Cari amici, recentemente mi sono giunte,
da parte di studiosi tedeschi della massima serietà (per
loro posso garantire personalmente), richieste di informazioni
che riguardano da un lato testimonianze sulla presenza di deportati
italiani nella città bassorenana di Krefeld nel periodo
1943-45, dall'altro testimonianze di deportati italiani che siano
sopravvissuti alle due marce della morte che, nell'aprile 1945,
attraversarono la città di ClausthalZellerfeld (Bassa Sassonia,
nei dintorni di Göttingen).
Personalmente ritengo assai importanti richieste del genere, che
dimostrano come la memoria dei deportati abbia decisamente assunto
notevole rilevanza come fonte storica.
D'intesa con l'amico Bruno Vasari, vi chiederei perciò
di pubblicare sul vostro giornale i due commenti che seguono.
Nel ringraziarvi per la vostra collaborazione, resto naturalmente
a vostra totale disposizione per qualunque chiarimento.
Vogliate nel frattempo gradire i miei migliori
saluti.
Brunello Mantelli (Torino)
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Lo studioso tedesco Joachim Neander sta
scrivendo uno studio sulle due marce della morte che passarono nell'aprile
1945 per la città di Clausthal-Zellerfeld, nei dintorni di
Göttingen, la prima
il 5 del mese provenendo da Gandesheim, sottocampo dì Buchenwald,
la seconda il giorno 8 proveniente da Dora-Mittelbau. Gli sarebbe
molto utile, per completare la sua ricerca, poter entrare in contatto
con ex deportati italiani che abbiano ricordi o notizie in proposito.
Chi fosse sopravvissuto ad una delle marce della morte in questione
od avesse comunque informazioni utili è pregato di mettersi
in contatto con Joachim Neander, Bohlweg 31, D - 38678 Clausthal-Zellerfeld,
oppure con il dr. Brunello Mantelli, via Buttigliera 7,10132 Torino,
tel. (011) 8195365. |
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Caro Dario Venegoni,
Ho letto con attenzione il numero di
luglio-agosto 1993 del prezioso giornale dedicato a noi superstiti dei
campi di sterminio nazisti. Io stesso sono uno dei sopravvissuti di
Mauthausen (matricola IT 53444). Non
scrivo certamente per ricordare il mondo allucinante, fuori da qualsiasi
realtà e logica che fu il nostro pane quotidiano in quegli anni
senza significato, logica o speranza, fuori dallo spazio e dal tempo,
creature avulse da tutto, da tutti e per sempre (come speravano loro),
scaraventati negli spazi infiniti degli orrori voluti da menti apparentemente
sane, ma folli in assoluto. Mi corre
pertanto l'obbligo di estemarVi la mia più profonda meraviglia
e costernazione per sentire citato qui, nella nostra rivista delle "Larve
sopravvissute", i campi attuali di prigionia nella ex-Jugoslavia. Serbi,
Croati e Musulmani fanno una loro guerra personale.
Tutti e tre hanno i loro campi di concentramento dove si può
morire o quasi sempre anche non morire. Tutti e tre sono ugualmente
colpevoli, senza distinzioni né gradazioni. Sottolineo e ribadisco
comunque che non ci sono (almeno così risulta a tutti), né
camere a gas, né erematori o bambini innocenti; e neppure ci
sono morti accuratamente e perfidamente studiate per una inedia prestabilita
e che non durava oltre i tre mesi. Poi
aspettava il crematorio. E questa la
differenza, né più né meno ma è qui che
sta la diversità abissale. Quando
i Sovietici scatenarono l'ultima offensiva contro Berlino, ci fu una
frase apocalittica che accompagnò i soldati sovietici - attraverso
la voce dei loro generali - durante l'ultimo assalto contro l'idra bruna:
"....
centinaia di migliaia di scarpette di bambini marciano con noi...".
Già, le scarpette trovate, accuratamente
suddivise, e che non si poterono più
distruggere prima dell'arrivo dell'Armata Rossa ad Auschwitz dove questi
orrori ebbero il loro culmine. Vogliamo allora capire il perché
i Sovietici hanno vinto e l'idra bruna ha perso, nonostante e proprio
per l'ironia della frase sui cinturoni germanici: "Dio con noi"?
