"Storia postale dell'antisemitismo nazista"

Quando la persecuzione arrivava anche per posta

"Storia postale dell'antisemitismo nazista" di Gustavo Ottolenghi e Gianfranco Moscati, Sugarco Edizioni. Pagg. 189. Lire 80.000.

Una delle scene più toccanti del bellissimo film di Rosi "La tregua", è quella in cui il protagonista, finalmente libero ripiega la propria "uniforme" di deportato e dice, accarezzando quel terribile triangolo impresso sulla stoffa: "per non dimenticare". Con lo stesso intento Gustavo Ottolenghi e Gianfranco Moscati hanno scritto un libro sull'Olocausto un po' diverso, dedicato alla storia postale dell'antisemitismo nazista. Nell'arco di tempo che va dalla presa del potere di Hitler alla sconfitta della Germania del Terzo Reich (1933-1945), l'antisemitismo si estese, infatti, anche al settore postale tedesco e dei paesi occupati o alleati, come l'Italia. Una vergogna che si aggiunge alle tante altre, e che comprende anche il nostro paese. Testimoni di questa infamia cartoline, lettere, francobolli, telegrammi, annulli postali con scritte e vignette anti-ebraiche: reperti rari, recuperati con paziente ricerca, che giungono anche dai ghetti, dalle prigioni e persino dagli infernali "Konzentrations1ager", i campi di sterminio. Come scrivono gli autori: "Questo materiale, che costituisce un ennesimo tassello per lo studio della politica antiseinita. del nazismo, non è - certamente - uno dei più importanti ma conferma la sua minuziosità e capillarità - caratteristiche della mentalità tedesca - e le modalità della sua surrettizia penetrazione in tutti gli strati della vita pubblica e privata del Reich". Assieme al materiale, gli autori ricordano le disposizioni per la corrispondenza da e per i luoghi di detenzione, alcune delle quali sono di straordinario, feroce sadismo. Il punto sette di tali disposizioni, per esempio, sancisce che "non è ammessa la spedizione di pacchi in quanto l'internato può acquistare nel campo tutto ciò che gli occorre". Auschwitz come succursale di un supermercato, niente male. I punti otto e undici avevano per lo meno, il pregio di una maggiore chiarezza. Punto otto: "Davanti al proprio nome, gli appartenenti alla religione ebraica dovevano mettere i nomi convenzionali di "Israel" per gli uomini e "Sara" per le donne". Punto undici: nella corrispondenza coi detenuti era d'obbligo la lingua tedesca. Ricorrente nelle buste la scritta: "Tutti i mali sono dovuti ad un complotto giudaico-bolscevicomassonico, manovrato da organismi sionisti internazionali". In Italia le discriminazioni nei confronti degli ebrei erano fissate dalle norme dell'aberrante "Legge per la difesa della razza" dell'11 novembre del 1938. Le deportazioni cominciarono dopo l'8 settembre del'43. Le cifre sono note, ma è sempre meglio ricordarle. Nel settembre del '43, gli ebrei censiti in Italia e nelle isole del Dodecanneso erano 44.500, dì cui 12.500 profughi da altre nazioni. I deportati nei campi di sterminio furono 8.369. Ne morirono 7.682, di cui 2.954 ad Auschwitz e 4.728 tra Bergen Belsen, Ravensbrück, Mauthausen, Gusen. Obbligatoria, nella corrispondenza dai luoghi di detenzione, la scritta: Ich bin gesund und fühle mich gut", io sono in buona salute e mi trovo bene. Da notare che si potevano scrivere al massimo 30 parole o 15 righe, incluso la frase riportata, il proprio nome con l'indirizzo del campo, nonché quello del destinatario. Una beffa, giacché dopo tutte le frasi imposte non restava alcuno spazio. Nel '41 i tedeschi autorizzarono l'ufficio postale del ghetto di Litzmanstadt a emettere una serie di tre francobolli, con la riproduzione dell'effigie di Rumkowski, capo della comunità ebraica, feroce leccapiedi dei nazisti, finito anche lui, fra l'altro, nel mattattoio nazista, ovviamente senza rimpianto, quando non serviva più. Nel libro sono riprodotti molti documenti. Lettere, cartoline, foglietti, scritti con la disperata speranza di lasciare comunque un messaggio, che sarebbe arrivato alle future generazioni. Recentemente Liliana Picciotto Fargion, intervenendo al Convegno promosso dall'Università Cattolica di Milano, con la collaborazione dell'Aned, sul tema: "Italia 1939-1945. Storia e memoria", ha illustrato le ultime lettere di ebrei deportati dall'Italia. La maggior parte di questi scritti furono gettati dai treni della morte. Molti andarono perduti. Ma una parte di essi, raccolti e conservati da persone che ne capivano il valore, sono pervenute fino a noi. Come monito a non dimenticare.

Ibio Paolucci

Cartolina postale
Cartolina postale spedita da Vienna il 17.05.1938 con applicata una etichetta propagandistica con la seguente frase antisemita: "Chi si è arricchito in guerra? Gli ebrei".
Cartolina postale
Cartolina postale illustrata con annulli postali su francobolli austriaco e tedesco, in data 23.10.1938, e scritta: "Visitate la Mostra L'Ebreo errante" in Vienna, ripetuta alcune volte. La vignetta mostra un ebreo con fattezze caricaturali e la scritta: "Anche noi ce ne andremo presto..:'.