L’immediato dopoguerra è contrassegnato da gravi problemi di riconversione e di ristrutturazione dell’intero complesso aziendale.
Mancano materie prime, energia elettrica, macchine utensili moderne e speciali per una produzione di massa.
Il tentativo di reinserire reduci ed ex deportati si traduce in un esubero di mano d’opera non qualificata, mentre le inadeguatezze dell’obsolescenza tecnologica e la disorganizzazione di una produzione che aveva in larga misura prosperato grazie alla protezione e alle commesse belliche del fascismo, scontano anche le conseguenze della inesigibilità dei crediti di guerra non più onorati dallo Stato.
Accanto alla attività siderurgica riprende la produzione di compressori stradali, trattrici e autocarri, carrozze tranviarie, navi e macchine agricole, ma la speranza di incardinare il rilancio della Breda attraverso la costruzione del quadrimotore transoceanico ad uso civile Bz 308, e il generoso impegno dei lavoratori alla ricostruzione della V Sezione aeronautica, non bastano ad ossigenare la più complessiva crisi aziendale. Né ha migliore fortuna il tentativo di inserirsi nel mercato dei beni di massa attuato con il ciclomotore Bredino e, negli anni Cinquanta, con la produzione di frigoriferi.