Un articolo di Dario Venegoni pubblicato sull'Unità il 12 febbraio |
Nessuna discriminazione nel ricordo |
Il 12 febbraio sull'Unità il direttore del Triangolo Rosso Dario Venegoni (d'intesa con il presidente dell'Aned Gianftanco Maris) ha pubblicato questo intervento, in risposta alla mozione presentata da Furio Colombo. |
La data proposta per la "Giornata della memoria" è il 5 maggio. |
SI PARLA IN QUESTI
giorni della proposta (di cui si è fatto lodevolmente promotore
Furio Colombo, deputato dell'Ulivo) di istituire una "Giornata della memoria"
per ricordare le vittime dei Lager nazisti. Si tratta di una iniziativa
di alto contenuto culturale e politico, che finalmente renderebbe il giusto
onore alle decine di migliaia di italiani vittime dei Lager di Hitler
e che risponde positivamente alla richiesta in tal senso avanzata lo scorso
ottobre dal Consiglio nazionale dell'Aned (l'Associazione nazionale ex
deportati politici nei campi nazisti). Impegno fondamentale dell'Aned
è quello di "dare alla memoria un futuro"; per questo salutiamo
con viva soddisfazione l'iniziativa di cui si sta parlando alle Camere.
Il punto sul quale vorrei richiamare l'attenzione di Furio Colombo e del
Parlamento è quello della scelta della data. Furio Colombo propone
la giornata del 16 ottobre, per ricordare
la razzia del ghetto di Roma del 16 ottobre '43, certamente una delle
date più nere della storia del nostro paese. Il mio personale parere
è che sarebbe meglio stabilire come "Giornata della memoria" degli
italiani deportati e dei caduti nei Lager la data che già in tutta
Europa, tra i superstiti, è spesso utilizzata per ricordare quanti
non sono tornati: quella del 5 maggio, giorno in cui fu lìberato
dagli Alleati l'ultimo campo, ancora in funzione (quello di Mauthausen).
Una scelta che accomunerebbe tutte le vittime, senza distinzioni.
Questo per una ragione storica e per una ragione
politica. Per una ragione storica. Lo sterminio delle comunità
ebraiche europee (e degli zingari, che spesso si dimenticano) fu il punto
culminante di un progetto di dominio sul mondo che Hitler perseguì
fin dall'inizio: il Lager di Dachau, nei pressi di Monaco, fu inaugurato
nel marzo del '33, meno di due mesi dopo la sua ascesa alla Cancelleria.
Si cominciò deportando i militanti comunisti; si proseguì
con i socialdemocratici e i militanti cattolici, poi coi testimoni di
Geova, con gli intellettuali antinazisti, i sacerdoti e i pastori non
ossequienti, per finire con lo sterminio sistematico degli ebrei, degli
zingari. degli handicappati. Negli anni della guerra, oppositori politici
di tutta Europa furono deportati in Germania a lavorare come schiavi per
alimentare la macchina bellica hitleriana. Era un programma di cosciente
annientamento: le razioni di cibo e i carichi di lavoro erano "tarati"
su una sopravvivenza media di tre mesi. E impossibile non vedere un unico
filo conduttore, un piano coerente e lucido, che partiva dall'eliminazione
fisica di ogni elemento di opposizione per terminare con il genocidio.
Non ci sarebbe stato quest'ultimo senza quello.
I NUMERI confermano drammaticamente questa verità. I caduti nei Lager furono - secondo la stima più attendibile - 10, forse 11 milioni. Di questi, circa la metà furono ebrei. Gli altri finirono nei Lager per i motivi più vari, ma furono annientati in grandissima maggioranza (9 uccisi per ogni superstite), con "equanime" violenza, indipendentemente dal sesso, dall'età, dalla religione, dagli orientamenti politici. Tra di essi c'erano molti vecchi e molti giovanissimi, come Franco Cetrelli, deportato "politico" quando aveva appena 13 anni, ucciso a Mauthausen nel marzo del'45. Le cifre relative alla deportazione italiana confermano questo disegno. Dal nostro paese partirono nei vagoni piombati verso i campi di sterminio nazisti - di nuovo: è una stima, ma piuttosto attendibile - da 37.000 a 40.000 persone. E ne tornarono meno del 10%. Di queste decine di migliaia di sventurati circa 8.000 erano ebrei. Gli altri erano uomini, donne, vecchi e ragazzi rastrellati con le più diverse motivazioni: antifascisti dichiarati, partigiani, operai delle fabbriche nelle quali si era scioperato, o anche semplicernente gente che si era lasciata scappare degli improperi diretti al duce o al capo del fascio locale. In qualche caso finirono nei campi di sterminio, insieme ai deportati politici e "razziali", anche molti internati militari, una "rappresentanza" delle centinaia di migliaia di militari fatti prigionieri dopo l'8 settembre che finirono in Germania per essersi rifiutati di aderire alla Repubblica sociale. Tantissimi di loro, in spregio ad ogni convenzione internazionale, furono deportati e uccisi nei campi di annientamento (come quello di Dora, per esempio, dove perirono centinaia di internati militari italiani). NELLA "GIORNATA DELLA MEMORIA" di cui si parla dovranno essere ricordati tutti i caduti italiani nei campi di HitIer, tutti i nostri connazionali che "passarono per il camino", sterminati nei Lager e cremati nei forni crematori. C'è anche una ragione politica. Circoscrivere le responsabilità del nazismo - e del fascismo italiano, suo complice attivo - alla immane tragedia della Shoà può al limite essere usato come alibi da chi non vuole fare fino in fondo i conti con il passato (e invece dovrebbe proprio essere questo il significato della "Giornata della mernoria") . Penso alla famosa dichiarazione di Gianfranco Fini, il quale disse che "Fino al varo delle leggi razziali, nel'38" il fascismo non era stato male, e aveva fatto molte cose buone. Ma dal '22 al '38 decine di migliaia di italiani erano stati imprigionati, bastonati, perseguitati, costretti all'esilio o inviati al confino. (Mio padre, per dirne una, si era fatto già 9 anni di galera e 2 di vigilanza speciale!). La "Giornata della memoria" dovrà essere un'occasione per ricordare un piano di dominio sul mondo e di discriminazione razziale da realizzare attraverso l'abolizione di ogni tutela democratica e con la violenza fisica portata alle estreme conseguenze. Una giornata per ricordare tutti coloro che a quel disegno pagarono un prezzo inimmaginabile, senza omissioni. Dario Venegoni |