comunità e lavoro


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Sandro A.

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Riflessione sulla 1^ Lettera ai Tessalonicesi



Siamo abituati a leggere le lettere di S.Paolo come pagine della Sacra Scrittura e dunque come una parola avvolta dall' aurea della sacralità, un insegnamento autorevole quasi fuori dal tempo.
Ma le lettere sono indirizzate a comunità cristiane concrete coi loro problemi specifici; alcune comunità vanno bene altre meno; in alcune sono presenti contraddizioni e polemiche; in altre emergono rischi dottrinali o divisioni.
Sono comunità diverse da quella ideale descritta nella famosa citazione degli Atti " Erano assidui nell' ascoltare l' insegnamento degli apostoli e nell' unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera…Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune".
Nella lettera ai Tessalonicesi vediamo invece in atto le dinamiche di una comunità cristiana in formazione, alle prese col mondo pagano circostante e coll'ostilità degli ebrei.
Personalmente mi sono sempre chiesto come hanno fatto queste comunità a nascere e crescere così impetuosamente (tanto che già nel '300 Costantino fa assurgere il cristianesimo a religione dell' impero).
E la stessa lettera propone questo problema là dove afferma che " per merito vostro la parola del Signore ..riecheggia non solo in Macedonia e nell' Acaia, ma la fama della vostra fede si è diffusa dappertutto".
Sono passati solo pochi anni da quando S. Paolo è passato da Tessalonica e dato vita alla comunità ( ed è stato solo tre sabati alla sinagoga, stando agli Atti degli Apostoli).
C'è probabilmente una certa enfasi nella scrittura, ma il problema rimane.
Come è stato possibile questo divampare del cristianesimo in così breve tempo, in questo modo così repentino?
Certamente c'è stato un intervento straordinario dello spirito, unito a una fede altrettanto straordinaria.
E' questo ciò che mi fa riflettere.
La vitalità di queste prime comunità è dovuta ad un eccezionale momento iniziale, alle prove che hanno dovuto sostenere, alla presenza di santi come S.Paolo e gli Apostoli, ad una speranza straordinaria di tempi apocalittici vicini - in altre parole a situazioni oggi irripetibili per cui dobbiamo pensare alle nostre comunità come a realtà ben più modeste, destinate a una tranquilla vita normale, senza infamia ne lode.
Eppure leggendo questa lettera appare con evidenza che là dove c'è la fede, la convinzione vera che Cristo ci può salvare, le cose possono effettivamente cambiare, non per le nostre doti e le nostre capacità personali, ma perché solo così può manifestarsi la potenza del Signore.
L'azione di ognuno di noi è ben piccola e modesta, ma necessaria, per rendere possibile l'azione di Dio, la quale si esprime attraverso la debolezza umana.
Se la parola di Dio è accolta con fede, allora essa diventa una forza, ben più grande di tutte le nostre forze, una forza che "opera nei credenti" e allora il vangelo può manifestarsi pienamente.
Questa comunità - descritta con calore e con simpatia nella lettera di S.Paolo - impegnata nella fede, operosa nella carità e piena di speranza , che si comporta "in modo da piacere a Dio" non è dunque una realtà mitica di un tempo glorioso, ma la strada normale, umile, semplice alla portata di tutti, quella che anche noi dobbiamo realizzare.

Sandro A.

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