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Tino T.

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La mia riflessione poggia sul mio vissuto.
Primo perché non so cosa dire altrimenti, secondo personalmente ritengo poco interessante una mia riflessione spiritual-telogica perché su questa strada sono un pigro lettore di approfondimenti e quindi poco esperto per mettermi ad argomentare su questa Lettura.

LA CHIESA e LA MIA FEDE
"La comunità dei credenti uguale a Chiesa", la sua attualità, il messaggio contemporaneo che propone la sento come una parola lontana con cui poco mi identifico.
Questa è la mia pochezza di fede? Come la sento? Come uno che è sempre in debito.
Debito vuol dire non dare. Questo è il mio disagio e il mio Spirito di Fede. Sono come si dice un uomo di poca Fede, eppure non posso non sentirmi attratto.
Lo Spirito delle mia fede è come un'onda che va e che viene.
Non sono e mi dispiace, così convinto come ho letto negli interventi di alcuni che hanno scritto in proposito della Lettera di San Paolo a don Marcellino; lontane da me ogni critica, anzi colgo un dispiacere per questo mio sentire, mi pongo a te don Marcellino e a Voi con la mia pochezza, i miei dubbi, e le mie verità
La mia Spiritualità poggia sulla ragione dei modelli chiari del vissuto umano di Gesù :
"La misericordia-La conversione- la Resurrezione, perché li sento come il riscatto delle mie debolezze umane, questi modelli del Gesù-Umano lì ho acquisiti e scoperti con il passare del tempo dentro la mia vita e, con una maturità della mia persona, dei miei giudizi e delle mie relazioni.
Questa è la mia Spiritualità interiore che riesce a volta non depistare e segna la mia fatica.
Le Tribolazioni nel mantenere la strada. La fatica del non ricadere condiziona il carattere delle mie relazioni umane-sociali.
La scoperta quando ciò avviene, è quella del sentimento della "RECIPROCITA", il sentirsi in spiritualità con l'altro" . Nel contempo, rispetto alla mia incoerenza, la Reciprocità a volte è deviata dalla pretesa di essere corrisposta. Rifletto e capisco che essa si realizza solo con la gratuità nel rapporto e nel credere nella responsabilità con l'altro. Un incontro può finire non alla pari ma, quello che importa è la ricerca continua, e qui riscontro un altro passo faticoso della mia poca fede. Queste mie riflessioni mi sembrano che la questione della Reciprocita, San Paolo la proponeva alla comunità dei Tassalonicesi, come regola che aiutava ad essere uniti in una Spiritualita tra Uomini e Donne. Con la Spiritualità nell'unità tra loro nasceva e si formava una Vera comunità di credenti uniti in quel Gesù-Umano.
E questo mi piace perché la LETTERA la sento attuale nel mio vissuto e, soprattutto, più in generale, indica un disegno "NEL REGNO" dentro il mondo, di rapporti umani così imbarbariti nella nostra società per la quale la "Comunità di Credenti uguale a Chiesa" si sente poco, oppure io non la capisco.
Questo mi porta a pensare alla Chiesa come una struttura-istituzionale, come il Vaticano.
Mi interrogo sul significato Chiesa-Comunità di Credenti e mi chiedo : "quali credenti, che tipo di credenti?"
Noto moltitudini chiamate alla partecipazione di Funerali di papi, alla santificazione di nuovi santi, al Giubileo e altro e abituato l'occhio nel vedere milioni di persone, presenze da tutti i continenti, grandi fatti spettacolari mi chiedo:
" e dopo? con tutte queste forze cosa si produce? dov'è la scintilla? Cosa cambia?"
Allora penso, forse anche a loro manca la Pace con al centro quel semplice modello di un Gesù-Umano. Oso dire il mio pensiero, quello che auspico perché si possa diventare "Comunità di credenti" è che la Chiesa-struttura ritrovi i connotati e un suo riposizionamento ,promuova uno sviluppo salutare del ConcilioVaticano Secondo, certamente a fronte dei cambiamenti avvenuti, ma con lo stesso Spirito.
Forse anche la mia fede si concilierà con questo movimento salutare di Pace.LA SPERANZA

