Tutti noi, quando abbiamo avuto bisogno
o dovuto comunque verificare attraverso documenti attendibili ed ufficiali
la nostra vicenda concentrazionaria ci
siamo ti volti
a quella straordinaria istituzione che è il Centro della
Croce Rossa Internazionale avente sede ad Arolsen, vicino a Francoforte
s/M nei locali che, una volta, ospitavano certi uffici delle SS.
"Hic transit gloria mundi" si potrebbe dire
non senza una punta d'ironia sul destino
della riconversione di quegli uffici. Più d'uno di noi,
leggendo le informazioni sul proprio conto, ha scoperto e ritrovato dati
e date che erano oramai offuscati nella stessa
nostra memoria. Quel foglio magico ha riportato a noi stessi la nostra storia
oramai vagante nelle nebbie di quel maledetto passato.
Ad Arolsen tutto quello che si sa di ognuno di noi è registrato,
catalogato, archiviato, consegnato alla storia di tutti i giorni che verranno.
Quando non ci saremo più
e per quelli che non ci sono più ad Arolsen rimarranno, come pietre
miliari, tonnellate di documenti, milioni di schede personali, l'anagrafe
incredibile, unica nel suo genere, delle sorti individuali di milioni di
esseri umani travolti dall'apocalisse della guerra nazista.
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Come e perché è sorto questo incredibile
servizio?
Alla fine della seconda guerra mondiale,
nel 1945, milioni di persone non erano più reperibili nei loro
ultimi domicili ufficiali. Popoli interi sono stati costretti a migrare
verso altri lidi, sono stati massacrati dalle Einsatzgruppen, hanno subito
il "trattamento speciale" per la "soluzione finale" dei loro problemi.
Dunque milioni di profughi, di internati
civili e militari, di prigionieri di guerra, di lavoratori coatti, di
deportati svaniti nel nulla dei campi nazisti o sotto le macerie delle
città bombardate. Quando tacquero i cannoni, iniziò in tutto
il mondo la ricerca affannosa per ritrovare i dispersi.
Ma chi riusciva a raccapezzarsi in quel bailamme quando gli archivi dello
stato civile comunale, gli schedari delle polizie erano stati distrutti
dai bombardamenti o intenzionalmente sottratti ad ogni eventuale ricostruzione
della realtà? Si trattava di stabilire
l'identità dei sopravvissuti ma soprattutto chi, dove, quando e
perché era diventato irreperibile. Bisognava aggiornare la mappa
dell'Europa del dopoguerra attraverso un censimento le cui rielaborazioni
statistiche avrebbero rivelato la dimensione spaventosa dei crimini commessi
contro l'umanità dai nazisti e non solo da essi. Cifre da capogiro
di un'impresa disperata. Per affrontare
la situazione le Nazioni Unite affidarono all'UNRRA (United Nations Reliev
and Reliabilitation Administration) l'istituzione di un servizio internazionale
di ricerca delle DP (displaced person) cioè le persone disperse
a qualunque titolo. Il Servizio diventa operativo già nel 1947.
Nel 1951 passa alla dipendenza dell'Alta Commissione alleata di controllo
della Germania occupata. Quattro anni dopo, nel 1955 un accordo internazionale
fra dieci stati (Gran Bretagna, Francia, Repubblica Federale di Germania,
Grecia, Lussemburgo, Italia, Belgio, Israele, Olanda, Danimarca e Stati
Uniti d'America) conferisce la responsabilità gestionale del Servizio
alla Croce Rossa Internazionale. Ai suoi
compiti istituzionali la C.R.I. ne aggiunge uno del tutto nuovo accollandosi
un impegno immane in una situazione di politica internazionale carica
di tensioni, quindi propensa alle reticenze burocratiche. Ognuno diffida
dell'altro, ognuno si tiene gelosamente stretto ogni documento nel timore
che possa servire chissà a che cosa. La situazione è drammatica.
La professionalità del personale addetto al servizio, la neutralità
della CRI, l'urgenza di ricostruire un pezzo della storia d'Europa di
rispondere all'incalzare delle domande di informazione su chi non si ritrova
più, impongono uno sforzo che forse oggi, a tanti anni di distanza,
è difficile valutare nella sua intera complessità.
Io credo che fra
le tante decisioni ed indecisioni della CRI fra le mille polemiche sul
suo operato, le sue presenze ed assenze, questa dell'essersi fatto carico
della gestione del Centro di Arolsen sia da ascrivere, senza riserve,
a suo onore e merito. I materiali da elaborare
erano, nella maggioranza dei casi, quelli raccolti della forze armate
alleate, dato che i sovietici custodivano gelosamente tutto quello su
cui erano riusciti a metter mano. Si trattava comunque di quarantacinque
milioni di schede individuali con nomi, cognomi, luoghi e date di nascita
spesso aleatori, deformati da successive trascrizioni, alterati nella
grafia o non rispondenti alla realtà quando i rispettivi titolari
per proteggersi nella clandestinità hanno dovuto inventarsi generalità
di copertura. Un vero bailamme. L'Unione
delle Repubbliche Socialiste Sovietiche rifiutava caparbiamente l'accesso
ai suoi archivi che contenevano certamente una quantità enorme
di dati di grande importanza. Erano tempi
in cui s'andava per atti notori per ristabilire la propria identità,
in cui nei giornali apparivano le angosciose richieste del "chi l'ha visto"
le sentenze di morte presunta, gli annunzi di ragazzi che chiedevano disperatamente
"chi sa dirmi chi sono?". La CRI intanto, cercava di fronteggiare l'assalto
delle domande di inforinazione dei diretti interessati o dei parenti
degli scomparsi. L'emergenza, negli uffici di Arolsen, sembrava non cessare
mai. Eppure, le risposte venivano. Spesso negative e deludenti, spesso
precise, esaurienti, qualche volta addirittura integrate da ulteriori
dati emersi chissà come nel frattempo.
Se uno ci pensa seriamente, può rendersi conto che cosa siano stati
capaci di fare i dirigenti ed i funzionari del Centro di Arolsen.
Speriamo che adesso, nella nuova situazione politica
determinatasi in Europa, tutti gli archivi di tutti gli stati vengano
aperti alla ricerca e alla documentazione.
Il 28 settembre 1990 Francia, Gennania, Inghilterra e Stati Uniti hanno
sottoscritto un accordo per la gestione finanziaria e la continuità
dell'esistenza del Centro di Arolsen invitando tutti gli altri paesi ad
aderire e condividere le responsabilità per il mantenimento del
Centro. L'Italia, al solito, fa orecchie
da mercante. Ed infatti rischia di non interessarsi di un organismo che
per noi, invece, è stato ed è tuttora prezioso. Forse sarebbe
bene tenere sotto controllo la situazione. Ad Arolsen vi sono le prove
dei crimini commessi dai nazisti. Hanno un bel dissertare i cosiddetti
revisionisti sulla cifra del massacro. Vadano ad Arolsen e verifichino.
Se poi hanno ancora coraggio di blaterare, questo sarà un altro
discorso.
Teo Ducci
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