Trieste. Risiera di S. Sabba: è trascorso mezzo secolo
da quando fu messo in opera il forno crematorio ivi costruito dagli
esperti nazisti, dove perirono bruciate 5.000 persone, mentre altre
20.000 circa vi furono concentrate per essere poi trasferite in altri
campi di sterminio in Germania: combattenti antinazisti, partigiani,
italiani, sioveni, croati, ebrei.
Questo tragico anniversario è stato ricordato con varie manifestazioni
nel giugno scorso, la più importante il 22, data simbolica scelta
perché da quel giorno il forno funzionò in modo continuativo,
mentre già in precedenza era stato "collaudato" dai boia bruciando
le salme di antifascisti uccisi per rappresaglia.
Una grande folla si è data convegno nel Lager: delegazioni dell'ANED
- con il presidente e la segretaria nazionali, Gianfranco Maris e Miuccia
Gigante - dell'ANPI e dell'ANPPIA di tutto il Friuli-Venezia Giulia
e da varie parti del paese.
I gonfaloni delle Associazioni, della Regione, della Provincia e del
Comune di Trieste facevano corona al sacello che raccoglie le ceneri
dei caduti, insieme a quelli di molte amministrazioni locali del Friuli-Venezia
Giulia, parecchi decorati al valore militare. C'erano autorità
civili e militari degli ex combattenti partigiani della Slovenia, rappresentanti
dei sindacati, di forze politiche, di varie altre associazioni. Un reparto
delle Forze Armate ha reso gli onori ai Caduti. Sono seguite le funzioni
religiose nei riti cattolico, ortodosso ed ebraico.
L'importanza della ricorrenza è stata efficacemente rilevata
dal presidente nazionale dell'ANED.
"Parlare qui è come essere chiamati a prendere la parola dalla
tribuna della Storia, in sede etica, dove la parola è verità"
ha detto Maris, che dopo aver brevemente tracciato la storia della Risiera,
ha così continuato:
"Oggi noi ricordiamo tutte le vittime di questo immane crimine per l'onore
che ad esse è giusto tributare, anche un poco per aiutare noi
stessi, in un momento difficile, a ritrovare le nostre radici, le sole
che possano direi chi siamo.
"Ma non sarebbe onesto vivere questo incontro come se fosse uno dei
tanti che abbiamo vissuto in tutti questi 50 anni della nostra vita.
Siamo in un passaggio tormentato, dal quale si può uscire solo attraverso
la verità: ricercarla dunque, riconoscerla, rivendicarla! Dobbiamo
capire chi eravamo, chi siamo, chi saremo o, meglio, come saremmo, se
prevalessero la cultura e i valori di quelli che negano che tutto questo
sia mai stato.
"Ieri dicevano: la Risiera è il castello della menzogna. Ma questo
era ieri, oggi quei bestemmiatori sono nella maggioranza che ha poteri
di governo, che rievoca gli spettri dei confini, che affronta con ignorante
e provocatoria arroganza il Trattato di Osimo, che conclama le virtù
di Mussolini, statista di statura storica, che tace della Resistenza
nelle celebrazioni internazionali.
"Noi non possiamo non vedere in ciò i prodromi di una cuiltura che tende
a sovvertire la scala dei valori sui quali è risorta nel 1945
l'intera Europa, dopo aver dato 50 milioni di morti alla lotta contro
il fascismo e il nazismo, Non possiamo non vedere in ciò i prodromi
di una strategia di mistificazione della storia, che si avvale, il che
è inammissibile, della forza della collocazione nel potere esecutivo.
"Non è il fascismo, non si può e non si deve demonizzare. Ma
non è più neppure la democrazia, quella che fu scritta
qui e nei campi di sterminio, nelle carceri e nelle piazze che videro
impiccati i nostri compagni, nei villaggi bruciati.
"E' un'altra cosa! Dobbiamo riconoscere che talvolta nel passato ci
siamo abbandonati senza critica alla nostra stessa retorica: ... se
tornerai camerata Kesserling, ci troverai tutti qui, vivi e morti...
ed abbiamo pensato che bastasse ricordare e celebrare per far vivere
in eterno il sogno di libertà. Ma Kesserling non ritorna: non
è lui che dobbiamo aspettare, non è dunque quel coraggio
di cui abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di un altro coraggio, civile,
di una rinnovata inteiligenza nella vita di ogni giorno.
"Anche questa celebrazione - ha concluso Maris - avrà
dunque un senso solo se sapremo trasformarla in cultura, in insegnamento,
rispetto per la verità, in rifiuto di ogni oblio, di ogni mistificazione.
Avrà un senso , se sapremo imporre, senza dio ma con fermezza,
il rispetto della memoria".
L'assessore alla cultura, prof. Roberto Damiani che rappresentava il
sindaco di Trieste a sua volta ha ricordato come "c'è ancora chi
si ostina a negarel'evidenza di questo efferato sterminio.
Dobbiamo invece rifuggire dalla tentazione di eludere, minimizzare,
rimuovere. E cercare giustizia. In analogia con la tragedia delle foibe
carsiche, la città e l'ammstrazione devono prodigarsi per il
perfezionamento di ogni indagine, sì da detergere dalla nostra coscienza
collettiva l'ombra di ogni corrreità con i carnefici.
L'invito che questa ricorrenza ci rivolge è di recupera valori
della solidarietà in attesa che l'Europa abbatta residue frontiere
e restituisca Trieste alla sua funzione di ponte fra civiltà
sorelle".
Ha concluso i discorsi la partigiana Giovanna Hrovat Stanka, in lingua
slovena, ( ha ribadito i valori e l'attività della Resistenza,
ricordando tra altro che la minoranza slovena del F.V.G. non ancora
una tutela organica dei propri diritti.
F.Z.
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