Il discorso del presidente del Land Brandeburgo Martin Hambermann

Di qui un invito a ribellarsi quando un uomo è perseguitato

Avrei preferito ricevervi cordialmente in un luogo meno impressionante, per rivolgervi il saluto del Parlamento del Land Brandeburgo. Mi fa piacere che siate venuti a Ravensbrück anche se in un contesto così profondamente triste. Noi vogliamo oggi ricordare insieme le deportate italiane che in questo campo di concentramento femminile sono state bestialmente torturate, con lo scoprimento di una lapide nello spazio italiano nel blocco delle celle.
53 anni fa 14 donne sono arrivate da Torino in un carro merci. Dal febbraio 1945 in poi circa 600 italiane, molte delle quali gravemente ammalate che preventivamente erano state maltrattate nei campi di internamento di Fossoli, Bolzano e Trieste, sono state deportate in questo campo dell'orrore perché avevano lavorato nella Resistenza clandestina contro il regime fascista. Erano partigiane ed ebree.

Pieno di vergogna ma anche di speranza
Qui, in questo Lager hanno affrontato, con altre 130.000 compagne di sofferenza, l'inferno in terra. Hanno dovuto affrontare indescrivibili sofferenze spirituali e corporali, sono state umiliate, maltrattate sessualmente e costrette a svolgere lavori pesantissimi.
Tanto più è ammirevole che quelle che erano inermi, travolte da un'orgia di violenza e d'odio, abbiano avuto la forza di esprimere fra loro solidarietà e sentimenti umani, cercando di salvare la propria dignità personale e aiutando le compagne a non affondare nella disperazione. Queste donne coraggiose che nei tempi della disperazione hanno affrontato i loro carnefici con la loro dignità e resistenza, noi non le possiamo dimenticare.
Quando due anni fa abbiamo ricordato anche in questo campo di concentramento il 50' anniversario della liberazione, ero pieno di vergogna ma anche di speranza, perché superstiti provenienti da ogni parte del mondo, anche dall'Italia, che venivano qui per la prima volta, vollero testimoniare su che cosa qui era accaduto.
La loro partecipazione, le rievocazioni delle loro esperienze personali erano un monito contro ogni ripetizioni degli orrori, delle persecuzioni e l'oblio. Non chiedevano vendetta, no, esse porgevano la mano aperta alla pacificazione. Perciò siamo grati che oggi gli ex deportati tornino sui luoghi dei loro tormenti e vogliano parlare con noi.
Ai caduti e ai sopravvissuti noi siamo debitori nel prendere atto del loro messaggio e far sì che Ravensbrück non si ripeta, mai in nessun luogo! Chi tace si rende colpevole, si rende complice. Mettiamo al bando i Lager ovunque nel mondo. Non distogliamo lo sguardo quando gli uomini vengono torturati o distrutti. Resistiamo alla tentazione dell'acquiescenza e offriamo la nostra solidarietà ai deboli e agli oppressi. Solo allora le vittime di Ravensbrück non lo saranno state invano.

Martin Hambermann