Di ritorno da un altro viaggio a Mauthausen e Vienna

Cos'è mai la storia per questi ragazzi?

 

Ogni volta che affronto il viaggio-studio "Testimoni e protagonisti" mi chiedo sempre che cosa sia la storia per questi ragazzi che accompagno. Una materia scolastica? Sicuramente, però temo che la leggano troppo come un rituale nozionistico in funzione di un voto o dell'esame di maturità. Penso anche che gli avvenimenti coi quali vengono in contatto - seppur più vicini di altri nel tempo (le vicende di questo secolo breve e tragico che sta per finire) - sono comunque lontani, importanti certo e tuttavia "cristallizzati" in pagine ed immagini che sanno d'archivio e non si raccordano con la presente, con la loro vita di tutti i giorni.
Già, il presente: una contemporaneità che sembra esistere per dogma, senza radici nel passato, priva di "passaggi" verso il futuro. Un indistinto presente nel quale, come in una pozza d'acqua, si perdono le impronte digitali della storia, dal quale non si esce o non si vuole uscire per timore del domani, delle responsabilità umane e civili. Eppure non è difficile cogliere, anche in questo viaggio in Austria, l'incidenza effettiva di vicende d'inizio secolo sulla realtà di oggi, l'attualità di eposidi noti che sarebbe sbagliato riporre per sempre sotto la lastra di ghiaccio della memoria inattiva. Il nazionalismo - lo diceva Stefan Zweig - è la cancrena inesorabile, il male devastante del Novecento. Tutto prende il via dall'inutile massacro della Prima Guerra Mondiale che è la prova provata delle tante, inevitabili tragedie che hanno fatto seguito a quel delitto contro l'umanità. Il Lager di Mauthausen è un documento totale del XX secolo. La visita al campo di concentramento non è assolutamente retorica o celebrativa: è informativa. Tuttavia gli anni passano e la memoria pare aver quasi definitivamente assolto alla sua funzione ricostruttiva. La percezione dell'orrore è in qualche modo velata da un "benefico" effetto di distanziazione. E' accaduto tanto tempo fa e non c'è bisogno di forzare le parole per comprendere quel che ormai è Storia. Pochi giorni dopo quella nostra visita però la "passeggiata dei naziskin" ad Auschwitz ci farà percepire ancora una volta la radicale "contemporaneità" dello sterminio. Noi siamo fatti della sostanza degli scomparsi: è una voce di sottile silenzio che ci portiamo dentro e che ci obbliga - ormai giunti alla fine delle testimonianze dirette - ad essere autentici e determinanti nella difesa della verità, nella lotta contro l'oblio ela menzogna.
Vienna è un palcoscenico dove si danno voce l'antico e il moderno. Davanti al barocco trionfante dell'Hofburg imperiale sta l'edificio tutto vetro e cemento, di audace razionalità, voluto da Adolf Loos, ad inizio secolo. Vienna è un riepilogo di grande Storia e di decisive storie personali: non c'è da stupirsi dunque per quelle violette di Parma sul sarcofago di Sissi, l'anticonformista imperatrice Elisabetta, nella Cripta dei Cappuccini; un sensuale tocco di vita nella fissità eterna della morte. Un ricordo che dura nei viennesi, non per alimentare assurde nostalgie, piuttosto per certificare orgogliose identità, radici profonde. Il suono dei valzer (ci sono feste un po' dappertutto, l'Austria celebra il suo millenario) e le taverne di Grinzing (cosmopolite ed accoglienti): anche i ragazzi si mettono in tasca la loro manciata di ricordi di quest'esperienza.
Cinque giorni passano in fretta, ma lasciano il segno: il segno lieve, ma evidente, di chi ha saputo stare bene insieme, ha imparato cose importanti e si è divertito; magari ha anche cercato di costruire un se stesso migliore, più attento agli altri.
Ancora il suono del valzer: a cosa posso brindare con questi bravi ragazzi? Alla vita, alla loro vita e a quella delle loro famiglie, forse anche ad un nuovo "Testimoni e protagonisti", a energie fresche che verranno. Io, in questi anni, quel che avevo da dire l'ho detto.

Antonio Sacchi
Dirigente assessorato alla Cultura
Amministrazione provinciale di Pavia