Un canto, una preghiera

poi un commosso silenzio

Trecento ragazzi romani in viaggio con i superstiti ad Auschwitz nell'anniversario della razzia del ghetto

19 ottobre 1998, ore 13.30.
Il possente Jumbo Alitalia si alza dalla pista di Fiumicino e punta, virando a sinistra, verso la Polonia. Inizia così il "viaggio della memoria" di Roma, con il suo passato ed il suo futuro, per rendere testimonianza ai suoi concittadini assassinati nei campi di sterminio. Un viaggio nato da una constatazione e da un sogno. L'Aned di Roma si era accorta che il sindaco di Roma ed il gonfalone della capitale, ufficialmente, non erano mai stati a Auschwitz. Ed il sogno? Portare nel campo dove era stata assassinata la quasi totalità degli ebrei del ghetto, del 16 ottobre 1943, una delegazione quanto più rappresentativa della città. Dal suo sindaco ai suoi studenti. Grazie alla solidale disponibilità dell'Alitalia, della Volkwaghen Italia, all'intervento del ministero della Pubblica istruzione che attua per la prima volta quanto previsto dalla legge voluta da Luciano Violante, alla chiara e decisa volontà politica dell'Ammìnistrazione comunale, al prezioso sforzo organizzativo - e non solo - dell'Assessorato alle politiche educative, in pochi mesi, nonostante il periodo feriale, si è reso possibile a oltre 400 persone recarsi a Auschwitz. Venti superstiti dei Kz - il passato non molto lontano e non rimovibile -, oltre 300 studenti di 22 istituti romani - il futuro - con i loro insegnanti, una qualificata delegazione, rappresentativa delle istituzioni cittadine e nazionali. Con il sindaco Francesco Rutelli, il presidente del Consiglio comunale Luisa Laurelli, il city manager Pietro Barrera, l'assessore Fiorella Farinelli, il suo entusiasta braccio destro Laura Tavoloni. Ed ancora, Maurizio Venfro, parafulmine ed al tempo stesso punto
di riferimento per tutti nei momenti di tensione organizzativa. E le amiche del cerimoniale che molte situazioni critiche hanno risolto. Purtroppo non ha potuto essere con noi Simonetta Riuna, che tanta amicizia ci ha dimostrato. Infine il senatore Athos De Luca, primo firmatario della proposta di legge istitutiva della Giornata della Memoria, in rappresentanza anche del sen. Mancino, presidente del Senato. E gli amici giornalisti che hanno mostrato tanta partecipazione quanta professionalità.
Erano rappresentati i più importanti quotidiani, le principali reti televisive, cui dobbiamo una testimonianza profonda e forse, senza precedenti. Come senza precedenti è stato il sogno, ma ancor più la sua realizzazione, alla quale ha fornito il suo entusiasmo e la sua esperienza il Centro turistico studentesco. E con l'Aned all'appuntamento con la pagina più tragica del nostro secolo i presidenti provinciali dell'Aripi, dell'Anei, i rappresentanti degli Zingari, dei rastrellati del Quadraro, del Museo di Via Tasso: una presenza storico - politica che non poteva assolutamente mancare.
Vola il Jumbo e nell'animo di ognuno passano mille pensieri e si alimentano attese e timori. Tutti consapevoli che il giorno che verrà sarà, per ognuno in modo diverso e personale, sicuramente tale da rimanere irripetibile nella propria esperienza e cultura.
E per noi dell'Aned la consapevolezza che questo viaggio a Auschwitz segna simbolicamente il momento del passaggio del testimone tra i superstiti e i giovani, il nostro futuro, i "nuovi testimoni". Ma anche attenti a sostenere, momento per momento, quei nostri fratelli che, per la prima volta, dopo più di cinquant'anni, tornano nei luoghi della loro personale tragedia. Ecco perché ci teniamo tutti stretti ed ancor più vicini a Ida e Giacomo Marcheria, a Leone Sorrentino, a Giuseppe di Porto, a Mario Limentani.
