Troppe parole per una tragica ricorrenza

 

Il cinquantesimo anniversario dell'avvento del nazismo in Germania e della presa del potere di Hitler ha dato modo a politici, storici, giornalisti, sociologi e perfino a giuristi di cimentarsi in saggi, articoli, servizi, inchieste e tavole rotonde.
Tutto questo materiale frutto di serio impegno e talvolta solo di improvvisazioni è stato variamente utilizzato da quotidiani, rotocalchi, radio e televisioni per rievocare, secondo il taglio e l'orientamento delle varie testate, quell'avvenimento che le democrazie europee avevano allora accettato con qualche perplessilà ma anche con un certo sollievo perchè - si pensava e si scriveva - finalmente s'era trovato qualcuno capace di rimettere ordine in quella Germania affamata e turbolenta che, ormai troppo "rossa" era diventata una seria minaccia d'infezione per il resto dell'Europa.
Come si puņ immaginare non tutti, giornalisti, studiosi e politici hanno saputo trovare la giusta misura: alcuni paludati d'obiettività ne hanno scritto e parlato con toni così distaccati da far sembrare quell'avvenimento un fatto extraterrestre; altri, per contro, hanno calcato la mano solo sulle mostruose conseguenze derivate dal dominio di Hitler senza tener conto delle motivazioni economiche, sociali e politiche che facilitarono l'ascesa del dittatore; altri ancora, senza troppi veli hanno approfittato della ricorrenza per riabilitare, con falsa retorica smaccatamente apologetica, l'immagine di Hitler e della sua funesta filosofia.
E ciņ non ci meraviglia perchè in democrazia ognuno è libero di dire o scrivere la sua opinione.
Perņ, vedendo, leggendo e ascoltando le multiformi versioni della infausta ricorrenza ci siamo chiesti preoccupati e perplessi se tutto quanto è stato scritto in bene o in male, da sinistra o da destra, sia stato veramente utile, al di là delle trite e scontate ripetizioni, alla conoscenza della storia, quella vera del nazismo e delle sue vittime; preoccupati perchè costatiamo che ancora non si è trovato il tono giusto (salvo rare eccezioni) per raccontare i fatti della storia alle nuove generazioni non come "lezione" ma come esperienza in dividuale e collettiva di lotta per la difesa quotidiana della libertà e dei diritti dell'uomo; perplessi perchè non riusciamo a capire dove vogliono arrivare certe proposte pseudo culturali che solo apparentemente sono fini a se stesse.
Infatti, tanto per citare un solo esempio,, cosa hanno voluto dimostrare gli autori di quella"Svastica " messa recentemente in onda dalla RAI-TV sulla rete 2? Che le masse popolari sono le sole direttamente responsabili della dittatura nazista? oppure presentando un Hitler sorridente e"umano ", e socievole sullo sfondo delle alpi Bavaresi hanno voluto dire che tutto sommato Hitler non era poi così demoniaco come gli antifascisti l'hanno sempre descritto? E quale opinione hanno potuto ricavare da quelle immagini tragiche e caramellose insieme quei giovani ai quali la scuola non ha saputo trasmettere la grande lezione di libertà e umanità della Resistenza?
Non è facile rispondere, comunque gli interrogativi e le perplessità restano come restano le preoccupazioni per il futuro della democrazia.