Premessa
Questo studio esce come anticipazione di un lavoro
più complesso che doveva vedere la luce in occasione del 50°
anniversario della Liberazione dell'Italia e dei campi di sterminio
e che invece potrà essere pubblicato soltanto nei prossimi mesi.
Esso è stato reso possibile per il concorso e la collaborazione
di tanti, impossibile ricordarli tutti, che hanno a vario titolo collaborato
con noi, a cui va il nostro sincero ringraziamento. Una segnalazione
particolare è però doverosa nei confronti del signor Rodolfo
Spadaro, per la collaborazione prestata nella consultazione dell'Archivio
storico della Breda, della dott.ssa Viviana Rocco, dell'Archivio aziendale
Pirelli, del sig. Giuseppe Vignati, dell'Istituto storico della Resistenza
e del Movimento operaio di Sesto San Giovanni. Un ringraziamento va
anche alla dott.ssa Gabriella Solaro, dell'Istituto nazionale per la
storia del movimento di Liberazione in Italia di Milano, alla sig.a
Maria Costa, dell'Archivio storico Di Vittorio di Sesto San Giovanni
e, uno del tutto particolare, al "nostro" Italo
Tibaldi, della Direzione nazionale dell'Aned, per i tanti dati forniti,
e a Dino Bernardi e Marina Bassan del Comune di Sesto San Giovanni.
Un pensiero affettuoso e riconoscente
va al dottor Giacomo Bertazzoni, recentemente scomparso, che tanto ha
voluto e sostenuto questa ricerca.
Introduzione
Questa ricerca sulla deportazione a Sesto San
Giovanni è il frutto di un lavoro lungo e complesso, iniziato
molti anni fa con la costituzione della sezione Aned della nostra città.
I deportati e i familiari si impegnarono
a raccogliere documenti, dati e fotografie
relative alla tragica realtà della
deportazione sestese. Con il passare
del tempo, assottigliandosi sempre più
il numero dei testimoni diretti, la documentazione
raccolta è venuta assumendo un'importanza
vitale. In questi ultirmi anni però,
anche stimolati dall'avvicinarsi del cinquantesimo
anniversario della liberazione dei campi
di sterminio, si è deciso di dare
un ordine più sistematico al materiale
raccolto negli anni, stimolando al
contempo una più approfondita ricerca
di ulteriori dati e testimonianze. Percorrendo
questa strada abbiamo scoperto
tanti nuovi dati che ci hanno permesso di fare ulteriore luce sulla
deportazione sestese. Le notizie di cui
disponevamo sono state a volte confermate, altre integrate, in qualche
caso corrette. Abbiamo ricostruito tante vicende delle quali non si
era saputo più nulla. Abbiamo dato un nome a tanti volti.
Anche sul numero dei deportati ci stiamo faticosamente
avvicinando alla verità. Quanti si sono avvicinati alla storia
recente dì Sesto San Giovanni e hanno considerato il contributo
che essa ha dato alla Resistenza ed il tributo di sangue e di dolore
che tra le sue case e le sue fabbriche è stato versato indicavano
in quasi 500 il numero dei deportati. Però questo numero non
aveva ancora trovato una conferma oggettiva.
Accanto alle ipotesi mancavano i volti, i nomi e i cognomi e la deportazione
continuava ad essere avvolta in una nebbia che tardava a diradarsi e
che il tempo rischiava di rendere sempre più fitta.
Cosi, mentre soltanto un paio d'anni
or sono avevamo ricostruito le vicende di 262 deportati, all'inizio
del 1996 (vedi Triangolo Rosso n.1/1996) eravamo arrivati a 286. Oggi,
alla fine del febbraio 1997, possiamo descrivere l'iter di 435 deportati
che risiedevano o lavoravano a Sesto San Giovanni.
Tuttavia, se pure oggi il quadro del nostro lavoro è indubbiamente
molto avanzato, la nostra ricerca è ancora lontana dal considerarsi
conclusa. Ci sono ancora molte tessere
del mosaico da inserire, alcuni quesiti ancora da chiarire, altre vicende
da interpretare. Prima tra tutti quella
della "famosa" retata della Pirelli Bicocca del 23 novembre 1944. In
quella occasione i nazisti arrestarono in fabbrica 183 lavoratori e
166 di questi, cinque giorni più tardi, vennero deportati in
Germania, e almeno 3 di loro riuscirono ad evadere dai vagoni piombati.
