Come direbbe Primo: "Osservate e meditate" |
Il film di Rosi visto con gli occhi di un ex deportato |
Inutile ostinarsi a valutare il grado di fedeltà della pellicola al testo da cui è tratta: bisogna concedere al regista qualche licenza poetica. Bravo l'attore protagonista, efficace l'ambientazione nell'Europa devastata dalla guerra. |
Il film di Rosi inizia con la mirabile scena di quattro giovani soldati a cavallo: descritta da Primo Levi all'inizio de La tregua. In una sola immagine Rosi deve rendere ed a mio avviso rende perfettamente l'articolata pensosa descrizione di Primo. La neve grigia ed il cielo grigio concorrono a formare l'atmosfera. Confesserò che ho cercato un manifesto che riproducesse questo eccezionale fotogramma, ma invano, per appenderlo come un quadro alle mie pareti. E la scena anch'essa all'inizio del rovesciamento sul mucchio della "cosa" Somogyi pur sobriamente trattata e non insistita, solleva nell'ex deportato un'onda sconvolgente di ricordi. Andando avanti non mi soffermerò su singole scene salvo eccezioni. La prima eccezione è il tripudio di gioia per la vittoria, la fine della guerra, e la celebrazione del Victory day con uno spettacolo modesto, travolgente e raffinato. Dalla scena dei giovani a cavallo - 27 gennaio - alla fine della guerra - 9 maggio, data dell'armistizio - sono passati tanti giorni di straziante attesa. Sono passati tre mesi degli otto lunghissimi che separano Primo dal ritorno in Patria. Apriamo una parentesi per vedere che cosa è veramente successo il 27 gennaio 1945. Si parla comunemente di liberazione di Auschwitz, ma la liberazione è limitata ai relativamente pochi prigionieri che non sono stati trascinati dalle SS nelle marce della morte dirette verso i Lager più lontani dal fronte russo. Anche a Mauthausen arrivarono gli evacuati da Auschwitz che non sono morti per strada e la loro liberazione si protrae fino al 5 maggio. Sui salvati del 27 gennaio non grava l'incubo del Lager, ma l'infelicità della lontananza dalla famiglia, dalla casa, dal proprio paese. La tregua ci descrive e il film rappresenta viaggi assurdi, immotivati che hanno mete contraddittorie prima di inoltrarsi nella giusta direzione. Il via vai delle gigantesche locomotive con la stella rossa, lungi dal generare sentimenti euforici, danno tuttavia un segnale di speranza e di pace. Soprattutto ricordando lo snodarsi dei treni bestiame, carichi di vittime designate, diretti con il loro carico di dolore verso i campi di eliminazione, le camere a gas, l'annientamento per mezzo del lavoro. Chi ha viaggiato in uno di quei treni non può non subire uno sconvolgimento. Ecco perché il film di Rosi non è stato per me un semplice spettacolo. L'attore Turturro, il protagonista del film che impersona Primo, con la sua aria meditativa, attonita, apparentemente distaccata, sembra filtrare gli avvenimenti per ricavame l'essenza e poter un giorno scrivere: come l'autore della Tregua ha certamente fatto. I puristi, che hanno visto con altro spirito, sottolineano alcune divergenze tra film e testo di Levi per il rilievo della figura di Galina o l'accentuazione delle buffonerie di Cesare. A parte il discusso inginocchiamento del prigioniero tedesco davanti alla stella gialla di Primo: ispirato, dice Rosi, all'inginocchiamento del cancelliere Schmit a Varsavia al monumento dove sorgeva il Ghetto. Dopo tanti sinceri elogi, una mia critica: il finale a Torino che mi è sembrato di taglio troppo patetico e sentimentale: non avrei peraltro saputo suggerire nulla di diverso. A parte il fatto che la trasposizione in film di un testo e per di più di un testo divenuto ormai classico difficilmente può soddisfare le più raffinate esigenze, bisogna ben concedere al regista qualche "licenza poetica". Mi soffermo su di un altro aspetto del film, l'ambientazione in una Europa orientale devastata dalla guerra che riportandoci in quei tempi lontarrissimi-vicinissimi ci documenta sui disastri della guerra. Per parte mia ricordo una Monaco ridotta a un cumulo di macerie e la luce del sole al tramonto filtrata attraverso le ferite dei muri perimetrali delle case. Nel valutare gli avvenimenti contemporanei che di giorno in giorno si susseguono e nel darne un giudizio, nell'immaginare un intervento, non si può non tenere presenti il clima, i sentimenti, gli accadimenti, le ideologie di quei tempi "maledetti" e gloriosi. Rileggete la Tregua, andate a vedere il film e, parafrasando Primo Levi, osservate e meditate. B.V. |