L'intervento di Nunzio Di Francesco

"Oltre 300 siciliani divorati dal Lager"

 

Riportiamo di seguito un breve estratto dell'intervento del compagno Nunzio Di Francesco, ex deportato a Mauthausen e a Gusen, al convegno di Catania del febbraio scorso. Di Francesco ha presentato i risultati di una ricerca sui siciliani deportati nei Lager
Autorità, signore e signori, mi sento onorato di partecipare ad una così interessante manifestazione culturale per dare un futuro alla memoria storica alla nostra Isola finora rimasta quasi inedita.
A Catania altre manifestazioni storico culturali si sono svolte negli anni passati organizzate dalle Associazioni Combattentistiche della Resistenza. Si sono indetti concorsi nelle scuole, si sono organizzati viaggi degli studenti per visitare le zone più salienti ove si combatteper la libertà. Nei saloni del Castell'Ursino venne esposta una Mostra nazionale, per alcune settimane, sulla deportazione.
Sono state attività portate avanti con immense forzature, incontrate nella burocrazia e nella classe dirigente.
Purtroppo, in Sicilia, il tessuto politico, in generale, è riciclato dallo stesso canovaccio dei precedenti regimi, e quindi, di più non siamo riusciti ad ottenere.
Comunque, ringrazio molto gli organizzatori, anche a nome dell'Aned (Associazione Nazionale Ex Deportati), per avere elevato queste tristi e gloriose pagine storiche nei palazzi della più alta cultura di Catania e della Sicilia.
Ringrazio anche i convenuti a nome di migliaia di combattenti siculi e dei Caduti che si batterono contro il potere nemico nazifascista, in Italia e in Europa, per conquistare la libertà, la pace, la democrazia e la giustizia sociale.
I combattenti siciliani nella Resistenza furono numerosi, in Italia e nei paesi d'Europa occupati dai nazifascisti; molti furono i caduti, martiri, fucilati ovunque, ne abbiamo anchefra i martiri che ricordiamo alle Fosse Ardeatine.
Fra i deportati nei campi di sterminio, dalle nostre ricerche, che non riteniamo definitive, figurano 410 siciliani, di cui 106 superstiti ritornati in Patria, mentre 304 vennero divorati dai forni crematori, e fra questi, il prof. di latino e greco Cannelo Salanitro di Adrano che ebbi l'occasione di conoscere nel Lager di Mauthausen.
Malgrado avessi appena 20 anni, mi sentivo spacciato e non avevo voglia di andare avanti senza speranza. Ma poi ho conosciuto altri deportati italiani parcheggiati in quel puzzolente baraccone: un altro lombardo quarantenne, il barbiere della baracca; un torinese cinquantenne assieme al figlio ventenne. Ma l'incontro più significativo, che non riesco a dimenticare, è con un etneo di Adrano, il prof. Cannelo Salanitro. Lo vedo fisicamente mal ridotto, più che gli altri, non solo per la lunga durata della sua deportazione, ma soprattutto, per la sua sensibilità di uomo onesto, raffinato per la sua ottima educazione, la sua religiosità, la sua cultura. Era stato dirigente del Partito popolare, molto amico di don Luigi Sturzo. Si reggeva inpiedi a stento, annichilito, senza occhiali quasi non vedeva.
Nel sentire il mio accento etneo, provò un senso di conforto. Volle sapere il perché, io, così giovane,fossi stato deportato. Partigiano, risposi, condannato a morte dal Tribunale militare nazifascista di Torino.
- E Lei, professore, perchè qui? Replicai. "Educavo - rispose - i miei studenti a lottare per la pace, la libertà e la democrazia. Fu il mio preside Verde a denunciarmi ed a consegnarmi al Tribunale speciale fascista, condannato a 18 anni da scontare nel carcere di Sulmona ".
Dopo l'8 settembre '43, il prof. Salanitro veniva consegnato ai nazisti e deportato a Dachau e poi a Mauthausen. Egli veniva finito nelle camere a gas il 24 aprile del 1945, nel momento in cui stava per concludersi il conflitto contro il nazifascismo in Italia e in Europa. Il Salanitro era un personaggio molto scomodo per essere restituito vivo alla sua terra, e finì nei forni crematori assieme a tanti altri milioni di martiri, combattenti per la democrazia, la libertà e la pace.