E' una notte lunga quella che ci porta alla mattina del 20.
Sono le 9 e tutti ci ritroviamo all'entrata di Auschwitz. Si forma un corteo, aperto dagli studenti che portano le corone della città di Roma, da deporre al "muro della morte" dove si terrà la cerimonia ufficiale, al Memorial degli Italiani nel blocco 21 e, nel pomeriggio al Memorial di Birkenau.
Subito dopo le corone, il gonfalone di Roma e la bandiera dell'Aned, attorno alla quale si raccolgono tutti i superstiti, tutti con al collo il fazzoletto zebrato ed il triangolo rosso. E gli studenti in un silenzio che già dai primi passi sotto il cancello con la scritta «Arbeit mach frei» rivela un doloroso stupore, una pungente commozione.
Al muro della morte la breve e sobria cerimonia, aperta dall'allocuzione del presidente dell'Aned romana che, ricordando la deportazione degli ebrei della capitale, traccia il profilo della deportazione dall'Italia. Commosso l'intervento di Sandro di Castro, presidente della Comunità ebraica, per la prima volta ad Auschwitz.
Poi il sindaco Francesco Rutelli, rivolto parimenti ai superstiti ed ai giovani, richiama e sottolinea il vero, profondo significato del viaggio, ribadendo ancora una volta la volontà della città di assumere tra le pagine della sua bimillenaria storia, quella del 16 ottobre e della deportazione tutta, impegnandosi in atti concreti che consolidino questa memoria, senza la quale tutto potrebbe di nuovo accadere. Al suo fianco, il figlio studente del liceo Visconti, un istituto dal quale molti giovani ebrei furono scacciati in applicazione delle leggi razziste del 1938. Le poche parole di Settimia Spizzichino, unica tornata tra noi delle donne deportate dal Ghetto - e da cinquant'anni impegnata quotidianamente nella testimonianza - richiamano tutti alla realtà più dura, soprattutto quando, rivolta al blocco 10, indica le finestre dietro le quali i criminali medici nazisti praticarono su di lei esperimenti pseudo- scientifici. Poi il momento in cui le lacrime si sciolgono: la recita di un salmo da parte del rappresentante
la Comunità di Sant'Egidio e la recita del Kaddisch da parte del vice rabbino di Roma, il cui padre morì a Birkenau. Una pr - ghiera per tutte le vittime e e giunge al cuore di tutti, ebrei, cattolici, non credenti.
"Ani' maamin: io credo, con fede completa nella venuta del Messia. lo credo". Queste parole cantavano gli ebrei pii entrando nelle camere a gas. E di fronte al "muro della morte", tutti - anche coloro che queste parole non conoscono - muovono le labbra per partecipare a questo momento di toccante solidarietà e fratellanza. Si spegne il canto ed inizia la visita, il mattino ad Auschwitz, il pomeriggio a Birkenau. A gruppi, guidati dai superstiti che superano il dolore dei ricordi per offrire agli studenti una testimonianza senza uguali. Dal muro al Block 11, ai bunker, alle vetrine con le valigie, con i capelli, con i vestitini dei bambini, con i talled dei vecchi osservanti. Alla camera a gas, al crematorio. Poi a Birkenau: la torre di guardia, il campo di quarantena, quello femminile. La rampa, le camere a gas, i forni, il Kanada, il campo degli zingari.
Passo dopo passo, con il cuore sempre più oppresso, con gli occhi lucidi, con i nervi tesi come corde di violino.
Non c'è posto per il dubbio, per l'incredulità. Qui oggi tutto è palese, indiscutibile. La violenza, il terrore, la disumanità non sono più parole o immagini di un film. Qui si toccano con mano e le voci dei superstiti scolpiscono in tutti noi, ancor più profondamente, la volontà a testimoniare, sempre e con rigore.
Tanti sono i momenti che i giovani porteranno in sé come eredità di questo viaggio, tanti quelli che dovrebbero essere raccontati.