Allo stato attuale però non siamo stati ancora in grado di fare
piena luce su questo "trasporto" e soltanto per altre vie abbiamo ricostruito
le vicende, o parte di esse, di 56 di questi deportati.
Soltanto quando sarà possibile venire a capo anche di questo
episodio la ricerca della deportazione sestese potrà dirsi sostanzialmente
conclusa.
I dati
Uno dei cardini della ricerca sono state le interviste
ai deportati e ai loro famigliari, in tutto più di 130, raccolte
su audiocassette, la cui trascrizione è in corso. Queste testimonianze
hanno un valore insostituibile e rappresentano un patrimonio immenso
di umanità e di verità su quegli anni drammatici.
Ci sono ì ricordi dei deportati sopravvissuti,
l'antifascismo, gli scioperi, l'arresto e il viaggio sui vagoni piombati.
Poi l'arrivo nei Lager, il lavoro forzato, le umiliazioni, le percosse,
la fame, la lotta
per la sopravvivenza e la morte di tanti compagni. Infine la liberazione,
il ritorno a casa e il tentativo di riprendere una vita normale. E ci
sono poi le testimonianze dei famigliari. Il drammatico arresto, le
peregrinazioni da un carcere all'altro alla ricerca di informazioni
sulla sorte del congiunto, l'assenza, durata mesi o anni, di notizie
certe, tranne quelle poche contenute in qualche biglietto miracolosamente
recapitato. E i giorni della Liberazione, i giorni di festa per la ritrovata
libertà diventano quelli della ricerca disperata dei propri cari.
C'è la corsa tra gli ospedali, le stazioni, i centri di smistamento,
le case dei primi rimpatriati con in mano la fotografia del familiare.
C'è il riabbraccio con chi è tornato a casa, ma molto
spesso c'è la scoperta della morte del marito, del figlio, del
genitore. Ma, per quanto importantissmie,
le testimonianze non erano sufficienti a ricostruire il fenomeno della
deportazione. Essenziale per la nostra ricerca è stato quanto
contenuto nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 22 maggio 1968 e successivi
elenchi integrativi riferiti al Dpr 2043 del 6/10/63 relativo all'indennizzo
del governo tedesco ai deportati sopravvissuti o ai familiari dei caduti.
L'inoltro di queste domande ha procurato
l'acquisizione di documenti storici, soprattutto quelli raccolti presso
la Croce Rossa Internazionale di Arolsen, che sono poi rimasti depositati
presso la nostra
sezione. Utilissimi si sono dimostrati
i documenti allegati alle domande per l'ottenimento dell'assegno
vitalizio di cui alla legge 18.11.80 n. 791.
Queste informazioni, integrate dalla consultazione sistematica di libri,
memorie, giornali, pubblicazioni che si occupavano della deportazione,
messe a confronto con un patrimonio di memoria orale che nella nostra
realtà cittadina è ancora particolarmente significativo,
hanno fornito la base per dare nuovi impulsi alla nostra ricerca.
In questo ultimissimo periodo, la consultazione
di alcuni archivi storici particolarmente importanti, come quelli della
Breda e della Pirelli, i contatti con i musei di alcuni campi di sterminio
che ci hanno fornito elenchi di deportati transitati per quei campi,
schede personali, numeri di matricola, gli elenchi degli incarcerati
di San Vittore, il rapporto e la collaborazione sistematica che ci è
venuta dall'Isrmo di Sesto San Giovanni, hanno permesso di dare al nostro
lavoro i suoi attuali contorni.
I criteri
Prima di ricercare
quanti sono i deportati è necessario stabilire "chi è"
il deportato. Noi, come per altro è abitualmente in uso, abbiamo
considerato tali i deportati civili per questioni politiche o sindacali.
Per il riconoscimento dei campi di concentrarnento "KZ" ci siamo avvalsi
dell'elenco dei campi di concentramento
tedeschi durante il periodo bellico in Europa (campi principali e dipendenti)
elaborato dal Ministero del tesoro - Ufficio Perseguitati Politici in
data 2 maggio 1960; e dell'elenco dei campi di concentramento pubblicato
sulla Bundesgesetzblatt (Gazzetta
Ufficiale tedesca) del 1977 e riportato sul libro Aned Ricerche -
I campi di sterminio nazisti edito da Franco Angeli.
L'elenco
Dai dati attualmente (in data 24.2.1997) in nostro
possesso risulta che i deportati sestesi furono 435, 12 dei quali donne.
216 non fecero più ritorno a casa e 219 riuscirono a sopravvivere.
