Quando parla della Tregua di Primo Levi e del film che ne è stato tratto da Francesco Rosi, Bice Teresa Azzali sa cosa dice. L'ha fatto anche lei, 52 anni fa, quel l'incredibile percorso lungo le strade di mezza Europa, negli ultimi mesi della guerra ra, per tornare a casa. Anche lei, come Primo Levi, veniva da Auschwitz. Anche lei portava nel cuore l'orrore di chi aveva visto l'inferno sulla terra e non sapeva con quali parole avrebbe mai potuto raccontarlo a casa.

Primo Levi

 

Birkenau
Ecco il testo della lettera indirizzata da Francesco Rosi a Bice Azzali di Roma
 

Cara signora, grazie dell'incoraggiamento

FRANCESCO  ROSI

Gentile signora Azzali, La Sua cara lettera è una conferma e un incoraggiamento alla scelta "difficile" che ho fatto di trarre un film da "La tregua" di Primo Levi. Scelta difficile per i tempi che corrono, in cui la gente sembra non abbia voglia di sentirsi ricordare le grandi sofferenze che toccano all'umanità, periodicamente, tanto che si può dire da sempre che la vita è una tregua tra un dolore e l'altro. Ma Primo Levi in quella grande opera ha raccontato anche, e soprattutto, la gioia del ritorno alla speranza: questa mi è sembrata una ragione sufficiente, attuale, oltre che eterna, per provarsi in un'impresa non facile. La Sua lettera all' "Unità" è molto toccante, ma anche, malgrado l'ossessione della memoria, serena. La saluto con gratitudine per le Sue parole e con affettuosa solidarietà

Francesco Rosi

Lettera di Francesco Rosi a Bice Azzoli

 

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