Certamente nessuno dimenticherà l'immagine di Ida Marcheria che depone sulla Judenrampe i sassolini portati da Roma per ricordare la sua famiglia scomparsa. E la voce di suo fratello, in un triestino armonioso e incorrotto anche dopo anni di lontananza dalla sua città, che racconta l'arresto e il bestiale viaggio. E Shlomo Venezia che con una calma che ha dell'incredibile, ma che rivela un tremendo sforzo interiore, racconta la sua vita quotidiana al Sonderkommando e quale fosse il "lavoro" suo e dei suoi compagni. E Leone Fiorentino che, con la testa incassata tra le spalle, ancor più piccolo del solito, chiede di poter avere un momento di solitudine per pensare ai 16 famigliari lasciati a Birkenau.
Gliuseppe di Porto racconta del trasporto del 6 dicembre '43 da Milano e della sua permanenza al Buna. Racconta, ed il suo pensiero corre alla moglie che per la prima volta, da quei giorni, non ha potuto seguirlo. Settimia, la nostra "mamma Roma", così romana da considerare Frascati "all'estero", come sempre non si risparmia: tutto mostra, tutto spiega. E quando tutto ciò potrebbe non essere sufficiente, ecco la presenza preziosa di Marcello Pezzetti, ricercatore del Cdec, che con competenza
integra il racconto e la testimonianza dei superstiti.
Rimangono, pesanti come macigni, le parole, poche e parche, con cui Piero Terracina ricorda il distacco dalla madre. E quella di Rubino Salmoni che in quei giorni cercava, in ogni modo, di rincuorare i più giovani, per poi crollare quando vide entrare nella camera a gas oltre un centinaio di bambini ebrei. E come dimenticare il pianto sommesso di Mario Limentani, deportato a Mauthausen, che la notte del 16 ottobre vide arrestare molti suoi parenti, per poi non rivederli più. E lo sguardo ancora scosso e stupito di Elisa Springer, sorretta amorevolmente dal figlio che ha conosciuto la crudele vicenda di sua madre solo alcuni anni orsono, dopo un drammatico silenzio duro quanto le giornate a Birkenau. E la solidarietà di Rosario Militello, partigiano deportato a Mauthausen. Sguardi i suoi più forti di qualsiasi abbraccio. Infine Vera Michelin, giovane partigiana deportata in un durissimo carcere delle SS, cui la commozione ed i ricordi di lotta e di prigionia non impediscono di vigilare affinché nemmeno un soldo dei tanti di testimonianze oggi spesi venga perduto da studenti ed insegnanti.
I giornalisti seguono tutto con estrema attenzione, coinvolti più che mai. Per riempire i loro taccuini non hanno bisogno di fare
domande. E' sufficiente ciò che vedono e le telecamere sostano sui visi, registrano sentimenti più forti delle parole. Mille le domande degli studenti, poste con timore ma con determinata volontà di capire, di tutto comprendere. Consapevoli che al loro ritorno il compito che li attende non sarà facile o leggero: trasformare l'esperienza vissuta in testimonianza che faccia comprendere ai loro compagni la stupidità del tracciare una svastica, del salutare alla nazista. E quale disumanità stia alla radice di avventure basata sull'intolleranza, sull'abbandono dei valori fondamentali della democrazia.
Cala la sera e ci si avvia al ritorno in Cracovia. L'indomani la visiteremo, con la fortuna di un cielo meravigliosamente sereno. Si cercherà di lenire le ferite riaperte.
E lo stare tutti insieme aiuta, porta anche a qualche risata, regala un poco di pace. Sicuri di aver dato luogo ad un momento importante di conoscenza e di riflessione. Arrivati a Roma i due più grandi sognatori, che hanno sognato un bel sogno che è diventato realtà, Riccardo Pacifici e il presidente dell'Aned romana, si salutano con un "L'anno prossimo a Gerusalemme!". Che sia iniziato un nuovo stupendo sogno?

 

 

 

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