PER
UNA PEDAGOGIA DELLA MEMORIA E DELLA PACE
Un'iniziativa come quella del Museo della pace dedicato ai Piccoli
Martiri di Gorla ed il contorno di lavoro, di collaborazione e di
proposta culturale e didattica che da essa e per essa ha preso lo
stimolo e l'avvio rappresentano oggi, nella vita di questa città
e, più in generale, nel quadro della scuola italiana, un dato di
riferimento e di speranza che non può venire trascurato e che aiuta,
fra l'altro, a colmare una lacuna anche nei confronti di quanto
altri paesi hanno saputo fare.
È vero, infatti, che l'Italia, paese di lunga storia, può anche
essere considerato come un paese di corta memoria, quasi che le
grandiose dimensioni della prima ci esimessero, in certo modo, dal
far caso ai piccoli casi della seconda. Si tratta di una presbiopia
che, a lungo andare, non paga, ma per fortuna, non manca chi comincia
ad accorgersene.
Innestare, quindi, sul tronco della storia una pedagogia della memoria
vuoi dire riallacciarsi a vicende il cui ricordo può ancora venire
verificato, di cui sono ancora vivi dei testimoni, rispetto al quale
è possibile un itinerario personale attivo di esplorazione e dì
ricostruzione, la cui analisi di senso può partire da una realtà
immediata e direttamente vissuta.
L'elaborazione didattica, in tal modo, rimane ancorata ad una esperienza
comprensibile perché narrabile, coglibile nella sua vicinanza morale
e psicologica ed afferrabile nella comprensione insieme emotiva
e cognitiva dei ragazzi.
Il dovere ed il potere della scuola si esplicano proprio nella semplicità
che rende possibile agli alunni di capire e nella profondità che
li aiuta a riflettere e a "scegliere" la posizione da cui porsi.
Solo l'azione e la riparazione come colto da don Carlo Gnocchi nelle
sue riflessioni sulla Pedagogia del dolore innocente, possono avere
lo stesso valore della coltivazione della memoria nel costruire
un senso sopportabile dell'assurdità della morte senza colpa. Dimenticare
il male, infatti, è come toglierlo dall'esperienza e togliersi la
possibilità di leggerlo nella chiave della speranza.
È questo l'unico modo, allora di riuscire a svolgere in senso pedagogico
ciò che rappresenta, in sostanza, il male reale assoluto della vita,
la perdita totale della qualità umana: la guerra.
Porre la pace al centro dell'attenzione della scuola e fame il perno
della progettualità educativa vuoi dire toccare una delle fibre
più profonde ed essenziali della missione educativa nei confronti
del presente e del futuro della nostra civiltà.Che in una città
come Milano che sembra aver smarrito da tempo il suo stile umanistico
ed il suo spirito formativo, potremmo anche dire la sua storia pedagogica,
si riprenda a voler ritrovare i fili della memoria per agganciarli
al fondamentale obiettivo educativo della pace rappresenta un felice
segno di ripresa.
Alla scuola ed alla cultura il compito di non lasciarlo cadere.
Prof.
Cesare Scurati
Docente Ordinario di Pedagogia Università
Cattolica di Milano
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