Da: Sandro Antoniazzi
Inviato: venerdì 2 maggio 2008 9.25
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Oggetto: Una riflessione sul libro di Mancuso

 

 

Carissima,

 

penso opportuno mettere a fuoco le mie idee dopo la recente riunione del gruppo;  riunione che a me è stata molto utile proprio per avere uno sguardo più completo e più verificato del mio modo di vedere.

Ho letto il libro di Mancuso, due volte, penso senza preclusioni e anzi con un atteggiamento favorevole.

Se ci si attiene allo scopo dichiarato dall’ autore e cioè di rivolgersi ad una coscienza laica, penso che il libro abbia raggiunto il suo scopo: quello di introdurre al tema dell’ immortalità e quindi del divino,  usando esclusivamente  lo strumento della ragione.

La parte sui novissimi (inferno, purgatorio, paradiso,) costituisce una problematica più complessa. Ha fatto bene Mancuso ad affrontarla, in quanto la Chiesa è in proposito ancorata a vecchie elaborazioni e ufficialmente si attiene agli ultimi decreti conciliari che sono quelli del Concilio di Trento. (A riguardo Mancuso è a volte impietoso: è come sparare sulla Croce Rossa). La ricerca teologica è molto più avanti, ma non è stata ancora formalmente recepita.

Nel merito poi delle cose sostenute da Mancuso alcune mi sembrano condivisibili, altre mi lasciano alquanto dubbioso. Probabilmente pesa il fatto che anche in questo caso l’ autore affronta la problematica col solo strumento razionale, che personalmente mi sembra insufficiente per l’ordine delle questioni affrontate (e su cui il pensiero religioso universale ha espresso molto).

Fin qui, almeno nelle linee generali, non vedo motivi di disaccordo. Dove emergono allora i punti di vista diversi emersi l’altra sera?

Esprimo come personalmente vedo il problema.

Il cristianesimo, ma già il popolo ebraico nell’ Antico Testamento, ritiene che vi siano due modi di conoscere Dio, attraverso la Creazione e attraverso la sua Parola (la Rivelazione).

La Creazione è un modo immediato, è soprattutto un’esperienza: il creato rimanda al Creatore.

Ma questa via è un po’ come un’introduzione, un primo stadio, consente a tutti di avvertire l’esistenza di Dio.

Per i cristiani  (ma già per il popolo ebraico: la storia sacra), l’ altra via è certamente la via maestra: è Dio che parla agli uomini, che comunica se stesso, che comunica suo Figlio.

Qui sta il nodo della questione.

Si può e si deve continuare a esplorare la prima via, quella della creazione, come fanno gli evoluzionisti (il cui indiscusso maestro è Theillard de Chardin) o come fanno, molto più della Chiesa Cattolica, le religioni orientali, purchè sia chiaro che per il Cristianesimo l’altra via , quella della Rivelazione è la via più alta , la via (come veniva chiamata nei primi secoli) che esprime la pienezza di relazione con Dio.

Quando Mancuso sostiene  in sostanza che a lui basta la creazione e può fare a meno della Rivelazione, se è un modo per presentarsi in modo razionale alla coscienza laica passi, ma dal punto di vista cristiano non è accettabile.

Poiché Mancuso si ferma alla prima delle due forme di conoscenza e di rapporto con Dio, a un cristiano questa visione non può che apparire chiaramente inadeguata.

E’ probabile che la tua esperienza e quella di altri  vi facciano trovare assonanze e convergenze con il discorso dell’ autore, proprio perché le religioni orientali di più valorizzano quel percorso (Anche se l’ autore fedele ad un rigoroso metodo razionale non parla di culture orientali. Ma è il versante su cui ragiona, quello della creazione, che stimola coincidenze e prossimità).

Ma per quanto si possa valorizzare quella strada, occorre aver presente in modo esplicito che le strade sono due, perché esiste  quella della Rivelazione.

E’ accettabile anche il sincretismo , ma nella distinzione. Questo ad esempio è molto chiaro in Theillard de Chardin, secondo cui le due strade convergono in Cristo, ma alla fine.

Sarebbe un errore, penso, fondere tutto in un’unica strada. La creazione e l’evoluzione ci aprono a Dio, ma Dio ci ha parlato, ha condiviso la nostra vita e ci propone una strada spirituale che è la comunione con lui e con tutti, anche con tutta la storia e con tutte le cose (non perché sono Dio o sono di per sé spirituali, ma perché sono in ultima istanza sue opere e perché possono assumere un valore spirituale).

La comunione, il Regno di Dio, è già in atto, è una realtà. Dobbiamo viverla, fare in modo che entri dentro di noi pienamente, tutti i giorni, in tutti i nostri rapporti.

E’ questo, almeno per me, lo sforzo spirituale personale, che parte dalla Parola di Dio e dalla chiesa (germe e principio di comunione)  per allargarsi senza confini (la comunione comprende tutto ciò che c’è di buono al mondo, da qualunque parte provenga).

Ho cercato di esprimere il più chiaramente possibile il mio modo di vedere e l’ ho messo per iscritto in modo che sia tu che le amiche e gli amici del gruppo possano confrontarsi e a loro volta prendere la parola.

Un abbraccio,

Sandro