L'intervento di Giovanna Massariello

Una ricerca ancora aperta

Accolgo l'invito di Bianca Paganini a prendere la parola, fuori dal protocollo ufficiale, ma "fuori protocollo" era mia madre Maria Arata per le sue attività antifasciste che la condussero alla deportazione a Ravensbrück; altrettanto "fuori protocollo" fu mio nonno Emilio Arata, antifascista che già nel 1926 fu obbligato all'abbandono del posto di segretario generale della provincia di Massa e Carrara e venne a Milano ricco solo dei suoi ideali e della prole; "fuori protocollo" erano i cugini di mio padre, Umberto e Bruno Bucci, che furono trucidati alle Fosse Ardeatine.
Parlo come figlia di una donna di Ravensbrück. E penso che sia importante che a questa cerimonia siano presenti i figli di queste donne, laddove il programma nazista prevedeva lo sterminio e la non-trasmissione della vita attraverso gli esperimenti di sterilizzazione. La mia generazione ha raccolto l'impegno del ricordo, che si propone a sua volta di passare ai figli, per quanto la fragilità delle nuove generazioni possa consentire.
Il lavoro svolto da me e da mio fratello Paolo è nato nello spirito di ridare un nome a quante più possibili donne di Ravensbrück, quelle deportate italiane misconosciute anche nella testimonianza di deportate di altre nazioni europee, invise per l'odiosa frattura politica del Paese al quale appartenevano, sottovalutate nel loro sacrificio anche nelle ricerche ufficiali sulla consistenza numerica della deportazione nei diversi campi.
La ricerca è ancora aperta, perché un'indagine sistematica che dovrebbe essere condotta negli archivi di più Paesi, non è stata ancora compiuta: tuttavia il ritrovamento di liste da noi pubblicate provenienti anche da Yad Vashem, e per dono del Cdec da un archivio polacco, consentono di dire che molto c'è ancora da fare. In base al numero dei trasporti e al quantitativo umano usuale per ogni trasporto, non si è lontani dal vero ipotizzando una presenza di donne italiane (compresi i "passaggi" da un Lager all'altro) a Ravensbrück non inferiore al 1.000. Di queste deportate, più di 600 ora hanno un nome. Esprimo tutta la mia emozione per questa giornata e abbraccio come fossero tutte nostre madri le donne di Ravensbrück qui presenti.

Giovanna Massariello Merzagora