Ho letto il commento alla
I Tessalonicesi e mi permetto di fare una riflessione personale sul senso
cristiano della parola tribolazione.
È certamente vero che
capiti che l’annuncio del Vangelo (che non può essere solamente verbale, ma
primariamente esistenziale) richieda anche di dover prendere posizioni che
attirino la contrarietà di chi viene in contatto con noi. Contrarietà che può
arrivare anche alla persecuzione. È però anche vero che questa situazione non è
prerogativa dei soli cristiani. Spesso, lo sappiamo benissimo, sono stati
perseguitati anche i non cristiani (a volte persino dai cristiani).
Se le tribolazioni (tribolazione: grave e penosa sofferenza
fisica o morale. Dal dizionario italiano Oli – Devoto) sono l’insieme degli
ostacoli, dei mali e degli avvenimenti contrari che incontriamo nella nostra
vita, occorre convenire che tutto ciò non è specificità dei soli cristiani, ma
di ogni uomo/donna chiamati all’esistenza. Addirittura tutti gli esseri viventi
“tribolano”, siano essi vegetali o animali più o meno pensanti.
Ciò che distingue quindi
non è la tribolazione in sé, ma il modo con cui la si pensa, la si affronta e
la si vive.
Nel libro di Giobbe
In Dt 8,
La vita di chi ascolta
Un’ultima cosa: la
tribolazione non è la tentazione; è solo una prova ed è nella prova che possiamo essere tentati e superiamo la tentazione
solo se, nella prova, ci affidiamo al Suo Amore ed alla Sua Fedeltà. Se poi ci
capita (spesso?) di cadere nella tentazione, abbiamo ancora un’ancora cui
aggrapparci:
Un caro saluto a tutti
Gabriele