Cinema:una pellicola che fa discutere

"Schindler's list"

"La guerra è finita e la Germania l'ha perduta. lo sono un tedesco, un profittatore di guerra ed un membro dei partito nazista. Mi scuserete dunque se, a questo punto, vado a preparare i miei bagagli". Con queste parole, ormai sul finire dell'ultimo acclamatissimo film di Steven Spielberg, Oskar Schindler ufficialmente si congeda dai prigionieri ebrei del campo di lavoro da lui diretto. Appena il tempo, ancora, per vedere la sua auto sovraccarica allontanarsi nella notte. E per assistere, cambiato completamente scenario, alla sequenza finale della pellicola. Non più in bianco e nero, questa volta, ma negli "splendori del Technicolor". Non più nella perenne penombra della Polonia dei campi di sterminio, ma sotto il sole mediterraneo della Gerusalemme di oggi. Dove quegli stessi prigionieri - o, più spesso, i loro figli - rendono compunto omaggio alla tomba di quel tedesco nazista e profittatore di guerra. All'uomo che li aveva salvati.

"Schindler's list, la lista di Schindler, è in fondo soprattutto questo: la storia di una strana conversione. Ed il tratto più originale ed interessante dei film sta, probabilmente, proprio nel fatto che una tale metamorfosi - da villano a salvatore - sembra attraversare il protagonista senza trasfigurarlo né modificarlo. Poiché tra l'Oskar Schindler che s'arricchisce alle spalle degli ebrei perseguitati e quello che, alla fine, si rovina per salvarli dalla prigionia e dalla morte, non corrono, almeno in superficie, molte differenze. Schindler era - e resta lungo tutto l'arco della pellicola - uno spregiudicato bon vivant, un "antieroe" che dalla propria relazione col mondo pretende soprattutto soldi, belle donne e champagne. E che proprio per questo suo edonistico amore alla vita sembra essere - nella visione di Spielberg - il più perfetto antidoto della follia nazista.

La storia di SchindIer e della sua lista - già raccontata dodici anni fa in un libro dello scrittore australiano Thomas Kenneally - comincia il giorno in cui, subito dopo l'invasione nazista della Polonia, il protagonista giunge a Cracovia deciso come lui stesso dice - "a cavalcare la bella donna che più può cambiare, in meglio o in peggio, la vita d'ogni uomo: la guerra". L'immensa tragedia che sta per sconvolgere il mondo non è, per lui, che un'occasione per tradurre in prassi la filosofia cui più ispira la propria esistenza: guadagnare molti soldi, guadagnarli possibilmente alle spalle dell'altrui lavoro e spenderli per il proprio piacere. Non è, Oskar Schindler, né un nazista né un antisemita. E' soltanto un opportunista, uno speculatore deciso a collocarsi saldamente sulla sella del "cavallo vincente" ed a costruire le proprie fortune sulle disgrazie degli ebrei polacchi. Forte della propria contiguità con le autorità naziste - e sfruttando capitale e lavoro delle vecchie élites giudaiche ora perseguitate e rinserrate nel ghetto - avvia una fabbrica metallurgica. "Noi ci mettiamo i soldi e la manodopera - gli chiede un giorno irritato il suo capocontabile ebreo -. E lei che cosa ci mette?'. "L'immagine", gli risponde Schindler ammiccante e sfacciato.

Josef e Rebecca Bau, due ebrei salvati da Oskar Schindler.

La "svolta" - una svolta graduale e quasi impercettibile - avviene allorché, attorno all'avviato e proficuo tran-tran degli "affari di guerra" di Herr Schindier, gli eventi cominciano a precipitare. Dall'alto delle colline che circondano Cracovia, durante una gita a cavallo, Oskar assiste all'evacuazione del ghetto ed all'inizio della deportazione verso i campi di sterminio. E nella sorte d'una bambina dall'abito rosa - unica poetica e tragica macchia dì colore nel bianco e nero del film - vede finalmente riflessa la logica di morte del nazismo, la crudeltà insensata di quella persecuzione contro un popolo. Poco più tardi lui stesso viene brevemente arrestato, per quello che considerava il più benefico e naturale dei gesti: baciare in pubblico una donna ebrea.

E da speculatore diviene salvatore. Nella sua vita cambia tutto e, al tempo stesso, non cambia nulla. Non cambia nulla perché, imperterrito e gioviale, Oskar continua a frequentare ed a corrompere, con donne e danaro, i gerarchi nazisti (primo fra tutti il sinistro Amori Goeth, sanguinario capo del campo di lavoro di F'Iaszow). E cambia tutto perché il suo unico e sempre più ossessivo scopo è, ora, quello di sottrarre vite umane all'immensa macchina di sterminio messa in moto dal regime che ha fin qui servito, dalla "bella donna" che, un tempo, aveva cinicamente sperato di sedurre. Alla fine la lista di Schindler" arriverà ad includere 1200 nomi, il più alto numero di ebrei mai salvati, durante l'ultima guerra, da un solo individuo. E grande resterà, per sempre, la gratitudine degli Schindlerjude. "Noi - scriveranno nel '61, durante il processo ad Eichmati - non dimentichiamo le pene d'Egitto, non dimentichiamo Haman e non dimentichiamo Hitler. Per questo, tra gli ingiusti non dimentichiamo il giusto. Non dimentichiamo Oskar Schindier".

Resta ovviamente, alla fine di questa vicenda insieme nobile ed ambigua, una domanda senza risposta. La stessa che - come riferisce nel suo libro Thomas Kenneally - un giornalista rivolse a suo tempo al medesimo Oskar Schindler. "Come spiega il fatto - gli chiese - che durante il massacro degli ebrei lei continuasse ad intrattenere intimi rapporti con tutti i capi delle SS tedesche in Polonia?". SchindIer se la cavò, in quell'occasione, con una battuta brillante e spiritosa. In quegli anni - replicò da par suo - sarebbe stato difficile discutere il destino degli ebrei con il rabbino capo di Gerusalemme".

Sagge parole. Sagge e tuttavia, ancora una volta, prive d'un vero alito di ribellione. Schindler ha salvato vite umane. Ne ha salvate molte con la pragmatica furbizia del giunco capace di piegarsi sotto la corrente impetuosa della morte. Ma mai si è davvero posto il problema di fermare la corrente, di spezzare la macchina sanguinaria del nazismo.

E certo è che, per quanto lunga fosse diventata la sua "lista", ben poco essa avrebbe cambiato della realtà del genocidio in corso. Quella della "Schindler's list rimane - nella vita reale e nel film di Spielberg - una bella storia. Ma non tutta la storia. E non quella, forse, che più aiuta a capire.

Massimo Cavallini