Dora |
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Quando Dora raggiunge la sua autonomia, il 28 ottobre 1944, la presenza effettiva rilevata da una nota inviata in quel giorno daII'Arbeitsstatistik di Dora al capo deII'Arbeitsansatz di Buchenwald indica numericamente: |
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Dall'attenta lettura e riflessione sui questionari-testimonianza dei superstiti, già in gran numero alla segreteria nazionale all'Aned ho rilevato i momenti vissuti così come descritti che mi pare diano un senso della realtà testimoniata individuale e collettiva della deportazione degli italiani militari e politici al Kz Dora. Tre i pericoli che si possono distinguere nella storia del Kz. Dall'agosto 1943 all'aprile 1944 sì è costruito il campo esterno e installato l'officina nelle gallerie esistenti, poi si è dato inizio agli scavi delle nuove gallerie. Tutti i testimoni concordano nell'indicare che le condizioni di vita sono estremamente difficili soprattutto per i deportati che lavorano nelle gallerie e che "non vedono mai il giorno". Il ritmo del trasporto dei vagoncini è infernale. Nelle gallerie dove risuonano continuamente gli spari delle mine per le "volate" è impossibile riposare. Nei sei mesi seguenti, dal maggio all'ottobre 1944 sembrano avvenire alcuni miglioramenti, si installa qualche lavatoio e si organizza una infermeria. Ma ciò è dovuto al fatto che sui vari fronti di guerra la Wehrrmacht sta subendo terribili sconfitte e occorre produrre ad ogni modo e sempre più massicciamente quelle anni segrete che costituiscono ormai la sola speranza di vittoria. Il terzo periodo, tra l'ottobre 1944 e l'aprile 1945, le condizioni di vita diventano terribili, il Reich ristretto nel proprio territorio deve attivare un forte razionamento e il cibo dei deportati è considerevolmente ridotto. Si aggrava la brutalità dei Kapò e delle SS perché necessita un rendimento esagerato per aumentare la produzione di VI e V2, ancora adesso che l'invasione del Reich è imminente. Purtroppo non vi sono elementi certi per quantificare a quale livello giunse il grado di forzata produttività dei deportati. Circa lo svolgimento del progetto e la salvaguardia del segreto facilmente si può intendere che se Hitler conferisce alle SS di Himmler l'autorità assoluta per l'esecuzione che programma delle armi segrete è perché le SS hanno, più di ogni altra formazione nazista, i mezzi per far rispettare il segreto. Tuttavia mettere nelle mani di uomini deportati perché antinazisti la costruzione di armi vitali costituisce egualmente un paradosso. Essi sono naturalmente tentati di attuare azioni di sabotaggio. Per impedirle le SS attuano una sorveglianza stretta e permanente ed usano l'arma del terrore: perciò i deportati di Dora conosceranno un calvario di particolare crudeltà. Tutte le testimonianze insistono sulle rigorose condizioni di vita, sul ritmo infernale del lavoro, sulla malvagità dei Kapò, sugli sforzi fisici smisurati imposti a dei corpi indeboliti dalle privazioni alimentari, con il fatto che per la maggior parte i deportati sono inesperti a questi lavori. Sono tentato di chiedermi se questa inesperienza compensa il fatto che comunque sarà mantenuto il segreto, garantito perché questa mano d'opera schiavizzata non dovrà mai più essere liberata. La gran parte delle testimonianze dei superstiti rievocano atti di sabotaggio, in quanto le V1, e le V2 necessitano di delicati apparecchi facilmente guastabili nei loro componenti e difficilmente rilevabili prima dell'ultimazione di ogni congegno per il lancio. Sono atti di sabotaggio che si moltiplicano a partire dalla fine del 1944, anche stimolati dalla prospettiva di una prossima disfatta della Wehrmacht. Il primo razzo VI esplode sulla Gran Bretagna nella notte del 15 giugno 1944, ma degli 11.300 razzi VI lanciati sull'Inghilterra un quinto (2.260) sono difettosi sulla rampa, mentre delle 10.800 V2 lanciate sino al maggio 1945, 5.000 esplodono al lancio e soltanto la metà raggiunge le isole britanniche. E'comunque
difficile stimare quale è stato l'effetto negativo di questi insuccessi
dovuto all'opera attiva di sabotaggio, certo è che in questo periodo
la repressione diventa feroce: durante gli ultimi mesi a Dora, vengono
giustiziati più di 300 deportati. Nell'aprile
1945 i bombardamenti aerei si intensificano nelle vicinanze del Lager;
le fortezze volanti sorvolano quotidianamente il Kz e gli allarmi sono
incessanti, interrompendo la produzione che subisce pesanti ritardi,
e anche i materiali indispensabili non giungono più, mentre le centrali
elettriche colpite interrompono la corrente continua. Anche la disciplina
pare allentare, ma la vita resta estremamente difficile e dolorosa.
Dovevo
questo mio impegno agli amici e compagni del Kz Dora, a Gianni Araldi,
Albino Moret, Francesco Ghisiglieri e a quanti in questi anni hanno
descritto sul 'triangolo Rosso" il loro mondo di Dora. Poi dovevo concludere
l'articolo che avevo scritto molti anni or sono, nel quale rappresentavo
le notizie note del Kz Dora (luogo di amministrazione, apertura, liberazione,
assegnazione di numeri, serie numerica generale, e serie numeri "o"
assegnati ai prigionieri di guerra italiani, cioè agli "IMI" deportati
a Dora. Ma oggi devo anche un grato pensiero alla dott.ssa Ada Buffulini
(la cara Ada) per aver ispirato, seguito, e amorevolmente curato la
realizzazione del Diario di prigionia di Calogero Sparacino - Dora 0160
- che fu pubblicato nel 1984 e che è un atto di omaggio per tutti i
deportati in quel Kz. Italo Tibaldi |
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