Un ricordo a vent'anni dalla morte

Il combattente dietro quei modi eleganti

 

 

Dall'impegno liberale negli anni del fascismo fino all'adesione alla Sinistra indipendente. L'Affività editoriale e la "scoperta" di Primo Levi. Il discorso ai portuali lìvornesi

Sono trascorsi vent'anni dalla scomparsa di Franco Antonicelli. Che cosa ricordiamo di lui? Quanto ha influito sulla nostra vita? L'immagine che abbiamo negli occhi e nella mente è di una raffinata eleganza di modi, di parola, di gesti, di comportamento, di scrittura. Una raffinata eleganza che non è mollezza, ma riveste un animo ben determinato a tracciare la propria strada e a seguirla: "apparenternente debole era di tempra dura" scrive Bobbio. Liberale crociano obbedisce all'imperativo della coscienza dimostrando pubblicamente la sua solidarietà al maestro oggetto di brutali attacchi da parte di Mussolini e subirà il primo arresto. Sarà arrestato ancora nel 1935 con il gruppo giovanile torinese di Giustizia e Libertà.
Sarà in seguito inviato al confino ad Agropoli, divenuto un luogo dello spirito che sono andato a visitare anni più tardi. Un altro arresto nel tardo '43: via Tasso, Regina Coeli e Castelfranco. Rispedito a Torino riuscirà a riconquistare la libertà e si darà alla vita clandestina. In rappresentanza dei partito liberale presiederà il CLN del Piemonte. Un po' indietro nel tempo nel 1932 aveva lavorato per l'editore stampatore Frassinelli che in volumi di grande prestigio per il contenuto e la forma pubblicò Kafka e Melville. Nel 1942 fonderà una sua casa editrice, la De Silva e tra l'altro scoprirà e stamperà per la prima volta Se questo è un uomo di Primo Levi. Sottolineiamo anche questo motivo per ricordare Antonicelli su Triangolo rosso.
La sua vita è un intreccio tra politica e letteratura. Si darà anche al giornalismo e per due anni, '45 e '46, dirigerà 'l'Opinìone", foglio liberale sbocciato nella grande fioritura postbellica. Collaborerà anche a "La Stampa" di Torino di Debenedetti con preziosi elzeviri e a lungo sarà consulente e collaboratore della radio e della televisione. Mi piace ricordare una seduta della Commissione programmi della RAI ai tempi del Direttore Generale Sernesi, in cui Antonicelli improvvis_ una volta, direi una lezione su Cehof, che ascoltai incantato imparando da lui ad amare l'autore. In letteratura il suo interesse sarà particolarmente rivolto a Gozzano e a D'Annunzio, personaggi lontani dal mondo interiore di Antonicelli ma da lui studiati con particolare interesse ed approfondimento critico. Nell'attività multiforme ed instancabile di Antonicelli ci sono anche innumerevoli conferenze all'Unione culturale di Torino da lui fondata, sempre preparate con molta cura anche per un uditorio non esteso. Invece il capiente Teatro Alfieri di Torino sarà affollato per ascoltare il suo ciclo sulla Resistenza. Un'altra riapparizione nella politica attiva fu nel 1953 in cui si candidò alle elezioni per la Camera dei deputati per contrastare la legge maggioritaria, detta legge truffa. Non fu eletto ma anch'egli contribuì ad impedire che scattasse il quorum. Nel '60 prese posizione contro Tambroni e fu in piazza a Genova e a Torino (eravamo con luì). Rientra nella vita di studi e di produzione letteraria: la sua bibliografia annovera 2000 titoli. Nel 1968 sarà eletto senatore nelle liste della sinistra indipendente consolidando il suo progressivo spostamento a sinistra. Meglio delle nostre parole la spiegazione esatta, puntuale e appassionata di Bobbio (*) che qui riproduciamo: Franco rimase inflessibilmente fedele al nucleo liberale del suo pensiero, a quella che allora si chiamava crocianamente '.religione della libertà". Ma la libertà non sta ferma e chi crede stia ferma l'ha oià abbandonata. La lotta per la libertà è sempre una lotta per l'affrancamento da qualche forma di oppressione. Ma le forme di oppressione di oggi non sono quelle di ieri. E poi per combattere seriamente una battaalia bisogna scegliere una parte. Franco scelse coscientemente, liberamente, duramente, di mettersi dalla parte del movimento operaio, e accettò, se pure in un rapporto di rispettosa indipendenza, il sostegno del Partito comunista, in cui contava molti amici, sin dagli anni della Resistenza, e di cui ammirava lo spirito di disciplina, la severità del costume, la dedizione alla causa". Si affaccia ora una domanda se ed eventualmente in quale misura uomini come Franco Antonicelli, Enzo Enriquez, Carlo Levi, Ferruccio Parri - cito i nomi delle persone da me conosciute più da vicino - iscritti nei gruppi della sinistra indipendente eletti con i voti del PCI possano avere influito sulla evoluzione progressiva di detto partito. Si può anche rovesciare la domanda e chiederci se la costituzione della sinistra indipendente non sia stato un segnale della evoluzione e del consolidamente in senso riformista, democratico parlamentare del PCI. Dopo la scomparsa di Franco ad opera della vedova Renata e della figlia Patrizia è stata costituita la Fondazione Antonicelli appoggiata all'organizzazione dei portuali livornesi. A Livorno e proprio nella casa del Portuale aveva pronunciato un memorabile discorso a favore di una cultura più diffusa che senza scadimenti uscisse dalla torre di avorio per estendersi alle masse dei lavoratori senza censure, senza limitazioni autoritarie. In questo discorso anche la sua vocazione pedagogica. Il discorso di Livorno, assieme a quello al Senato che esplorava le motivazioni degli studenti aderenti ai movimenti del '68 ed escludeva ogni forma di repressione, sono i discorsi che mi si affacciano ora nella mente e mi sembrano meglio illustrare la vigile attenzione di Antonicelli a problemi di vasta portata vissuti con intensa partecipazione. E così dei suoi scritti per la radio ricordo Il soldato di Lambessa legionario romano che pubblicamente con fermezza, ma senza iattanza, confessa di essere cristiano: "cristianus sum". Abbiamo scelto questo episodio perché ci sembra bene rispecchiare la sincerità e la coerenza di Franco Antonicelli, uomo di studi rigorosi e impegnativi sospinto a percorrere la via della politica da un profondo sentimento morale.

Bruno Vasari



(*)Norberto Bobbio - Franco Antonicelli, Ricordi e testimonianze, 1992.

 


Antonicelli (Con il capello) con Cesare Pavese,

Leone Ginzgurg e Carlo Frassinelli a Santo Stefano Belbo nel 1932