I quattro componenti la famiglia Diena, il "dottore", la moglie Elettra Bruno, i figli Paolo iscritto a medicina, Giorgio iscritto al Politecnico, drammatis personae di una tragedia dei nostri tempi, sono descritti da Alberto Cavaglion - Una via invisibile, Mulino Intersezioni 1998 - da quattro distinti punti di vista. A ciascuno Alberto Cavaglion dedica una lettera scelta nel vastissimo repertorio che i membri della famiglia Diena si sono scambiati tra di loro. Il titolo del libro ricco di significato é tratto da una di queste lettere che il "dottore" indirizza al figlio Paolo e avverte che i suoi pensieri nonostante la lontananza "s'incrociano per via invisibile ai pensieri vostri" (degli altri membri della famiglia). Nel narrare le traumatiche vicende dei componenti della famiglia Diena, Alberto Cavaglion avverte che essi non sono "rnitologici eroi", che le loro storie "non sono inimitabili". Cavaglion evita l'agiografia per non cadere in un sentimentalismo lacrimoso. L'immane catastrofe che si é abbattuta sul l'Europa tra il '39 e il '45 ha fatto milioni di vittime con vicende diverse ma simili che dobbiamo nei limiti delle nostre possibilità raccogliere, non lasciare disperdere per tramandare la memoria per fornire tessere al mosaico della storia. Dall'analisi dei caratteri, dalle filosofie di vita emergono splendidi individui e siamo portati ad ammirare e ad amare la famiglia Diena che sotto molteplici aspetti appare una famiglia esemplare. Il dottore, ebreo, massone, partecipa volontario alla guerra 1915-1918 (la massoneria era interventista) ritenuta l'ultima guerra di indipendenza. Non c'é nel dottore nessun rifiuto dell'ebraismo, che si stempera "nel quadro di una più ampia e universale concezione della realtà umana e dell'ebraismo stesso, in una visione secondo cui la religione nella morale si invera". Circa la massoneria, più che in funzione di anticlericalismo che non faceva parte della cultura del dottore, forse dovette prevalere il richiamo agli ideali risorgimentali. L'orientamento politico, non partitico, é da ricondurrre all'idea di "consacrare la propria vita agli uomini", una forma di religione sociale. Professionalmente conquista la libera docenza. Ebreo, discriminato per la partecipazione alla guerra '14 -18, ma ebreo, massone, é preso di mira dalla polizia fascista e accusato di disfattismo e rimarrà rinchiuso nel carcere torinese delle Nuove dal 2 gennaio '42 fino all'assoluzione del Tribunale speciale del 24 giugno dello stesso anno. Ritiratosi a Cavoretto (dintorni di Torino) sarà arrestato con uno stratagemma che vede complice involontario don Girotti suo amico (ora sotto processo di beatificazione) il 29 agosto '44. Segue la reclusione alle Nuove, la deportazione a Bolzano e da Bolzano a Flossembürg dove morirà. Il contegno del dottore nel Lager si ispira ad un profondo senso di umanità sempre pronto a soccorrere chi crede più bisognoso di lui fino a dividere lo scarso pane. Cavaglion trova la conferma agli episodi citati negli archivi che l'Aned ha costituito a suo tempo, raccogliendo le testimonianze degli ex deportati. I figli Paolo e Giorgio dopo l'8 settembre vanno in montagna. Paolo cadrà mentre il padre é ancora a Bolzano, ma la madre riterrà di non dovergli dare la ferale notizia, sicché il dottore morirà senza aver conosciuto la perdita del figlio. La drammaticità di questa situazione voluta a fine di bene, tuttavia raggela il lettore. La madre é di profonda fede cattolica e il padre scrivendo a Paolo parla della "sua alta preghiera in cui unisce tutta la famiglia". Anche lei partecipa a suo modo al sincretismo morale religioso. Ai suoi funerali dispone sia presente un sacerdote cattolico e un officiante ebreo (Isacco Levy) che possa recitare il Kaddish per il marito cremato senza cerimonie nel Lager di Flossembürg. Sul figlio Paolo un nutrito capitolo mette in evidenza gli orientamenti morali e filosofici anche in lui indirizzati verso il bene del prossimo. Il figlio Giorgio é il più politicizzato della famiglia e possiamo vedere in Per via invisibile la sua foto con il distintivo di G.L.. Il voluto minimalismo dell'autore non ha impedito, anzi ha consentito di esaltare le qualità dei membri di questa famiglia esemplare. Il lavoro di Cavaglion é stato delicato e difficile consentendo al lettore di calarsi nell'atmosfera di quei tempi cosi lontani cosi vicini: fascismo, guerra, leggi razziali, carceri e Lager, combattimenti sanguinosi sulle montagne vicino a Torino con forte impiego di unità militari tedesche. Ho ammirato il regolo lesbio di cui Cavaglion é dotato che gli consente di esporre con grande proprietà concetti e situazioni a quella che é la terza generazione e presto sarà la quarta cresciuta dopo gli eventi di cui si parla a più di cinquant'anni di distanza. Ho cercato di darvi un sommario riassunto con il pressante invito: leggete il libro. Bruno Vasari |