Nei Lager la Resistenza in condizioni impossibili

Il compagno Bruno Vasari, presidente dell'Aned piemontese, é stato prescelto per tenere l'orazione ufficiale alla grande manifestazione del 25 Aprile nel centro di Torino. Pubblichiamo ampi stralci del suo discorso: niente di più lontano dal comizio, secondo lo stile del nostro compagno.

(... ) Potreste chiedermi: dove eri il XXV aprile? Nel Lager di Mauthausen dove arrivò una vaga, attenuata notizia per le vie della cospirazione. Si continuò a morire a ritmi accelerati, anche dopo il suicidio di Hitler il 30 aprile e fino alla liberazione - ultimo Lager ad essere liberato - che avvenne il 5 maggio e anche dopo, fino al ritorno a casa agli inizi di giugno. Per quanto personalmente mi riguarda ho profondamente interiorizzato la pregnante esclamazione di Roberto Battaglia: "Tutto ciò che ciascuno di no¡ ha fatto per distruggere il nazifascismo fu poco o non fu abbastanza". Che cos'era la vita nel Lager? Meglio di me risponde una straordinaria poesia di Lodovico Belgioioso, deportato a Mauthausen e Gusen. Ecco la poesia:

Ho fame, non mi date da mangiare,

ho sete, non mi date da bere,

ho freddo, non mi date da vestire,

ho sonno, non mi lasciate dormire!

Sono stanco, mi fate lavorare,

sono sfinito, mi fate trascinare

un compagno morto per i piedi,

con le caviglie gonfie e la testa

che sobbalza sulla terra

con gli occhi spalancati...

Ma ho potuto pensare una casa

in cima a uno scoglio sul mare

proporzionata come un tempio antico.

Sono felice: non mi avrete.

L'eccezionale finale della poesia ve lo rileggo, é l'essenza della Resistenza, dello "spirito senza catene" capace di pensare, immaginare, capire e resistere spiritualmente e agire concretamente. La Resistenza in condizioni impossibili era tuttavia presente ed era attiva anche nel Lager come é stato ampiamente documentato. La deportazione é nella sua globalità politica, ma ciò non esclude la possibilità di fare distinzioni: operai, intellettuali, resistenti, rastrellati, cattolici, evangelici, ebrei, zingari, testimoni di Geova..., ecc. Agli ebrei, vittime della "più grande macchia della storia", desidero dedicare la lettura dei versi, tradotti dall'Yiddish, del poeta ebreo Ithak Katzenelson, con riferimento alle camere a gas di Auschwitz. Ve li leggo:

"... prima di ucciderci ci parlavano cosi: 'spogliatevi, ripiegate i vostri vestiti, allineate le vostre scarpe paia per paia, e lasciate tutto qui'.

'Ne avrete bisogno dei vostri vestiti e delle vostre scarpe e di tutto quello che lasciate qui, ci ritornerete fra poco'.

'Arrivate da un viaggio, non é vero? Da Varsavia, da Parigi, da Praga, da Salonicco. Andate a prendere un bagno'.

'Mille persone sono condotte in una stanza e altre mille aspettano fuori, nude, fino al momento in cui le prime muoiono asfissiate".

Le camere a gas erano anche, in funzione nella "mia" Mauthausen. Anche nella mia Mauthausen si facevano le selezioni. I militari italiani, catturati dai nazisti dopo l'8 settembre, vennero internati in Germania, in Polonia in numero di 700.000 circa. Pochissimi accettarono di collaborare. I sopravvissuti tornati in Italia si sparsero per tutto il paese portando un messaggio di pace e di coerenza morale. Ricordiamo i militari italiani dell'esercito del Sud e i combattenti all'estero a fianco delle formazioni partigiane in Albania, Grecia e Jugoslavia. Il nostro ricordo, la nostra riconoscenza si estende ai combattenti alleati che dettero il contributo essenziale per liberare I' Italia.

Il XXV aprile

1945 chiude il periodo dell'invasione, dell'oppressione, della repressione, della reazione tedesca iniziato l'8 settembre 1943. E' stato detto dai revisionisti che l'8 settembre segna la fine della patria. Noi ci chiediamo: di quale patria? Quella descritta dall'invettiva di Heine, il poeta tedesco tradotto dal Carducci, "dove alta solo cresce l'infamia e l'abominazione"? Oppure come si pronunciò Benedetto Croce: "Angosciosa mi fu soprattutto l'impossibilità che io sentii di essere tutto dalla parte della mia patria"? La Resistenza al contrario restituì agli Italiani la Patria nella dolce accezione del Petrarca: Non é questo 'l terren ch'l'toccai pria?

Il XXV aprile La liberazione dell' ltalia coincide con la liberazione di tutta l'Europa invasa.

Il XXV aprile É il giorno in cui tutti i nostri pensieri: resistenti, deportati, cittadini ebrei e non ebrei, militari internati, militari dell'esercito del Sud, militari combattenti all'estero convergono, il giorno in cui tutti i nostri cuori battono all'unisono.

Il XXV aprile Per le città e regioni liberate prima, Napoli Roma Firenze, significa l'unità inscindibile dell'Italia, la fine dell'incubo della guerra, l'inizio di una nuova storia.

Il XXV aprile É la premessa della Repubblica, della Costituzione: "il testamento spirituale di centomila morti che indicano ai vivi i doveri dell'avvenire" (Piero Calamandrei).

Il XXV aprile "Una forza reale, un valore, un'eredità per tutti"

(Claudio Magris, "Corriere della Sera", 21 aprile)

Bruno Vasari

 

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