Le sorelle Cardosi rievocano la morte della madre Clara Pirani ad Auschwitz

Gli ebrei "misti" andavano deportati

Clara Pirani a Gallarate nel 1941. Ha in braccio Gabriella.
A destra, Giuliana. A sinistra, Marisa
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Per gli ebrei italiani la sottile linea rossa venne tracciata con i primi provvedimenti legislativi del settembre del 1938.
Agli ebrei, ritenuti tout-court non appartenenti alla razza italiana, era proibito, fra le altre cose, di unirsi in matrimonio con italiani.
Se docenti, era prevista l'esclusione dall'insegnamento di ogni ordine e grado. Se alunni, era proibita la frequenza nelle scuole pubbliche. Questi ultimi provvedimenti riguardarono anche Giuliana, Marisa e Gabriella Cardosi, autrici di un libro che tratta la questione dei "matrimoni misti" durante la persecuzione antiebraica in Italia e in Europa ("Sul confine", Silvio Zamorani editore).
Il loro padre, Francesco, "ariano", era professore di lettere nel Civico ginnasio di Savona; la madre, Clara Pirani, ebrea, insegnava nella scuola elementare di Curenna, un paesino raggiungibile nell'ultimo tratto soltanto a dorso di mulo. I due si erano sposati con rito civile e religioso il 27 novembre del 1924. Poi la madre ottenne una sede migliore a Voltri, un quartiere di Genova, e successivamente a Torino,dove anche il padre riuscì ad essere trasferito.
La famiglia, composta anche dalle figlie Giuliana e Marisa, poteva finalmente riunirsi. I genitori riuscirono a trovare anche un bell'appartamento, di cui parlarono con entusiasmo alle figlie. Ma non l'occuparono mai. Era infatti il mese di settembre del '38 e la madre, con i primi provvedimenti razziali, venne esclusa per sempre dall'insegnamento. Il padre ottenne allora l'incarico di preside nel Ginnasio superiore di Gallarate e fu lì che si trasferì la famiglia. Nel '41 nacque Gabriella.
Il 25 luglio del '43, con la caduta del fascismo, si accese la speranza di un avvenire migliore. Il peggio invece doveva arrivare con l'8 settembre e l'occupazione nazista del Paese.
La campagna "in difesa della razza" riprese con maggiore virulenza. Nei primi giorni di dicembre, il padre venne convocato dal commissario prefettizio Angelantonio Bianchi che gli impose di non allontanare la moglie ebrea dal luogo di residenza, pena il licenziamento. Inoltre, gli annunciò che si doveva procedere al sequestro dei mobili dell'abitazione.
Successiva tappa del calvario, il primo fermo della madre, che poi fu rilasciata perché in possesso di un certificato medico. Ma la minaccia dell'arresto non venne mai meno. Nel mese di marzo del '44 uscì la circolare del Ministero degli Interni della Repubblica di Salò che escludeva i coniugi di matrimonio "misto" dalla cattura.Informati, i coniugi Cardosi si ritennero salvi.
Ma si sbagliavano.
Il 12 maggio il marito venne chiamato dal commissario di Ps che gli comunicò che doveva eseguire il mandato di cattura per la moglie e le tre figlie, ma che non avrebbe arrestato la più piccola perché aveva solo tre anni. "Arresti anche me", replicò il signor Cardosi. Interpellato il commissario prefettizio, questi disse che le figlie non sarebbero state messe in galera. Venne invece arrestata la madre, che fu tradotta a San Vittore. Francesco Cardosi non lasciò nulla di intentato per salvare la moglie. Ma non ci fu nulla da fare. Lo zelo servile dei funzionari fascisti non lasciava spazio a speranze.
Del resto, come ha osservato il giurista Fubini, i provvedimenti della Repubblica sociale toglievano agli ebrei la stessa tutela giuridica del diritto alla vita: "La controprova di tale affermazione sta nel fatto che i repertori di giurisprudenza non riportano alcuna sentenza in materia razziale pronunciata dal settembre 1943 all'aprile 1945. Gli ebrei, come entità giuridica, avevano cessato di esistere". E così la madre, ovviamente senza alcuna sentenza, venne tradotta nel campo di concentramento di Fossoli, assegnata, in quanto "mista", al campo nuovo, che era quello dei "non deportabili".
Che vennero invece tutti deportati ad Auschwitz, con un trasporto che avvenne il 2 agosto e che per la stragrande maggioranza fu senza ritorno. Nata a Milano il 23 giugno del 1899, la signora Clara Pirani morì in una camera a gas di Auschwitz nell'agosto del 1944.
Perché questo libro, che ricostruisce con estremo rigore la situazione drammatica dei "misti", valendosi di una documentazione copiosa in larga parte inedita, a oltre mezzo secolo di distanza dall'Olocausto? Perché non si perda la memoria di nessun aspetto della questione razziale. Perché non si dimentichi che le leggi razziali fasciste non furono meno infami di quelle naziste. Perché - come si legge nella premessa - "ci siamo avventurate per un cammino difficile e mai percorso mentre urgeva la necessità di fissare questo aspetto ancora oscuro della Shoah prima che il tempo lo dissolvesse".

Ibio Paolucci

Giuliana, Marisa e Gabriella Cardosi
"Sul confine"Silvio Zamorani editore
pp. 297, lire 48.000