Le scarpette innocenti non poterono tollerare
questa affermazione blasfema, come del resto vale per la frase sugli
ingressi dei campi di concentramento nazisti: "Il lavoro rende
liberi", ben sapendo tutti che questa libertà era solo ed esclusivamente
quella del crematorio. Superfluo ogni
altro commento. Personalmente mi sento
profondamente angosciato, avvilito ed offeso nel vedere noi reduci degli
"Inferni nazisti" accomunati nella stessa rivista col "Fenomeno
della exJugoslavia" che con le parole eliminazione, sterminio,
camere a gas e crematorio non ha e non avrà mai nulla a che fare,
sotto qualsivoglia visuale. Ci sono i liberati, gli usciti, gli scambiati:
ciò non esisteva mai per i campi nazisti.
Sono certo che se errore c'è stato, da parte di chi ha scritto
o non cestinato gli articoli sulla ex-Jugoslavia, è stato, deve
essere stato errore involontario, perché forse non ci si è
resi conto che qualcuno - di noi sopravvissuti per mero caso - avrebbe
fatto accostamenti e quindi ineluttabilmente confronti.
Avrei comunque preferito il ricordo di quei poveretti exJugoslavi in
altra rivista e sede, non certo in quella dedicata a noi pochissimi
"triangoli rossi" sfuggiti al crematorio perché in quel momento
l'angelo della morte, per sua bizzarra scelta, non ci volle. Perché?
Ciò mi turba nell'intimo della mia essenza umana ma so che non
avrò mai la risposta. Assai grato
se vorrete pubblicare questa mia missiva che tenta almeno una parvenza
di chiarificazione. Non è possibile accomunare i 6 milioni di
ebrei, donne vecchi e bambini inermi e le centinaia di migliaia di detenuti
politici di tutti i paesi d'Europa e che hanno fatto la stessa fine,
con: " ... 3000 deportati stabili, 1.500
uccisi"; " ... ogni notte scomparivano
degli uomini... "; "...
nella notte del 24 luglio di un anno fa furono sterminati 230 internati
Il
mondo sa, quanti esseri umani furono
gassati e bruciati nei crematori in un solo giorno di Auschwitz? Il
mondo sa quante migliaia lo furono giornalmente, per settimane, mesi
ed anni? Per nostra fortuna possiamo solo inchinarci di fronte a quanto
accadde durante il periodo della "peste bruna", ricordando con
un senso misto di giustizia e punizione divina la frase antica ma anche
moderna: "Chi di spada ferisce di spada perisce". Vogliamo ordunque
capire a fondo, od almeno tentare di capire la differenza abissale fra
il tetro regno dei morti nella Germania nazista ed il fenomeno, ristretto
a poche
migliaia di casi, della guerra fratricida
- ma ineluttabilmente voluta da essi stessi - delle popolazioni ex-jugoslave
ugualmente colpevoli del loro destino?
Cordiali saluti
Hans Preis
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Pubblico volentieri, e non è
un modo di dire, questa lettera pure tanto dura. Se questo nostro
giornale diventerà anche sede di dibattito tra di noi,
penso che avrò raggiunto uno degli obiettivi che mi ero
prefisso accogliendo l'invito dell'Aned a fare questo lavoro.
Non credo sia corretto rispondere in prima persona alle severe
critiche di Hans Preis. Le mie convinzioni sono lì, nero
su bianco, nelle pagine che Il Triangolo Rosso ha dedicato lo
scorso numero alla tragedia Jugoslavia. Un errore, dice Preis.
Una scelta quasi obbligata, penso io ancora, dopo aver ragionato
su questa lettera. A Preis
vorrei solo qui ricordare che presentando l'agghiacciante dossier
sui campi di concentramento bosniaci anch'io richiamai la necessità
di un distinguo: Non saremo certo noi - scrivevo - a confondere
i campi di sterminio nazisti con qualsiasi altra forma di sopraffazione.
Ma certo i trasporti sui carri bestiame, la costituzione di
campi di raccolta contornati dal filo spinato sorvegliati dalle
torrette di guardia, la sistematica violazione dei più
elementari principi di dignità umana evocano per tanti
di noi immagini e ricordi che vorremmo cancellati dal progresso,
dalla tolleranza, dalla civiltà dell'uomo. E invece..."
L'iniziativa dello scorso numero di Triangolo Rosso mi pareva
aver incontrato il favore dei lettori. Hans Preis ne è
invece rimasto costernato e offeso. Di questo mi dispiace, sinceramente.
Ma forse qualcuno vorrà rispondergli.
Il dibattito è aperto.
D.V.
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