"Una carta in più", di Cesare Rimini

Una nuova identità per sfuggire alla persecuzione

Un testo lieve e insieme duro: le leggi razziali di Mussolini non erano un gioco, e non riescono a sembrarlo, neppure se viste con gli occhi allegri e avventurosi di un ragazzino al quale lo sfollamento sotto mentite spoglie di tutta la famiglia regalano una parentesi di insperata libertà e avventura in piena guerra. I Rimini, grazie al gesto solidale di un impiegato comunale fascista, riescono a mettere le mani su un pacchetto di carte di identità in bianco. Magistrale la scena della sera in cui, chiuse le imposte, il contabile della ditta di famiglia, quello che aveva la calligrafia migliore, compila i nuovi documenti per tutti. Così i Rimini divennero Ruini, i Finzi Franzi. "La zia Cantoni divenne Carloni e lui, Vivanti, con un moto d'orgoglio si trasformò in Vivaldi".
Quindi via da Mantova, sfollati in un paesino dell'appennino marchigiano, dove un bel giorno passerà il fronte a sancire la fine dell'incubo.
In mezzo una piccola galleria di personaggi, legati a episodi minuti che raccontano la vita-non vita di una famiglia che non può nemmeno utilizzare il proprio nome.
In coda al libro, a mo' di appendice, alcune pagine di un libro di Cinzia Villani, che descrivono gli ultimi giorni e la terribile fine ad Auschwitz di due zii - Renzo e Lucia Carpi - e dei cugini Alberto, Germana e Olimpia Carpi, quasi a ricordare che quello tratteggiato con mano lieve da Cesare Rimini non era un gioco, ma una pagina drammatica di storia italiana.

 

Una carta in più di Cesare Rimini Mondadori, 1997, pagg. 118, lire 18.000.