Dura protesta per il film di Benigni
Riceviamo da Alessandria.
Spett. redazione de "Il Triangolo Rosso",
nell'ascoltare un "pezzo" della trasmissione tv sul
film "La vita è bella", mi veniva da piangere.
Per fortuna qualcuno disse che il film era tutto una "bugia".
Ma dire "bugia" è troppo poco, per chi come
il sottoscritto ha patito il campo di sterminio. La parola bugia
è troppo riduttiva; forse le parole falsità e
menzogna sono più adatte.
A Dora Mittelbau e a Bergen Belsen non si poteva raccontare
bugie. A Dora in 18 mesi sono morti almeno 1200-1300 soldati
italiani. Il campo è stato evacuato il 4 aprile 1945.
Il 31 marzo, mentre una squadra di SS bruciava sacchi di documenti,
in un'altra parte del campo le SS impiccavano deportati, sul
petto dei quali era stato appeso un cartello con la scritta
"sabotage".
Per Bergen Belsen, chi fa certi film dovrebbe chiedere all'ufficio
di propaganda dell'esercito canadese il documentario girato
da due suoi reporter quando il campo venne liberato. I reporter
che si trovarono di fronte alla realtà, non sapevano
più come andare avanti con le cineprese. Chiesero allora
aiuto al regista Alfred Hitchcock, che rispose: filmate tutto
quello che vedete senza stacchi, perché tutto quello
che filmate è verità. Nel film di Benigni non
c'è nessuna verità. Cosa penseranno i tedeschi
quando vedranno il film? Sono convinto che non lo vieteranno,
come vietarono "Roma città aperta".
Francesco Ghisiglieri
(03187 Dora Mittelbau, Bergen Belsen)
La sua indignazione per il film "La vita è bella"
di Roberto Benigni merita comprensione e rispetto. Analoghe
considerazioni, tuttavia, valgono anche per chi ha fornito valutazioni
del tutto diverse.
Tanto per fare un esempio ,a Milano, prima che il film - che
successivamente ha ottenuto il premio Oscar - uscisse nei cinema,
venne organizzata una visione speciale per la Comunità
ebraica locale. In quella occasione il film venne calorosamente
applaudito.
Giudizi positivi ha ottenuto anche da altri autorevoli esponenti
del mondo ebraico,in Italia e all'estero. Per contro, altre
personalità del mondo ebraico, quali ad esempio la professoressa
Tullia Zevi, hanno espresso serie perplessità, ritenendo
che il film possa generare pericolosi equivoci. La nostra rivista
può aprire un dibattito utile non soltanto su questa
ma anche su altre opere cinematografiche ("Trian de vie",
"La tregua", "Schindler list", per fare
qualche esempio), cominciando, intanto, con la pubblicazione
della sua lettera, e ringraziandola per il suo contributo sofferto
e appassionato.
La madre di Spizzichino era a Roma
Riceviamo da Roma questa precisazione.
Vi scrivo dopo una telefonata, per chiarire un episodio che
è stato riportato in maniera inesatta sul giornale del
dicembre '98. Confermo cioè che mia madre non è
stata deportata nel campo di sterminio con me, ma si trovava
a Roma dove alcuni anni dopo è deceduta. Pertanto terrei
che voi chiariste l'episodio. In attesa, vi ringrazio
Mario Spizzichino
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