"La foire à l'homme", di Michel Reynaud |
Coriandoli di citazioni, un grande coro di superstiti |
Fin dai primi anni sono esistiti due modi di raccontare il Lager con le voci dei superstiti: uno, più consueto, che è quello della memoria autobiografica, individuale; l'altro, che si organizza su una coralità, una pluralità di voci - magari raccolte da un superstite, che le coordina secondo un suo disegno, come nel caso dell'antologia forse più nota in Italia, quella di Vincenzo Pappalettera (Nei Lager c'ero anch'io). Negli ultimi tempi le raccolte antologiche si sono infittite, vuoi per le possibilità aperte da nuove forme di organizzazione della testimonianza (le raccolte di storia orale, le inchieste, le interviste), vuoi per l'ingigantirsi della letteratura della deportazione", che permette ormai di ricomporre, con le singole tessere costituite dalle varie memorie di singoli deportati, mosaici sempre più vasti e significativi. Non sempre è presente, in queste forme di racconto collettivo, corale, la dimensione autenticamente europea del Lager. "La Buna - scrive Primo Levi - è grande come una città: vi lavorano... quarantamila stranieri, e vi si parlano quindici o venti linguaggi... I suoi mattoni sono stati chiamati Ziegel, Briques, tegula, cegli, kamenny, bricks, tég1ak..." Perseguitati dolenti di tutte le nazionalità, anticipatori, in paradossale contrasto coi piani dei persecutori, di un'unione europea dei popoli liberi: anche questo sono stati i Lager nazisti. Michel Reynaud, per le edizioni Tirésias di Parigi, che dirige (21, rue Letort - 75018 Paris), ha portato a termine una singolare raccolta, certamente nuova per impostazione e criterio di composizione, che vuole ricostruire, nel modo più ampio possibile, il coro dei superstiti. I due tomi di La Foire à l'homme (che in italiano suona, press'a poco, "uomo in svendita", o "uomo in liquidazione"), per un totale di circa 800 pagine, raccolgono oltre un migliaio di testimonianze di superstiti dei Lager nazisti di tutta Europa, utilizzando inediti, materiali di archivio e documenti, scritti d'occasione e opere di memoria di ogni tipo, dalle più note (Antelme, Wiesel, Semprùn, Primo Levi, Borowski ... ) ad altre certamente insolite (come la delicata e intensa poesia del nostro Italo Tibaldi, a pag. 301 del II tomo). La scelta di Reynaud - una vera e propria scommessa - è stata di "ritagliare" testimonianze brevi o brevissime, anche di 4-5 righe. Una scommessa vincente, perché - come sanno i lettori della nostra Vita offesa - non è certo difficile, in un resoconto di deportazione, trovare condensati significati di estrema pregnanza in spazi minimi di discorso, vere e proprie "schegge" di grande emblematicità. Ma qui tutte le testimonianze così ritagliate, anche quelle veramente minime ("Ho sofferto così tanto che non posso più veder soffrire gli altri": così un deportato di Buchenwald), acquistano un senso all'interno dell'insieme delle altre testimonianze, da cui sono illuminate e sulle quali a loro volta si riverberano, in un'alternanza di racconti che coprono tutta la gamma della vita e della morte nei Lager, secondo moduli stilistici diversi, e concedendo largo spazio alla poesia (una strada questa aperta dall'antologia Mein Schatten in Dachau, curata da Dorothea Heiser - Monaco 1993 - che prende il suo suggestivo titolo da una composizione di un deportato italiano, Nevio Vitelli). I testi sono disposti, e la cosa è certamente singolare, per ordine alfabetico di autore: cosicché una lettura sequenziale, o anche solo tematica, risulta impossibile; e questo contribuisce indubbiamente a rendere una sorta di effetto di ligalassia concentrazionaria% che sta al lettore riordinare secondo un percorso di lettura che può scegliere di volta in volta, ad apertura di libro. E anche una lettura sequenziale è possibile, se si intende l'opera come una gigantesca, ideale lista di deportati, ammessi a parlare - ma da vincitori - secondo l'ordine decretato dalla burocrazia dei registri dei campi. La deportazione italiana, di solito sottostimata nella memorialistica d'oltralpe, si trova certo adeguatamente rappresentata, con una cinquantina di testimonianze che vanno dagli inediti alle poesie, alle testimonianze orali. I volumi sono infine corredati da indici di riferimento e dalle biografie degli autori, permettendo così approfondimenti e riscontri (e dando un prezioso contributo bibliografico d'insieme), mentre una nutrita schiera di disegnatori ha provato a interpretare, con lo sguardo dell'uomo di oggi, l'abiezione dello sterminio nazista, "aprendo la porta della loro creazione verso un avvenire di tolleranza". Lucio Monaco |