Un'appassionata testimonianza di Agostino Barbieri

"L'Urlo" dell'arte anticipò l'orrore

 

 

Agostino Barbieri, Mauthausen 1948.

 

Edvard Munch, "L'urlo", 1893

 

Aligi Sassu, "I martiri di piazzale Loreto", 1944

 

 

 

Di fronte ad una copia fedelissima dell' "Urlo" di Edvard Munch, Agostino Barbieri resta inchiodato davanti a quella figura dalla bocca spalancata che si porta le mani alle orecchie per non sentire il grido di dolore e di disperazione: "Se è vero,com'è vero - osserva - che l'arte anticipa i tempi, Munch con questo dipinto ha previsto le terribili conseguenze che l'ideologia nazista avrebbe prodotto nel mondo. L'Urlo è l'eco anticipata di tutte le grida, le invocazioni, le disperazioni, le maledizioni di milioni di esseri umani sacrificati sull'altare dove si innalzava, non la croce simbolo della cristianità, ma quella uncinata della violenza, della barbarie."
Agostino Barbieri è un artista sensibile, un pittore che ha esposto le proprie opere in numerose mostre in Italia e all'estero. Ma è anche uno che, dopo aver partecipato alle campagne di Jugoslavia, Russia e alla Resistenza, venne deportato nel campo di sterminio di Mauthausen. In questo suo libro, che si intitola, per l'appunto, "L'Urlo di Munch", pubblicato dall'editore Vannini, Barbieri rievoca con una intensa prosa, sempre sospesa fra la memoria e la realtà, le proprie esperienze, rivendicando all'arte figurativa, non soltanto con Munch, ma anche con Grosz, Dix, Rouault, Kokoschka, Fougeron, Guttuso, Mafai, Manzù, Levi e tanti altri, il merito di avere annunciato le mostruosità del nazismo, opponendosi con inflessibile determinazione a quel feroce regime di morte. "Anche l'arte - rammenta Barbieri, citando Hermann Bahr - urla nelle tenebre, chiama al soccorso, invoca lo spirito: è l'Espressionismo".
Barbieri ripropone vicende, cita testimonianze dell'orrore, quando nei campi di sterminio tutto era possibile, quando il destino di milioni di innocenti era nelle mani di aguzzini come il dottor Mengele. "Lo vidi - rammenta un'infermiera - prendere ogni precauzione durante un parto, verificando che tutto fosse scrupolosamente in ordine e che le regole per il buon esito del parto fossero rispettate. Mezz'ora dopo fece mandare madre e figlio ai forni crematori".
La Germania, per fortuna, non era solo Hitler, anche se il suo delirio criminale coinvolse la stragrande maggioranza dei tedeschi, trasformando molti di essi in feroci carnefici. La Germania era anche Thomas Mann e Bertolt Brecht, i già citati Otto Dix e Ernst Barlach. Un'altra grande artista - scrive Barbieri ricordando ciò che di lei è stato detto - è Kathe Kollwitz, la cui opera "è il più grande poema che riflette le prove e i dolori degli umili e dei semplici.
Questa donna dal cuore virile li ha raccolti nei suoi occhi e nelle sue braccia materne. Ella è la voce del silenzio dei popoli sacrificati". Per Hitler e Goebbels le opere di questi artisti erano "arte degenerata", un'arte da mettere alla gogna, da additare al pubblico disprezzo in una mostra - tristemente famosa - che venne organizzata a Monaco. Ricorda Barbieri che sparirono allora oltre diecimila opere dei maggiori artisti tedeschi ed europei e che nel cortile della caserma dei pompieri di Berlino andarono al rogo un migliaio di dipinti ad olio e circa quattrocento acquarelli. Un passato orrendo, che non deve essere dimenticato. Barbieri lancia il drammatico monito, ricordando l'affermazione del filosofo madrileno George Santavana: "Chi cerca di dimenticare il passato è condannato a riviverlo". Un'opera importante e utile, dunque, quella di Agostino Barbieri, che ha il pregio di mantenere vivo - come osserva Dino Formaggio, professore emerito della facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Milano nella prefazione - il ricordo di un infinito dolore e delle profonde ferite subite dai propri "simili".

Agostino Barbieri
"L'Urlo di Munch",
Vannini editore,
pp. 183, lire 25.000