati racconti
delle camere a gas, della scala della morte, della madre costretta a
veder annegare suo figlio ancor bambino! Come liberarsi da un tale fardello?
Come dimenticare quelle persone con occhi, bocche e braccia aperte invocando
un Dio che sembrava li avesse dimenticati? Come liberare le menti da
quelle immagini disumane? Questa era la sua croce, questa la sua vera
prigionia! Renzo Corna |