I Lager di Lorenzo Albertarelli

Sette canti accorati dall'eutanasia a Dachau

 

Dorothea Heiser - Mein schatten in Dachau Verlag J. Pfeiffer, Miinchen 1993
Lorenzo Albertarelli - I Lager Giuntina, Firenze 1994
"Io canto per alleviare i mali che mi tormentano" diceva un poeta di lingua spagnola, del quale non ci è stato tramandato il nome. Forse è per questo che, nonostante la fame, il gelo, la fatica mortale, i tormenti di ogni minuto, la poesia non è stata del tutto estranea al Lager e anzi era, forse, una specie di rifugio, una barriera contro l'orrore, un disperato e in un certo senso eroico tentativo di non lasciarsi abbruttire, di sopravvivere.
Al deportato, nel momento stesso dell'ingresso nel Lager, veniva tolto tutto. E se anche a qualcuno era riuscito, poi, di procurarsi un pezzetto di carta e un mozzicone di matita, raramente aveva potuto salvarli dalle improvvise perquisizioni. Così, alla liberazione, i sopravvissuti, se vollero testimoniare, per loro stessi anzitutto, su che cosa li aveva aiutati ad "alleviare i mali" molteplici dentro i quali erano stati immersi, dovettero cercarne una ricostruzione.
Ora, una tenace ricercatrice che vive nella cittadina che ha dato il nome al Lager primogenito, ne ha rintracciato una parte e li ha pubblicati nella lingua nella quale nacquero, con la traduzione in tedesco a fronte, affinché qualcuno, anche per mezzo di quella, sappia.
Se puņ sorprendere che quella ricerca abbia dato frutto ed abbia trovato un editore, ancora più sorprende un libro, generosamente edito dalla Casa editrice Giuntina, intitolato I Lager. Che non è un'antologia di versi nati all'intemo dei recinti maledetti, ma un vero e proprio poema, in sette ben scanditi canti.
L'autore, Lorenzo Albertarelli, non è un ex deportato, non è ebreo, non è stato partigiano né perseguitato politico, non vive in un luogo il cui solo nome - Dachau - desta orrore, ma è un insegnante di storia e di filosifia, e di italiano, in un istituto dell'Italia settentrionale. Deve essere stato per il suo quotidiano contatto con i giovani che egli ha avvertito la necessità di portare un suo personale contributo alla conoscenza di che cosa è stato il nazismo, nella sua più efferata azione di dominio e di annichilimento di tutto ciņ che considerava "nemico".
Questo sono I Lager: un'opera nella quale egli ha profuso il meglio di sé e che è insieme storia, riflessione e poesia. In versi sciolti, questa, ma con dentro il profumo del nostro armonioso endecasillabo.
Sette canti, dicevamo. Uno, il primo, sull'Eutanasia, il secondo sulla Soluzione finale, il terzo sul Lager di Sobibor, il quarto su Treblinka, il quinto su Auschwitz, il sesto su Mauthausen e il settimo, l'ultimo, su Dachau. Ogni pagina divisa in due parti: una, la maggiore, dedicata ai versi, la seconda, a fianco, ai riferimenti storici ai quali l'episodio narrato si riferisce.
Albertarelli ha certamente letto molto, meditato molto; il suo "poema" è frutto di lunghi studi e di meticolose ricerche. E tuttavia non forza mai il tono, non grida, ma neppure tace nulla, né minimizza. Una obiettività fortemente voluta che non ignora i più sconvolgenti orrori ma sa anche mettere in risalto i gesti generosi, di grande e pericoloso altruismo. E cita nomi, luoghi, occasioni.
Interessante oltretutto è il fatto che il suo settimo canto, quello su Dachau, anziché in apertura è a conclusione del poema: come se volesse ricordare che lo sterminio non era praticato esclusivamente sugli ebrei, con il gas ealtri mezzi, ma anche sui non ebrei; da eliminare, questi, a mezzo del lavoro forzato.
Non per niente le vittime dei Lager nazisti sono state tra i dieci e gli undici milioni, da dividersi più o meno a metà fra ebrei e non ebrei, mentre per l'Italia, che venne a trovarsi in una situazione particolare, le cifre ci dicono che i deportati dal nostro Paese furono intorno ai 41.000, dei quali 8.869 ebrei, e 32.000 non ebrei, e cioè ex partigiani, componenti dei comitati di resistenza (i C.L.N.), pacifisti come i "Testimoni di Geova", nonché tanti cittadini rastrellati a casaccio o presunti antifascisti e antinazisti, alcuni dei quali prelevati dalle carceri o dai luoghi di confino politico. Finirono nei Lager anche i 1.790 ex detenuti militari di Gaeta e Peschiera, "colpevoli" di aver rifiutato in massa di arruolarsi nelle file dell'esercito tedesco. E che, dei 41.000 deportati dall'Italia, ne erano sopravvissuti, al momento della liberazione, non più di 4.000.
Cifre da meditare, mentre le due opere sopra citate ci insegnano che anche con la poesia si possono combattere la sconfitta, la disperazione e la morte.
Chiudono il volume del prof. Alberarelli due preziose appendici: un Glossario, con approfondimenti su ognuna delle parole elencate e un Elenco dei nomi, che è in realtà un insieme di precise biografie di tutte le persone citate.

Giovanni Melodia (Matricola Dachau 56.675)