Il valore della testimonianza è stato ed è cruciale.
Ricordare significa conoscere. E la conoscenza dei fatti accaduti è
il fondamento per ogni comprensione o analisi storica. Guai se la conoscenza
servisse solo per suscitare emozioni. Conoscere, quindi, per capire
come e perchè certi eventi si sono verificati.
Un "come e perchè" che assurgono ad imperativo categorico morale, oltre
che razionale, quando gli eventi sono le sofferenze e lo sterminio di
milioni di uomini. Ma capire non significa rispondere a una curiosità
o ad una esigenza morale. Capire è una necessità, una necessità della
vita. Perchè la vita si sviluppa come una successione continua di scelte.
Le scelte individuali che si fanno in base all'esperienza (esperienza
diretta, esperienza trasmessa: da genitori, amici, cronache, letture).
E le scelte sociali e politiche, quasi sempre intrecciate con quelle
individuali, che si fanno, o si dovrebbero fare, soprattutto in base
alla "esperienza storica", cioè in base alla comprensione degli accadimenti
passati. Questo in fondo è il fine ultimo della memoria. Sintetizzando
ulteriormente si potrebbe dire che "dare un futuro alla memoria" significa
rispettare con tenacia una sequenza
"culturale" indispensabile a ciascuno di noi,
giovani e anziani: ricordare per conoscere, conoscere per capire, capire
per vivere. Avendo fatto questa premessa posso ora tentare di dire brevemente
alcune cose, sperando di non essere frainteso. In questi cinquant'anni
gli sforzi degli ex-deportati si sono soprattutto rivolti a testimoniare,
ricordare i fatti accaduti, "abbiamo camminato con la testa rivolta
al passato" come dice Teo Ducci. Era indispensabile, ed è stato meritorio
farlo, perchè senza la conoscenza dei fatti non si può costruire nulla
e nello stesso tempo bisognava opporsi ai numerosi tentativi di deformare
o cancellare i fatti. Oggi però bisogna orientare ogni sforzo, molto
più che in passato, nel successivo passo della sequenza: come
e perchè quei fatti sono accaduti. Qui il cammino da percorrere è ancora
enorme. E lungo questo cammino dobbiamo rimuovere alcuni ostacoli che
noi stessi inconsapevolmente abbiamo posto. Uno di questi è stato, ad
esempio, di aver accettato che l'Olocausto (la parola stessa, come è
stato detto anche al congresso, è anche impropria) diventasse simbolo
indiscusso dello sterminio. Ciò ha causato
spesso, soprattutto nelle ingenue semplificazioni giovanili, altre deformazioni
storiche come quella di caratterizzare il nazismo attraverso un feroce
e incomprensibile razzismo. Tanto incomprensibile da considerarlo infine
come un bubbone della storia. Non insisto su questo punto che è solo
uno degli aspetti dei problema. Siamo molto
lontani dal capire "come e perchè" il nazismo è giunto al potere, come
lo ha conservato quali tecniche ha usato per il consenso. Siamo molto
lontani dal capire perchè tanti giovani hanno aderito al nazismo e,
ancor più grave, perchè centinaia di migliaia, tante erano le S.S.,
hanno partecipato direttamente ai crimini nazisti nell'esercito, nelle
amministrazionistatali e locali, nelle
industrie. E ancora: si può dividere l'umanità in buoni o cattivi? Quando
si può riconoscere le ragioni degli uni e i torti degli altri? Quali
sono, come isolare i batteri del genocidio? Queste e molte altre sono
le domande cui occorre dare una risposta. E' un compito enorme, permanente,
inesauribile. Ma a che cosa servirebbe la memoria se non siamo in grado
di dare risposta a queste domande, se non siamo in grado di suggerire
ai giovani le scelte, se non possiamo aiutarli a vivere? E' chiaro,
solo pochi di noi sono in grado di dare un modesto; ma valido contributo
a questo enorme compito. Senza l'aiuto della
"parte migliore della nostra cultura, dell'Università di tutte leforze
della democrazia italiana" questa impresa non solo sarebbe disperata,
ma impossibile. E la Fondazione è a mio avviso lo strumento per realizzare
questa grande collaborazione. Ma allora, diciamolo schiettamente, la
maggioranza dei nostri amici e compagni dell'ANED non hanno più; un
ruolo? A mio avviso non è affatto vero. La scuola attraversa in questi
anni, come l'intera società, una grave crisi. Uno degli elementi fondamentali
di tale crisi è l'assenza di un legame con la società ed in
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