Questa seconda edizione de "Gli Untermenschen"
di Piero Maieron è frutto dell'impegno dell'autore, Presidente
dell'Aned. Provinciale di Pordenone, di dare un senso ad una
esperienza tragica, l'esperienza di un adolescente che viene
strappato ai suoi sogni ed alle sue speranze di "apprendista
uomo" e diventa l'angosciato testimone, nel campo di concentramento
di Dachau, di episodi di crudeltà, fanatismo e sadismo e di
genocidio che non si possono rimuovere dalle nostre coscienze
collettive e che le giovani generazioni possono e debbono conoscere.
Leggendo questo libro e assistendo anche oggi a immagini di
violenza inaudita negli schermi della televisione viene da chiederci
come fa l'uomo, in tutte le sue espressioni evolutive, a sopportare
tanta disperazione e tanto dolore. Per il momento possiamo solo
empiricamente supporre che l'uomo ha una straordinaria capacità
di adattamento al bene ed al male. Adattamento anche alle forme
più inquietanti e subdole di razzismo che ancora oggi, alle
soglie del duemila, esiste nei più diversi contesti sociali
e culturali d'Europa. Non c'e soltanto un razzismo teatralmente
ostentato attraverso cupe simbologie appartenenti ad un passato
funesto, attivate dalla sin troppo tollerata esibizione dei
"naziskin", dei profanatori di tombe nei cimiteri ebrei e partigiani,
dei teppisti che colorano le cronache sportive degli stadi,
dei picchiatori dei venditori ambulanti di colore, degli storici
che negano addirittura l'esistenza dell'olocausto, di coloro
che utilizzano lo spettro delle migrazioni di massa per acquisire
consensi elettorali a buon mercato. Esiste anche un razzismo
più sottile,
il "razzismo riluttante", per definire la posizione di coloro
che, pur sentendosi immuni da atteggiamenti xenofobi, di fatto
possiedono credenze negative nei confronti dei gruppi volta
per volta discriminati. ( ...
) Anche l'aggressività può essere declinata socialmente oltre
che individualmente: esiste una
aggressività benigna al servizio della vita ed anche una aggressività
maligna, al servizio della morte e della distruzione. Le pulsioni
aggressive che si trasformano in crudeltà distruggono la vittima,
ma anche l'aguzzino. Costituiscono un paradosso drammatico:
la vita che si rivolta contro se stessa per darsi un
senso. Nelle
ultime righe Piero Maieron ci ricorda un vincolo etico irrinunciabile:
nulla di ciò che è umano può esserci estraneo, quindi anche
gli aguzzini; l'essere aguzzino è un modo di essere umano, anche
se deformato e ridotto a cosa distruttrice. Anche a loro va
quindi un rispettoso. cristiano perdono. L'Autore ha curato
questa seconda edizione con l'obiettivo di trasmettere le sue
esperienze ed il suo orrore, problematicamente trasferibili
come tutte le esperienze intense, nelle scuole e più in generale
nelle istituzioni educative. La denuncia di questi fatti, ieri
come oggi, è molto importante, ma non sufficiente. Capire le
perversioni singole e collettive non significa perdonarle. Ma
se non le comprendiamo e non le analizziamo non possiamo capire
la loro genesi, quali fattori tendono ad accrescerle e come
limitarle. La sensibilità e l'orrore attivo verso i fenomeni
di distruttività e crudeltà non sono un dono della natura, nulla
ci viene regalato. I giovani che si eccitano con i "decibel"
di una discoteca o di una motocicletta, sono figli del loro
tempo e assieme agli adulti che amano l'oblio possono risvegliarsi
all'amore perla vita provando altre emozioni. Una fra queste
emozioni è
rappresentata dalla lettura di questo libretto, l'emozione di
orrore e repulsione che può suscitare. Dare un senso alla propria
esistenza e contribuire alla formazione di ordinamenti sociali
che promuovono la crescita dello spirito di indipendenza e la
limitazione di ogni forma di sfruttamento, di controllo repressivo
e necrofilo, rappresentano una sfida per ognuno di noi.
Claudio Burelli
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