Naturalmente si trattava in larga parte
di lavoratori delle tante fabbriche
sestesi. Nomi che per un secolo hanno
scandito la storia industriale d'Italia e che oggi sono spesso soltanto
capannoni vuoti, aree dismesse, impianti arrugginiti da smantellare.
Viene per prima la Breda, con le sue
tante sezioni, che allora rappresentavano tante aziende autonome, con
185 deportati, 112 dei quali caduti. Ma ugualmente pesante è
il tributo pagato dalle maestranze
della Falck (93 deportati, 56 caduti e 37 sopravvissuti), come pure
dalla Pirelli (114 deportati, 27 caduti e 87 sopravvissuti) e dalle
tante altre grandi e piccole aziende sestesi.
L'elenco dei Lager di destinazione è
sterminato. Quasi in ognuno dei tanti "KZ" disseminati tra Austria,
Germania e Polonia c'è traccia di qualche nostro concittadino.
Nel nostro elenco abbiamo però considerato come luogo di destinazione
quello nel quale il deportato è deceduto o è stato liberato.
Il campo verso cui però ci fu
il trasferimento più massiccio è quello di Mauthausen
e relativi sottocampi. A Gusen, da allora
indicato come "il cimitero degli italiani", vennero spediti a lavorare
125 sestesi, 94 dei quali vi trovarono la morte. 14, 10 dei quali caduti,
finirono ad Ebensee; 19, tutti deceduti, nel macabro castello di Hartheim
e 51 (38 caduti) nel campo principale di Mauthausen.
Un Lager del quale sino ad ora si è sentito poco parlare è
quello di Kahla, campo autonomo vicino ad Erfurt, nel quale sono stati
deportati 23 lavoratori della Pirelli, 9 dei quali sono deceduti. Il
resto è una diaspora sparsa per una cinquantina di campi di concentramento
e di sterminio. Numerosissimi i "transport"
che raccolsero i deportati. Anche se sono bastati tre trasporti - il
Transport n. 34, che partì da Bergamo il 17 marzo 1944 per arrivare
a Mauthausen il 20 marzo; il Transport 38, che parti ancora da Bergamo
il 5 aprile 1944 e arrivò a Mauthausen l'8 aprile; e il Transport
partito il 28 novembre 1944 da Milano (del quale siamo riusciti sinora
a risalire soltanto a 56 nomi dei 166 partiti) - per inviare nei campi
di sterminio ben 351 deportati sestesi.
Come ciò avvenne è facilmente spiegabile. Dall'1 all'8
marzo si dispiegò un grande sciopero a seguito del quale la repressione
fu durissima. 200 lavoratori furono arrestati e deportati.
Particolarmente gravose furono le retate del 12, del 14 e del 28 marzo:
decine e decine furono i lavoratori prelevati nella notte dalle proprie
case, spediti nelle varie questure e carceri locali, poi a San Vittore,
in seguito al carcere di Bergamo e infine caricati su un carro bestiame
e deportati in Germania, quasi sempre senza un interrogatorio e senza
un'accusa, se non quella di avere partecipato agli scioperi organizzati
in fabbrica. Altrettanto pesante fu la
retata della Pirelli del 23 novembre 1944, durante la quale all'interno
dello stabilimento furono arrestati dai nazisti 183 lavoratori.
Ma chi erano i deportati sestesi? Abbiamo già
detto che erano in gran parte lavoratori delle fabbriche sestesi. In
prevalenza operai, ma anche ingegneri (ben 7),
impiegati, capi squadra, capi tecnici e
manovali. Molti erano giovanissimi, ma
la maggior parte aveva tra i 30 e i 40 anni.
Un buon gruppo era addirittura più
anziano e superava i 50 anni.
124 avevano casa a Sesto San Giovanni, ma
più o meno
altrettanti nell'immediato circondario, tra Milano, Monza e Cinisello
Balsamo. Almeno la metà era nata in Lombardia e soprattutto in
provincia di Milano. Consistente anche
il numero di deportati proveniente da Veneto, Toscana e Emilia Romagna,
tre regioni dalle quali era assai grande il flusso migratorio verso
le fabbriche della nostra città.
Significativo anche il luogo e le circostanze della cattura. Se in una
prima fase era piuttosto diffuso l'arresto in fabbrica (poi ripreso
con la grande retata della Pirelli del novembre '44), subito dopo si
passò a forme più sicure e meno rischiose, andando a prelevare
le persone da deportare direttamente presso l'abitazione, quasi sempre
(oltre la metà dei casi conosciuti) di notte.
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