LA SPERANZA
Sento il bisogno e la necessità di aria fresca.
Mi faccio rattristare delle situazioni attorno ma ancor più del ripetersi di queste. Mi sento spiazzato e triste, spesso sento dire:"tiro avanti", in quel tiro avanti c'è un modello di vita quotidiana, quante volte lo dico, quante volte lo sento dire. Mi confronto interiormente su questa divaricazione:"sono una persona ben pensante" e poi la confronto con le mie opere. Scopro che scappo, che rimuovo, cerco gli accomodamenti facili e altro. Meno male che c'è ancora un riferimento e mi richiamo a quel modello di Gesù-Umano quando penso a quelle tre parole di vissuto umano che LUI ha realizzato e che mi vengono richiamate nel Vangelo domenicale al di là della mia disattenzione.
A volte la mia speranza si indebolisce.
Faccio sempre più fatica a parlare il silenzio si manifesta dentro di me come rinuncia.
Questa situazione con fatica la contrasto, ma non posso sfuggire.
Confesso spesso penso alla morte, in fondo credo un esercizio importante per non sfuggire alla verità. E nel contempo, guardo indietro, guardo il presente e penso a quante cose non ho chiuso, quante cose sono cambiate, e quante cose mi piacerebbe fare. Una tra tutte è, cosa tremendamente difficile non farmi prendere nel presente dal peccato di ACCIDIA.
Peccato che mi promuove come prima cosa il non volermi bene e con questo umore rapportarmi verso altri, non intervenire sempre con la critica o la battuta disfattista o accettare passivamente la frase comune : "in tanto sono tutti uguali",oppure affrontare quasi sempre una relazione o un progetto con un retro- giudizio già definito. Considero che la speranza per me è la difficoltà di essere libero da questi aspetti. Capisco che non è facile in questa società. E più vai avanti con gli anni il più rischio di adagiarmi su luoghi comuni è grande. Allora i pensieri le mie relazioni, la mia comunicazione si dis-perde, perde speranza, la mancanza di aria fresca si fa sentire, la non speranza di vedere nelle le prospettive future, nei rapporti, negli auspici positivi particolarmente per chi ci sta attorno. Pensi a un futuro nel tempo e nello spazio carico di connotati non liberi dal pessimismo, penso a scenari che poi non ti permettono di capire quello che cambia, non ti guardi attorno, non vedi chi sta peggio di te, ti richiudi nella tua bolla magari solo familiare se va bene o solo in te stesso.
Credo che San Paolo quando parlava ai Tessalonicesi confidava in un futuro non tanto facile ma sicuro di quella "SPERANZA" nel credere che il loro avvenire che, al di là di quello che può succedere alla comunità (le tribolazioni), dava coraggio dicendo:"comunque c'è sempre lassù qualcuno che ci ama" ,permettimi di tradurlo così con frase di un famoso film.
Sottolineo quel "comunque", perché altrimenti rispetto alle mie e alle loro debolezze se non ci fosse questa SPERAN ZA si ritorna a quanto ho detto sopra . E questa Speranza la noti e la vedi o anche non la vedi negli incontri che fai, dipende se sei libero di quella libertà che ti dicevo sopra. Forse sono belle parole ma questa mia riflessione c'è e a quella non posso sfuggire.

LA CARITA
Parola inflazionata come solidarietà, che però ti va diritta all'anima perché non sfuggi alle tue responsabilità nella vita. E' qui che sento lo Spirito, ed è qui che mi gioco le mie relazioni verso
"IL REGNO", e sento la mia incoerenza rispetto al quelle tre parole che mi ripropongono il GESU-UMANO. Ascolto molte analisi, approfondimenti e altro, ma sento anche molto vociare dove la parola non trasmette, sento come moda molta cultura teologica ma poche esperienze di vissuto umano. Allora come fare in modo che le parole semplici ci aiutino a stare più uniti, come faccio a recuperare questa strada? Pregare di più, oso dire fino a un certo punto forse per altri va bene, più opere magari, o forse è semplicemente conoscerci di più, andare più diritto su questioni con meno pudore nel nascondere la nostre visione dell'altro o uscire più verso un ignoto insicuro ma con azioni più solidali. Dopo le sbornie ideologiche delle quali non tutto era sbagliato, mi ritrovo a pensare in una dimensione più personale di auto-confessione e di attenzioni diverse e più umane.
Caro don Marcellino non so dirti altro, ma sono questo uomo e questa è la mia verità.
Tino T.










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