la memoria l'armadio della vergogna

CINQUANTA ANNI DI GIUSTIZIA NEGATA
Nel 1996 il sostituto procuratore militare di Padova, Sergio Dini, si rivolse al Consiglio della Magistratura militare chiedendo una indagine sull'inspiegabile distribuzione - a così tanti anni di distanza - di fascicoli concernenti crimini di guerra che risalivano al 1943-1945, sui quali peraltro compariva stampigliata la inusuale dicitura "Archiviazione provvisoria".

L'indagine venne avviata e alla fine si scoprì che centinaia di fascicoli processuali
su crimini di guerra commessi dai nazifascisti erano stati per quasi cinquant'anni artatamente e illegalmente occultati per motivi di opportunità politica, e con il beneplacito di più di un governo della Repubblica, impedendo in tale modo l'incriminazione dei responsabili e che venisse fatta giustizia.

Per gentile concessione dell'Istituto Ligure per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea (che l'ha pubblicata sulla rivista "Storia e Memoria", n. 2, 1998) riproduciamo la versione integrale della Relazione conclusiva sull'indagine svolta, anticipandone alcuni dei passaggi più significativi accompagnati dalle considerazioni espresse dallo storico Lutz Klinkhammer e dal Procuratore Antonino Intelisano, presidente dell'Associazione nazionale magistrati militari.

"[...] nell'estate 1994 in un locale di palazzo Cesi in via degli Acquasparta 2 in Roma, sede degli uffici giudiziari militari di appello e di legittimità, veniva rinvenuto un vero e proprio archivio di atti relativi a crimini di guerra del periodo 1943-1945".

"[...] Già ad un primo sommario esame ci si era resi conto che il materiale rinvenuto era piuttosto scottante, in quanto in gran parte costituito da denunce e atti di indagine di organi di polizia italiani e di Commissioni di inchiesta anglo-americane sui crimini di guerra; documentazione che risultava raccolta e trattenuta in un archivio, invece di essere stata a suo tempo inviata ai magistrati competenti per le opportune iniziative e l'esercizio dell'azione penale".

[...] Se si ritiene, tuttavia, che nell'illegalità delle determinazioni della Procura Generale Militare non possano che essere confluiti motivi di opportunità politica, in un certo senso una superiore ragione di Stato, dal carteggio acquisito se ne può desumere una puntuale definizione. Verso la fine del 1956 un Procuratore Militare si era rivolto all'Autorità di Governo per un'ennesima istanza di estradizione, da presentare al Governo della Repubblica Federale di Germania. [...] il Ministro degli Esteri [Gaetano Martino, ndr] con nota del 10 ottobre 1956 diretta al Ministro della Difesa [Paolo Emilio Taviani, ndr] riguardante proprio l'estradizione ipotizzata dal Procuratore Militare, nell'esporre i vari argomenti contrari all'iniziativa, tra l'altro chiaramente si soffermava sui non trascurabili "... interrogativi (che) potrebbe far sorgere da parte del Governo di Bonn una nostra iniziativa che venisse ad alimentare la polemica sul comportamento del soldato tedesco. Proprio in questo momento infatti tale Governo si vede costretto a compiere presso la propria opinione pubblica il massimo sforzo, allo scopo di vincere la resistenza che incontra oggi in Germania la ricostruzione di quelle Forze Armate, di cui la N.A.T.O. reclama con impazienza l'allestimento". E pienamente adesiva era poi la nota di risposta del Ministro della Difesa in data 29 ottobre 1956".
(dalla "Relazione approvata dal Consiglio della Magistratura Militare in data 23 marzo 1999")

"[...] Nel Trattato di pace l'Italia si impegnava ad assicurare l'arresto e la consegna delle persone accusate di avere ordinato e commesso crimini di guerra. Questa clausola del Trattato di pace non fu mai applicata perché le più alte autorità statali italiane concordarono che le richieste di estradizione non dovevano essere accolte e che nemmeno davanti alla Magistratura italiana dovevano essere celebrati processi di questo tipo. I due problemi sono ben connessi e si può anche trovare un documento nel quale il Procuratore Militare dott. Borsari sosteneva (cito testualmente) che "i processi contro i presunti criminali italiani si svolgerebbero, contemporaneamente a quelli dei presunti criminali tedeschi, da parte dei tribunali Militari italiani e poiché le accuse che muoviamo contro i criminali tedeschi sono quelle che gli iugoslavi portano contro gli italiani, ne consegue che facendo i processi contro i tedeschi - e in particolare quello contro Kappler - noi daremmo un'arma pericolosa in mano agli iugoslavi". Borsari concluse dichiarandosi contrario all'inizio dei processi contro criminali italiani da parte della Magistratura militare. Così è successo, e tutte le richieste di estradizione furono negate".
(intervento di Lutz Klinkhammer al Convegno "Colpevole impunità. Lo scandaloso insabbiamento dei processi per le stragi naziste in Italia")

" Si tratta di una decisione, alias insabbiamento, sostanzialmente perdonista, adottata - come è accaduto per altre vicende - al di fuori di ogni regola, per una supposta ragion di Stato, slegata da ogni procedura e dai controlli della pubblica opinione".
(dichiarazione rilasciata dal Procuratore Antonino Intelisano, presidente dell'Associazione nazionale magistrati militari, ai giornalisti Alessandro De Feo e Franco Giustolisi, in Cinquant'anni di insabbiamenti, "L'Espresso", 27 maggio 1999.)

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