Se pensiamo alle prime comunità, descritte dagli Atti, sembra impossibile riviverle, soprattutto nella condivisione dei beni. Forse allora era più facile perché erano in pochi, poveri, perseguitati e con lo Spirito che spingeva!
Io vivo la comunità come accoglienza ed apertura agli altri e con la partecipazione ad iniziative assieme. Vale per Comunità e Lavoro, per il Gruppo di San Donato e per Quintosole.
Mi sembra che le tre virtù si possano vivere personalmente in qualsiasi ambiente; sarebbe certo più facile se il credo fosse condiviso e vissuto assieme, però le prime comunità sono riuscite a viverle in un mondo ostile ed a vincere l’ostilità.
Oggi nessuno ci perseguita, ma si accorge che siamo cristiani, che viviamo fede, speranza e carità?
Sono certo che il vangelo abbia la forza di cambiare le persone ed i rapporti fra le persone.
L’annuncio dovrebbe essere la conseguenza del comportamento, come risposta alla domanda: perché ti comporti così? (a me non l’ha mai chiesto nessuno!).
Credo comunque anche che chi fa qualcosa è Dio, noi siamo servi inutili.
Mi sta andando tutto bene. Di tribolazioni ne ho avute poche; soprattutto non no ho avute per il fatto di essere cristiano. Mi riesce difficile pensare che nella nostra società uno possa essere perseguitato perché aderisce a Cristo, ossia perché ama il prossimo e ricambia il male con il bene. Capisco il male fatto dagli uomini, che Cristo ha subito e ci chiede di accettare e credo che accettandolo e ricambiando con il bene il Regno di Diò di stabilirà.
Ma il male non viene solo dagli uomini.
Quando penso alla tribolazione, penso soprattutto alle malattie inguaribili, ai disastri naturali: di questo male non sono ancora riuscito a assimilare una ragione cristiana.
Abbiamo un’idea del senso cristiano del lavoro, del senso positivo che il cristianesimo attribuisce al lavoro?
Penso che il lavoro permetta di esprimere te stesso: qualsiasi lavori tu faccia (casalinga, spazzino, imprenditore) devi dare il meglio di te perché è espressione di te. Non posso credere che faccia senza impegno il tuo lavoro e poi faccia bene il marito. Questo vale anche se non sei cristiano.
Se sei cristiano ci metti anche l’attenzione ai colleghi e uno spirito di servizio che probabilmente non avresti.
Il desiderio è di fare progressi verso la santità. L’esperienza è di fare passi avanti e passi indietro.
La cosa forse più difficile per me è lasciar fare al Signore. Concretamente vivo come se tutto dipendesse da me.
Però è anche bello saper di dover fare tanta strada: se uno è già al top, come fa a migliorare?
10 novembre 2009