Un importante convegno a Torino |
La storia poco conosciuta dei religiosi a Dachau |
Si è
tenuto a Torino il 14 febbraio scorso un convegno
organizzato dall'Aned con la collaborazione del Consiglio regionale
del Piemonte e del Dipartimento di storia dell'Ateneo torinese, sulla
deportazione dei religiosi.
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Furono quasi tremila i religiosi internati nel campo di concentramento di Dachau e la metà di questi non riuscì a salvarsi. A cinquant'anni di distanza dalla barbarie nazista, nel decennale della scomparsa di Primo Levi, viene alla luce uno degli aspetti meno conosciuti della persecuzione. Merito del convegno "religiosi nei lager" organizzato dall'Aned (Associazione Nazionale ex Deportati) in collaborazione con il Consiglio Regionale e il dipartimento di storia dell'Università: il sedicesimo degli appuntamenti voluti dal Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza. Di fronte ad una attenta platea di studenti, storici e testimoni hanno parlato della deportazione dei religiosi durante la seconda guerra mondiale: Fino ad ora - ha spiegato il presidente dell'Aned Bruno Vasari - si è affrontato poco questo aspetto della deportazione per la difficoltà di reperire dati precisi. Molti dei sacerdoti internati, infatti, al momento di varcare la soglia del lager non dichiararono di essere ministri di culto per poter continuare la loro opera anche all'interno del campo". Secondo i dati ricavati dalla segreteria del lager di Dachau, i religiosi internati tra il '40 e il '45 furono 2.720, di cui 2.579 cattolici, 109 protestanti, 22 greco-ortodossi, 8 maroniti e 2 musulmani. La stragrande maggioranza (1780) erano polacchi, 447 i tedeschi. I sacerdoti italiani a Dachau furono 28, ma a questi bisogna aggiungere i 200 cappellani militari catturati dopo l'8 settembre che, all'intemo dei campi, assunsero spesso il ruolo di vere e proprie guide spirituali e morali: I cappellani militari - ha confermato la ricercatrice Antonella De Bernardis - condussero nei campi una importantissima opera di resistenza senz'armi. Non si limitarono ad amministrare i sacramenti ma furono punti di riferimento ed elementi di coesione in una situazione di grande sbandamento".Tra le testimonianze più toccanti, quella di don Jozef Kubicki, un sacerdote polacco scampato all'orrore di Dachau dopo cinque anni di prigionia: "La persecuzione dei religiosi in Polonia - ha ricordato Kubicki - fu praticata dai nazisti in maniera sistematica per distruggere uno degli elementi più forti di identità nazionale. Ma noi resistemmo. Nonostante all'intemo del lager fosse strettamente vietato pregare, cercavamo in ogni modo di farlo. Nelle piantagioni, mentre eravamo piegati per togliere l'erbaccia, tenevamo davanti a noi a turno la scatoletta dell'Eucarestia per l'adorazione". |
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