Il nostro Ducci commemorato a Firenze

L'"ossessione" di Alberto: portare i giovani a conoscere i campi nazisti

Alberto Ducci

Il 9 luglio scorso il consigliere comunale di Firenze Ugo Caffaz ha commemorato con queste parole il nostro compagno Alberto Ducci, presidente per 20 anni della sezione Aned fiorentina, scomparso solo tre giorni prima dopo una lunga malattia.

Non so se avete letto e appreso dai giornali che è morto Alberto Ducci; non tutti lo conoscevano ovviamente.
Alberto era il presidente dell'ANED, l'Associazione Nazionale ex-Deportati. Era nato nel 1927 e, a 16 anni, era stato deportato insieme a tanti altri giovani per gli scioperi del 1944 nei campi di sterminio. Partirono in tanti e tornarono in pochissimi.
Alberto quando tornò pesava poco più di 30 chili. Prima a Mauthausen e poi a Ebensee, e questa è la storia che lo accomuna a tanti. Pochi, pochissimi, i sopravvissuti.
Lui ci ha lasciato in questi giorni. La sua vita è stata caratterizzata, come per altri dal fatto che Alberto hadedicato praticamente il suo tempo (anche quello non libero) alla Associazione degli ex deportati.
Il suo obiettivo era semplice: portare il più alto numero possibile di giovani in visita ai campi di sterminio; e ne ha portati a migliaia.
Ogni anno, grazie al contributo di alcuni enti locali, che veniva dato in particolare a lui, alla "sua" Associazione, dalla Provincia di Firenze, anche (in parte) dal Comune di Firenze, dal Comune di Prato e dalla Regione, Alberto è riuscito a portare decine e decine di pullman a Mauthausen, a Dachau, e poi anche - con gli aerei - a Auschwitz. Diceva che fino a che avrebbe avuto vita avrebbe perseguito questa sua "missione", e lo ha fatto fino a poco prima di morire.
Già malato, e già certo di morire, ai primi di maggio di quest'anno è voluto partire ancora una volta per quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio.
Voglio leggere due righe, scritte dall'assessore Bertoli (che ha partecipato per l'Amministrazione al viaggio di quest'anno) che riguardano Alberto: "C'è ancora una volta con noi Alberto con il suo fardello di ricordi, e con il desiderio di offrire a tutti noi la condivisione di emozioni sempre presenti negli anni quando, puntualmente, compie questo "pellegrinaggio della memoria" e non lo compie da solo; il suo desiderio è quello di essere in struggente comunione con tutti coloro con cui aveva diviso speranze di vita e che ha visto, giorno dopo giorno, morire accanto a lui e di condividerla (con molta misurata dolcezza) con quanti ogni volta lo accompagnano".
Durante questi viaggi, Alberto parlava con i giovani e raccontava loro i particolari che pian piano gli tornavano alla memoria, e negli ultimi anni non riusciva a trattenere le lacrime. Piangeva sempre ad ogni viaggio e ad ogni discorso. Era persona dolcissima.
I familiari lo hanno accompagnato in questa sua vita condividendone gli ideali, e anch'essi (la moglie e il figlio) lo accompagnavano sempre in questi viaggi. Alberto era una persona degnissima per la sua esperienza, ma direi anche simbolica. Ormai i superstiti dei campi di sterminio sono rimasti in pochissimi.
Ognuno di loro teme che possa morire con loro il ricordo stesso della barbarie.
Dedichiamo un minuto di silenzio per ricordare quelle centinaia di giovani che partirono da Santa Maria Novella, con quel carro della morte.
Credo che questo minuto sia dedicato anche a noi stessi.

 

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