Il discorso del presidente dell'Aned Gianfranco Maris

Centinaia di nomi: la memoria è già storia

 

Cari amici, a voi, che partecipate alla cerimonia inaugurale della lapide che l'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti ha voluto dedicare, in Ravensbrück, alle donne italiane qui deportate, Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica Italiana, invia il suo plauso per questa solenne iniziativa, nella quale egli vede una "nuova prova del prezioso impegno di testimonianza dell'Aned, affinché la memoria degli orrori del passato sia per tutti stimolo a operare in nome dei supremi valori di libertà e di pace fra tutti gli uornini"
Hanno mandato messaggi Nicola Mancino, presidente del Senato; Romano Prodi, presidente del Consiglio dei ministri; Walter Veltroni, vice presidente del Consiglio dei ministri; Luigi Berlinguer, Livia Turco, Rosi Bindi e Anna Finocchiaro, ministri, per confermare la loro adesione morale alla nostra iniziativa, anche se, impegni istituzionali non consentono loro di essere qui con noi. E' presente Luciano Violante, presidente della Camera dei deputati.

La solidarietà delle istituzioni
Le istituzioni del nostro Paese ci sono, quindi, vicine con il loro consenso e con la loro solidarietà. E tuttavia, poiché qui siamo in sede etica, in luogo di verità, sarebbe retorica condannabile qualsiasi celebrazione che non denunciasse come la deportazione politica italiana, nel suo complesso, sia trascurata; non tanto dalla ricerca storica, quanto dalla informazione.
Non la deportazione di donne, uomini e bambini, in quanto deportazione di "innocenti", è trascurata; perché, anzi, sul piano della deportazione e dell'annientamento degli "innocenti" - come possono essere stati gli zingari, gli ebrei, gli omosessuali, i testimoni di Geova - l'informazione è diffusa e costante e la condanna dei cittadini è unanime.
E' trascurata la deportazione "politica", la cui condanna deve necessariamente passare - e non passa - attraverso la condanna dei regimi nazista e fascista in quanto tali; del loro totalitarismo politico, del loro avventurismo criminale, della loro politica di conquista e di sottomissione dei popoli, della loro repressione statuale programmatica e criminale di ogni antagonista, di ogni dissidente.
La condanna della deportazione politica è, essa stessa, una scelta di campo, non è neutrale; deve passare attraverso il riconoscimento del valore e dell'attualità dell'antifascismo. In altre parole: è trascurata la deportazione dei "responsabili" dell'azione antifascista.
Nel processo a carico delle SS che avevano comandato il campo di sterminio di S. Sabba, la Corte d'Assise di Trieste condannò i comandanti del campo solo per aver soppresso 30 innocenti", che nulla avevano fatto contro le SS, in quanto appunto, zingari, ebrei, testimoni di Geova; ma non le condannò, né li incriminò, per lo sterminio e la deportazione di 6.000 patrioti e partigiani, assassinati senza processo in S. Sabba o inviati a morire nei campi di Buchenwald e di Ravensbrück. In Germania e in Francia le ricerche e gli studi ripropongono il fascismo e il nazismo come questione centrale nella storia del XX secolo. In Italia, invece, alle emergenze della riforma delle istituzioni e dello stato sociale si aggiunge oggi una terza emergenza: quella che nega legittimità politica all'antifascismo e nega che dalla Resistenza sia mai nata una nuova identità nazionale.

 

 

Negato il valore della Resistenza
E questo perché - negando che la Repubblica sia nata dalla Resistenza - si tenta di negare legittimitagrave; alla presenza di valori resistenziali nelle riforme istituzionali.
La storia esige una lettura pluralistica delle memorie, ma è da respingere la prospettazione di una storia controversa nella quale le verità sono ancora tutte da accertare.
Per avere una misura del livello al quale è scaduta la democrazia italiana basta citare due episodi che hanno avuto per protagonisti due giudici italiani, dei quali uno, il rappresentante della pubblica accusa, chiede l'archiviazione della denuncia nei confronti dei partigiani di Via Rasella non perché autori di un atto di guerra doveroso, ma per amnistia, la stessa di cui usufruirono i torturatori e i criminali nazisti e fascisti; e un altro, il giudice delle indagini preliminari, ritiene degna di approfondimento la denuncia nei confronti dei partigiani di Via Rasella, ai fini della valutazione dell'addebito a loro mosso di essere "illegittimi belligeranti", essi stessi responsabili della strage delle Ardeatine.
Sono le memorie divise o la storia mistificata che inducono perverse ombre persino sulla cultura giuridica? Si tratta di una mutazione profonda, gravemente preoccupante, della coscienza e della memoria storica di un intero Paese!
In questa situazione, contro la quale non ci stancheremo di combattere, viviamo oggi, tuttavia, qui a Ravensbrück, una giornata luminosa. Scopriamo una lapide che riassume un grande lavoro di ricerca di Giovanna e Paolo Massariello, figli di Maria Arata, che fu deportata in questo campo nell'estate del 1944. La loro ricerca dà, finalmente, una misura più esatta del contributo delle donne italiane alla Resistenza politica europea.

Tutte colpevoli di antifascismo
Non poche decine e neppure poche centinaia, ma migliaia; tutte "colpevoli" di antifascismo militante. Noi siamo orgogliosi di leggere nell'opera di Ema Menser e di Vida Zaverl che, in Ravensbrück, le donne italiane erano "coscienti antifasciste". L'Aned proseguirà nel suo impegno di ricerca.
Abbiamo ultimato la raccolta di 350 interviste a donne italiane deportate ancora viventi, e siamo certi che la pubblicazione di queste personali memorie - di operaie che parteciparono agli scioperi del marzo 1944, di contadine, di impiegate, di studentesse e di insegnanti, figlie, spose, madri - nelle quali sono racchiusi sogni e paure, coraggio e tristezza, speranze e rinunce, diversità e pensieri uguali, nell'ambito di una comune scelta di sicuro segno antifascista - costituiranno, nel loro insieme, una vera memoria nazionale, nella quale tutti gli onesti si potranno riconoscere.
Mentre scopriamo una lapide, con i nomi di alcune soltanto delle nostre compagne annientate nella deportazione, diciamo a tutte non solo che nessuna di loro è mai uscita dal nostro cuore e che nessuna ne uscirà mai, sino a quando avrà un battito; ma soprattutto che la loro memoria è già oggi storia, è già oggi messaggio di verità che non rimarrà inascoltato.

Gianfranco Maris

 

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