Amiche e amici italiani e tedeschi e d'ogni nazionalità
qui convenuti, il Governo italiano oggi è qui, ripercorrendo
con voi il cammino doloroso che conduce a questo campo, perché
fin qui si spingono le radici della Repubblica. Essa è nata ovunque
vi furono coscienze libere che decisero di porre un ostacolo all'inaudito
connubio di oppressione, di ingiustizia, di violenza che sconvolse l'Europa
alla metà del secolo, anche a costo della vita.
L'Italia libera e democratica è nata anche qui, a Ravensbrück,
perché anche qui è passato il grande confine tra la barbarie
e la civiltà, tra la morte e la vita, tra la guerra e la pace,
tra la libertà e l'oppressione che ha segnato per sempre il destino
dell'umanità. Questo confine è passato per l'esistenza
di donne e bambini divenuti il simbolo del valore dell'uomo, della sua
dignità negati dal nazifascismo.
Questo confine, questo spartiacque l'ha segnato, in Europa, la Resistenza
che ha fatto della libertà, della dignità dell'uomo, della
pace il perno del cambiamento della storia europea mondiale. Qui è
nata la nuova coscienza degli Europei. Noi siamo passati di qui. Per
questo oggi siamo qui.
E siamo qui, innanzitutto, per non dimenticare. Perché nessuno
si illuda che si possano dimenticare le ragioni per le quali si muore,
le ragioni per le quali vive o muore la libertà. Non si possono
dimenticare o confondere le grandi scelte che hanno segnato il confine
tra ciò che è l'uomo, e ciò che è contro l'uomo, tra l'innocente
e il suo aguzzino.
L'eredità più sentita
A distanza di più di cinquant'anni non muta il senso delle cose.
Non vi è dibattito storico o sede giudiziaria che possa mutarlo.
Il tribunale della storia ha già emesso la sua sentenza. Il senso
delle cose è scritto qui, in questi luoghi, nella vita e nella
morte di tante vittime. E' nella coscienza dei testimoni che qui ci
conducono. E' nella memoria collettiva, italiana ed europea, che sa
dove sono le radici della sua coesione sociale e democratica.
Ciò che qui si è patito ha aperto il cammino nuovo dell'umanità
intera. Due grandi valori il '900 consegna a noi, alla vigilia del secolo
che sta per aprirsi: la democrazia, la venuta al mondo delle donne.
Quanto dolore, quanto coraggio li accompagna.
E' l'eredità che sentiamo più nostra: l'amore, il silenzio,
il coraggio, il grido di dolore delle donne che hanno attraversato questo
secolo, che sono passate per questi luoghi consegnando a noi la cittadinanza
piena, la nostra cittadinanza è figlia delle nostre madri e sorelle
di Ravensbrück. Vorrei che potessimo chiamarle per nome, chiamarle per
nome ad una ad una le donne e i bambini che qui sono giunti.
La morte non ha vinto in questo campo se la ragione per la quale essi
morirono è oggi la ragione della nostra vita e della nostra responsabilità.
Sono domande esigenti quelle che in questo luogo vengono rivolte a noi:
che ne è della libertà, della giustizia, della democrazia,
della pace per le quali si è consumato tanto dolore?
Che ne è della dignità della persona umana, che ne è
della dignità della donna, che ne è della dignità
dell'infanzia? Sento di rappresentare qui oggi tutte le donne del nostro
Paese: di ogni età e condizione, le donne che sono oggi le grandi
protagoniste della trasformazione della società italiana.
Quanta forza in quelle donne
Quanta forza, quanta luce viene a noi dalla memoria delle donne che
sono passate a Ravensbrück. Qui, più che altrove, si misurò drammaticamente
il legame così forte tra le donne e la vita, qui più che
altrove incrollabile fu la domanda di pace, il ripudio della guerra.
Oggi tocca a noi, sulla strada aperta dal loro coraggio, costruire le
grandi vie della pace e della fraternità universale.
Costruire, innanzitutto, la casa comune europea, perché sia un
presidio per la pace.
Ravensbrück, come gli altri campi, fu un luogo internazionale: diversa
la provenienza, una l'aspirazione alla libertà e alla pace. Tocca
a noi, oggi, costruire l'Europa democratica e solidale: l'Europa dell'euro,
ma anche della cultura, della socialità, dei diritti umani e
della democrazia. Tocca a noi educare le giovani generazioni ai valori
di questa Europa, che è nata dal sacrificio che anche qui si
è compiuto. La scuola ha un grande compito. Perché la
cultura e la conoscenza rendono liberi, sono le condizioni indispensabili
della democrazia, come l'ignoranza è il veicolo della dittatura.
E una scuola che non esplora, che non interroga, che non rivive il passato,
il '900, la Resistenza, non potrà renderla attuale nella coscienza
dei giovani formandoli a saper leggere le nuove sfide della libertà:
il dialogo, la tolleranza, il rispetto di ogni cultura, di ogni razza,
l'uguaglianza di opportunità per tutti. Se si dimentica la barbarie,
essa può ripetersi. Se non ha memoria storica la scuola non potrà
offrire ai giovani alti ideali, senza i quali la vita apparirà
loro vuota di significato.
Gli studenti vengano qui
La scuola è questa, è qui,,in questi luoghi che parlano
del sacrificio di molti per la libertà di tutti, e di come la
dignità dell'uomo sia il bene più grande dell'umanità.
Qui, dunque, debbono venire gli studenti, e in molti già vengono,
passando per i percorsi della memoria che in Italia e in Europa sono
come le stazioni sulla via della libertà.
Sono qui per testimoniare l'impegno del governo e del ministero della
Pubblica istruzione perché la memoria preziosa di questo luogo
sia custodita nella scuola italiana e venga consegnata alle nuove generazioni.
Questa è la generazione decisiva per la continuazione della memoria.
Entri nella scuola la storia del '900, e con la presenza delle donne.
Si intensifichino le iniziative perché il luogo dell'esclusione,
della violazione della dignità dell'uomo diventi il luogo dell'incontro
dei giovani Europei.
Il luogo dove è passato l'odio diventi spazio della cultura,
della solidarietà, dell'amore: dove la politica è stata
negata, i giovani possano rincontrarla nella sua moralità, nel
suo valore. Qui è nata la speranza nel futuro che ora è
affidata alla nostra comune responsabilità.
Nel nome delle donne e dei bambini di Ravensbrúck, noi non solo
siamo riconciliati, ma assumiamo la comune responsabilità verso
quel futuro di pace che era la ragione della loro vita ed è stata
la ragione del loro sacrificio.
Ora l'Europa pacifica è tutta affidata alle nostre mani.
Albertina Soliani
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