"Dis-crimini", di Marcello Filippa

Davide e Ajla : la dialettica tra memoria e oblio

 

Davide è un bambino "normale", che cresce nella pacifica e ricca Italia dei nostri giorni: quando Davide gioca con le pistole, sorride. Ajla è una bambina bosniaca che non ha parlato per due anni dopo aver visto gli orrori della guerra nell'ex Jugoslavia: se vede una pistola-giocattolo torna ad essere muta e i suoi occhi mostrano solo paura. É a loro che Marcella Filippa, storica e studiosa di storia sociale, dedica il suo nuovo libro, ("Dis-crimini-Profili dell'intolleranza e del razzismo") un volume che ripercorre le tappe principali della teoria e della pratica delle diverse forme di insofferenza, di intolleranza, di discriminazione e di violenza che hanno caratterizzato molta parte della storia contemporanea. Per quanto possa apparire inconsueto, non è irrilevante cercare di capire questo volume a partire dalla dedica: "A Davide perché ricordi e a Ajla perché sappia dimenticare". Infatti, la dialettica tra memoria e oblio è assai più complessa di quanto possa far credere il pur imprescindibile "dovere di testimoniare". Porsi di fronte ad alcuni momenti-chiave dell'identità collettiva di questo secolo - dal nazismo all'apartheid, dalle guerre mondiali ai molti conflitti locali degli anni in cui viviamo - significa mettere in gioco la propria soggettività, fare i conti con un percorso personale che, in fondo, costituisce un passaggio essenziale - se ci si pensa bene - di ogni analisi storica. Così Davide e Ajla sono due aspetti di una stessa realtà, ossia come fare e quali strumenti utilizzare per "insegnare Auschwitz" (intendendo il Lager polacco come icona di tutti i drammi che vengono raccontati in questo libro), quale qualità e quali contenuti dare alla trasmissione culturale che ogni società mette in atto, proprio a partire dai bambini. Dunque, Davide e Ajla cresceranno e dovranno sapere come ci racconta Filippa - che le radici dell'intolleranza razziale sono nate nell'Ottocento in uno strano incrocio tra aspirazione all'onnipotenza da parte della scienza positivista (si pensi all'uso strumentale delle teorie darwiniane, al concetto di "degenerazione", alla disuguaglianza teorizzata da Gobineau), e crisi di una società europea non sempre capace di guidare i profondi processi di trasformazione che conosce. Certo, l'intolleranza e il razzismo non sono un fenomeno solo europeo. Negli stessi anni in cui Darwin pubblica le sue principali opere negli Stati Uniti si abolisce la schiavitù ma solo formalmente, mentre nasce e si diffonde il Ku Klux Klan. Nelle grandi pianure del West, nel frattempo, la conquista della frontiera ha significato la lotta contro gli indiani e la loro progressiva segregazione e annientamento.

Intolleranza e razzismo nel novecento

Ma è il Novecento che i nostri due bambini dovranno studiare di più, perchè è qui che la pratica dell'intolleranza e del razzismo conosce le sue più grandi e terribili applicazioni. Le due sponde dell'Oceano sembrano avvicinarsi nel racconto di Filippa che ci mostra come in Svezia quanto negli Stati Uniti la diffusione della sterilizzazione dei soggetti indesiderati o ritenuti socialmente pericolosi (compiuta in modo legale attraverso leggi emanate dagli Stati) segua logiche sostanzialmente uguali. Le analogie con l'eugenetica nazista sono quasi automatiche ma bisogna sapere anche distinguere: se è vero che forti correnti discriminatorie attraversano l'Europa dalla fine del secolo alla prima metà del Novecento - da Dreyfus, ai pogrom in Russia, fino ai delitti del colonialismo - nondimeno l'esperienza nazista appare del tutto specifica, proprio in ragione di una "razionalità" e di una sistematicità del suo progetto politico-ideologico che manca a tutte le altre situazioni storiche. Il racconto dell'antisemitismo nazista e fascista - e qui bisogna sottolineare le pagine che l'autrice dedica alla persecuzione e allo sterminio degli zingari, troppo spesso dimenticati e marginalizzati nelle città quanto nella storia sarebbe già sufficiente per far capire a Davide e Ajla quale "testimone" dovranno portare nella loro vita. Ma i cinquant'anni successivi non sono meno drammatici. Si potrebbe obiettare che mettere insieme i problemi dell'immigrazione interna nell'Italia del dopoguerra e quelli dell'immigrazione extracomunitaria degli ultimi anni, l'apartheid e la guerra nell'ex Jugoslavia - come viene fatto in questo libro - può apparire una forzatura. E forse lo è. D'altra parte, mi sembra che l'autrice abbia voluto raccontarci delle storie che nella loro diversità attraversano - con la costante dell'esclusione e dell'intolleranza - un mondo che solo a parole ha imparato la lezione della Shoah. In realtà, Ajla è costretta a vedere e ad ascoltare cose che i suoi coetanei, cinquant'anni prima, avevano visto ed ascoltato nei ghetti, nelle città e nei Lager della Polonia occupata. Ma questo lo aggiungiamo noi, perchè bisogna dare atto a Filippa di non indulgere affatto in paragoni tanto facili quanto storicamente infondati. Il racconto di questo libro scorre veloce, aiutato da una scelta antologica di brani significativi, da una cronologia, da schede su film, personaggi e libri da leggere, nonchè da una ricca bibliografia. L'autrice augura ai suoi lettori di incontrare e riconoscere uno dei trentasei giusti che, secondo il Talmud, vi sono sempre nel mondo, in ogni momento della storia. É un augurio bello e impegnativo. Noi ci auguriamo che chi leggerà questo libro cerchi - se non l'ha già vicino a sé - un Davide o una Ajla a cui raccontare che, fatti non fummo a viver come bruti.

Bruno Maida

 

"Dis-crimini. Profili dell'intolleranza e del razzismo", di Marcella Filippa. SEI, Torino, 1998,17 mila lire