Linguaggio nuovo, vecchi fantasmi

 

La nuova Destra ha gridato alla violazione della sovranità del Paese, alla ingerenza indebita nei nostri fatti interni, quando il Presidente Mitterrand - al quale ha fatto eco, addirittura, il nuovo Presidente della Repubblica Federale Tedesca - ha sollevato dubbi e prospettato preoccupazioni per la democrazia a causa della presenza di ministri e sottosegretari di provenienza neofascista nel Governo. Ignorando che questo concetto di sacra sovranità, intollerante di qualsiasi critica, che viene bollata come indebita ingerenza, appartiene al tempo infausto in cui le democrazie imbelli europee tolleravano l'invasione della Cecoslovacchia e l'annessione dell'Austria da parte di HitIer, incapaci di leggere in quelle violenze i prodromi della grande violenza aggressiva della seconda guerra mondiale. Ignorando che, oggi, l'Italia è una regione dell'Europa, che partecipa ad un Parlamento comune europeo e che non deve garantire soltanto la libera circolazione dei capitali, delle merci e della manodopera, ma deve garantire anche la democrazia ed il rispetto dei diritti dei cittadini, di tutti i cittadini, quelli europei e quelli italiani e quelli di tutti i paesi del mondo.

Il problema sollevato da Mitterrand è grave ed oggi viene ripreso da Jacques Delors, presidente della commissione esecutiva della Comunità, dal primo ministro greco Andreas Papandreu e dal ministro degli esteri di Israele, Yossi Beilin. Hanno ragione: la democrazia nella quale i cittadini di Europa e di tutto il mondo oggi si riconoscono è la democrazia uscita da una guerra drammatica e sanguinosa combattuta e vinta proprio contro il fascismo e contro il nazismo. La nuova destra ha gridato alla strumentai izzazione politica quando le opposizioni - e non solo quelle - hanno denunciato le medesime preoccupazioni di tanta parte della stampa internazionale: per la presenza, cioè, di ben cinque ministni e tredici sottosegretari di provenienza neofascista nel Governo, ed ora anche per la presenza di neofascisti nelle presidenze di delicatissime commissioni parlamentari. Non solo, ma questa destra gabella per un successo diplomatico e per un esplicito riconoscimento di piena legittimità democratica la "scommessa" che il Presidente Bili Clinton ha detto di essere disposto a fare sull'Italia, senza neppure rendersi conto della gravissima e sostanziale diffidenza e del grave giudizio negativo sotteso alla "scommessa" di Clinton. Il Presidente americano ha parlato esprimendo, sostanzialmente, una diffidenza che nessun capo di Stato aveva mai prima d'ora mostrato nei confronti del nostro Paese. Proprio nel momento della "scommessa" Clinton ha dichiarato esplicitamente che si riserva di giudicare il nuovo governo "anche per il suo rispetto della democrazia e dei diritti civili". Riserva, dunque, sulla democraticità di questa nuova destra, di questo Governo. Ed ha perfettamente ragione. Fini con arrogante garbo ed il "Pecora" con rozzezza fascista, ma entrambi a nome di Alleanza Nazionale, si richiamano a Mussolini, come uomo di stato di grande statura, che ha operato bene quanto meno sino al 1938: bene, dunque, anche quando aggrediva e scioglieva i consigli comunali e le leghe operaie e

contadine ed i sindacati, anche quando faceva assassinare Matteotti e Don Minzoni ed i fratelli Rosselli e Gobetti ed Amendola, anche quando istituiva il Tribunale speciale e mandava in carcere ed al confino di polizia, solo per le loro idee, migliaia e migliaia di cittadini italiani.Tutto bene, dunque, almeno sino al 1938, sino alla vigilia non della politica della discriminazione razziale, che era già in atto da molto tempo prima, ma della politica della esplicita persecuzione razziale; sino alla vigilia della guerra, di cui non parlano a "parole", ma di cui parlano con i fatti, per esprimere un giudizio positivo, come positivo resta il loro giudizio sulla Repubblica Sociale Italiana, stagione eroica e romantica, stagione dell'onore, per dirla con Rauti. Di tutto ciò parlano con i fatti, perché Alleanza Nazionale chiede che sia abolita la norma della Costítuzione che vieta la ricostituzione del partito fascista e chiede che i combattenti di Salò - anche quelli dei rastrellamenti dei partigiani e delle milizie nere della criminale repressione politica -siano equiparati a coloro che hanno combattuto per la liberazione del Paese dai nazisti e dai fascisti, a coloro che hanno combattuto per la libertà e per la democrazia. Il sillogismo è chiaro: combattere per la democrazia o contro la democrazia è la medesima cosa, hanno combattuto tutti per la Patria! E neppure possono, questi fatti, essere ricondotti a provocazioni di Alleanza Nazionale, senza ulteriori significati, se è vero, come è vero, che addirittura ilministro della difesa del Governo della nuova destra, Previti -che non è di Alleanza Nazionale ma di Forza Italia - nella sua allocuzione in ricordo della liberazione di Roma, di tutti ha parlato e tutti ha ricordato, tranne le donne e gli uomini della Resistenza. Il tutto nel colpevole silenzio del Presidente del Consiglio, che ha cura di dissociarsi da Taradash, solo quando costui affronta il delicatissimo tema - delicatissimo per Silvio Berlusconi - della televisione. Non si tratta, dunque, di irrilevanti provocazioni personali. Si tratta, nel complesso, di una vera e propria strategia, finalizzata alla rilegittimazione di una destra nazionalistica di stampo antico ed alla correlativa delegittimazione di tutti i valori contrapposti per i quali la Resistenza ha combattuto e che sono stati poi i valori fondanti della nostra Repubblica e della nostra democrazia. Sicuramente, la democrazia è il rispetto delle regole e dei risultati che conseguono all'applicazione delle regole.

Rispetto, dunque, dei risultati elettorali. La democrazia è, però, anche controllo e vigilanza affinché le maggioranze, una volta formatesi, operino non nel proprio interesse ma nell'interesse generale del Paese; senza sovvertirne l'assetto istituzionale o cancellarne l'identità culturale e sociale; senza tentare di mutare segno alla sua storia, per delegittimare le fondamenta etico politiche della nazione e della sua Costituzione. Per fare ciò la maggioranza - che è tale solo per un premio elettorale ricevuto in quanto maggioranza relativa, ma che è minoranza, rispetto al complesso, alla somma degli altri voti espressi dai cittadini - non ha nessuna legittimità, per cui, se si mette su una tale strada, si pone sicuramente fuori dal terreno della democrazia. Oggi e qui non c'è fascismo, è certo; ma è altrettanto certo che oggi e qui non si può neppure tentare di riaccreditarlo né come partito né come movimento né come cultura né come politica, per nessuna parte e per nessun uomo della sua storia. Noi faremo come Clinton: giudicheremo dai fatti, anche per quanto concerne la democrazia ed il rispetto dei diritti dei cittadini; ma non staremo inattivi ad aspettare, guardando e tacendo; vigileremo e stimoleremo tutti, maggioranza ed opposizione, perché il Paese mantenga viva la memoria del passato e dei suoi valori e nell'ambito di essi mantenga rigorosamente la sua opera. La complessa eredità storica della Resistenza non è un peso che schiacci, ma una realtà storica che offre le coordinate per il buon governo.

Gianfranco Maris