"Baracca 25", di Luciano Baccari

Una "piccola storia" che insegna e commuove

Solo un paio di anni fa Luciano Baccari ci ha scritto da Maenza, in provincia di Latina, per avere informazioni sul campo di Dachau, dove fu deportato suo padre Angelo Amabile. E noi gli rispondemmo di mettersi in contatto con il nostro Giovanni Melodia, a Roma, che l'avrebbe senz'altro aiutato. Il risultato, sorprendente e ammirevole, è già qui: un volume di 360 pagine, ricco di dati, di fotografie, di ricordi. Luciano ha "intervistato" suo padre, sua madre e gli amici di allora; ha cercato i documenti, ha fotografato i luoghi, ha chiesto prove e dichiarazioni a mezzo mondo, ha raccolto le vecchie carte che erano in casa, come quel commovente telegramma, giunto a Maenza dopo mille peripezie solo il l° luglio del'45: "Vaccari Angelo 29 maggio bene Dachau invia saluti", firmato nientemeno che dal cardinale Montini, il futuro Papa Paolo VI. Il cognome era sbagliato, e Dachau era un nome che ancora nessuno aveva imparato a scrivere. Ma la notizia era quella che tutti orinai disperavano di ricevere. Ci vollero tre settimane perché le Poste riuscissero a rintracciare il destinatario. E intanto a Maenza si stava perdendo la speranza. Luciano fotografa la sua casa, la zona della fermata dell'autobus che portò finalmente al paese suo padre, vestito ancora con la divisa zebrata da deportato. E affida alla mamma e a una bambina di allora il ricordo del grande giorno, di quando su quella mulattiera si vide arrivare questo spettro umano, vestito a righe, ridotto in condizioni pietose, e nessuno lo riconosceva. Viene da dire che il libro di Luciano Baccari conferma il valore della testimonianza: della "piccola storia" che si fa Storia, con la maiuscola. Che spiega, insegna, commuove più dei grandi manuali e delle enciclopedie. Vengono i brividi all'idea che una simile esperienza - e quante altre, come questa - stanno in questi anni andando perdute, quando non c'è l'amore di un figlio o di un amico a raccoglierle.

Presentazione libro

Il libro di Luciano Baccari è stato al centro delle manifestazioni maentine per il 51° della Liberazione. Per due giorni, il 25 e il 26 aprile scorsi, nella cittadina si è parlato della deportazione. Il libro è stato presentato di fronte a un folto pubblico. Nelle due foto due momenti della manifestazione, con gli interventi dei Sindaco di Maenza, Giuseppe Anelli; di Ercole Maranzana e di Giovanni Melodia ex deportati a Dachau.

"Baracca 25"
"Baracca 25" di Luciano Baccari, pagg. 360, 1996, edizione fuori commercio, stampata a cura dell'autore.
Illustrazione

Dal libro di Luciano Baccari riprendiamo il racconto della signora Elmira Coco, di Maenza, sul ritorno a casa dell'ex deportato, visto con i suoi occhi di bambina di allora.

 

La testimonianza della Signora Elmira Coco di Maenza, rilasciata il 20 maggio 1995

Nel 1945 avevo poco più di 9 anni e giocavo spesso nella Piazza della Portella che si trova sotto il Castello Baronale di Maenza. Ricordo, come fosse ora, quel pomeriggio del 10 luglio 1945. Giocavo in quella piazza con i miei amici ed amiche che avevano più o meno la mia stessa età: Nolfiero, Gino, Vincenzo, Umberto, Carlo, Onoria e San-
dra, che abitavano tutti lì vicino. Ad un certo punto vedemmo salire dalla scalinata della Portella, un uomo tutto malandato che camminava con molta difficoltà. Eravamo piccoli e pieni di paura ma curiosi di sapere chi fosse quell'uomo. Ci avvicinammo il più possibile a lui che, vestito da carcerato con le strisce grigie e blu, si dirigeva verso il Corso della Portella. Lo seguimmo per vedere dove sarebbe andato afermarsi... dove fosse la sua casa. Durante il percorso, Gino era tra i compagni, quello che camminava più vicino a quell'uomo; lui, stranamente, non aveva tanta paura come tutti noi. Alcune persone sorreggevano quel poveraccio, mentre si dirigeva verso una delle tante case che erano lì, in Piazza del Duomo, davanti la chiesa. Quando vedemmo che saliva le scale della casa di Gino, allora capimmo che quell'uomo doveva essere suo padre, cioè Amabile, il marito di "Lunziatina ", di cui si diceva fosse morto in guerra. Gino, nel vedere quell'uomo che entrava nella sua casa, ebbe paura e pianse. Ancora oggi a distanza di mezzo secolo, se chiudo gli occhi, rivedo quelle tremende immagini rivivendole come se fosse un fatto da poco accaduto. In modo particolare mi è rimasto impresso il disperato pianto di dolore di una moglie sofferente, nel rivedere il marito ridotto in uno stato indescrivibile, da lunghi mesi di patimento.