È Paolo che scrive (2,18) alla chiesa di Tessalonica a nome anche degli altri apostoli Silvano e Timoteo. Questa comunità, fondata da Paolo sta diffondendosi, sotto l’effetto dello S. Santo, in tutta la regione della Macedonia e dell’Acacia.

Se da una parte Paolo riconosce loro gli innumerevoli frutti della loro fede dall’altra insiste continuamente con raccomandazioni, esortazioni, e precisazioni sulla nuova dottrina del Vangelo di Cristo. L’entusiasmo iniziale nell’abbracciare il Vangelo rischia di svanire nel tempo se non affonda le sue radici. L’uomo nuovo è nato ma ha bisogno di crescere e consolidarsi, e questo non avviene automaticamente. Paolo conosce per esperienza personale quanto siano innumerevoli le prove, e altrettanto le fragilità (faccio il male che non voglio…).

In questa lettera ci sono due temi interessanti: le virtù teologali -fede, speranza e carità- (5,8) e la composizione della persona in spirito anima e corpo. Io partirò dal secondo per arrivare poi al primo.

L’idea corrente che si fa dell’essere umano è dualista: egli è anima e corpo. Anche nell’ambiente cristiano, tra cui mi ci metto anch’io, questo dualismo è rimasto più che radicato. Eppure la Bibbia non confonde mai i due termini di spirito e anima come fossero sinonimi. Paolo è ancora più radicale parlando della Parola di Dio:“….Essa  è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito…” Eb.4,12

Una giovane fanciulla di 2.000 anni fa spontaneamente li sapeva riconoscere bene dentro di lei:

l’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio salvatore…”. 

Ora torniamo alla conclusione della nostra lettera che termina con la seguente preghiera:

“Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!” 5, 23-24.

Come è possibile che Dio mi santifichi interamente se ho in me uno spirito rachitico a tal punto che lo confondo con la mia anima, cioè da ciò che viene da me? Col Battesimo ho sì ricevuto uno spirito nuovo, ma, come ho detto sopra, sta a me nutrirlo perché cresca e diventi adulto, io invece non riesco neanche a riconoscerlo. Il mio vecchio uomo me lo nasconde inglobandolo in un’anima pia, facendomi credere così di essere un uomo nuovo. Della relazione con Dio, tutto ciò che io dico e faccio per lui (le buone intenzioni dell’anima) continua ad avere il dominio su quello che lui vuol dire a me (dal suo Spirito al mio spirito): tali sono i canali di trasmissione. È una paranoia se ti trovi di fronte a qualcuno che continua a parlare senza che ti lasci il pallino; provate ad immaginare come sia difficile per Dio far passare la sua santità in una persona del genere. Se Dio non riesce a parlarci perché diciamo tutto noi, altrettanto non scopriamo la sua azione, non lo possiamo ringraziare e le pratiche religiose diventano dei doveri pesanti.

Quando hai finito di riempire il solaio di cose vecchie e finite delle tue storie passate, a tal punto che la tua intelligenza non te le fa più visitare perché ha rinunciato ad inventariarle, ecco che un giorno, una mano ti conduce tra quelle stesse cose e te le fa vedere in modo non diverso ma nuovo: la conoscenza intuitiva del tuo spirito le rivede come elementi importanti per un progetto divino a cui sei chiamato a realizzare: “alzati e va..!”. Ora sai cosa fare, quelle cose morte alla tua intelligenza (anima) parlano al tuo spirito che le consegna di nuovo all’intelligenza per allargarne l’orizzonte, per condurti alla conoscenza della verità totale.

Solo così le nostre“anime in pena” trovano finalmente il Dio della pace. La nostra persona (spirito, anima e corpo), se conservata perfetta come ce l’ha di nuovo consegnata, realizza in noi la sua santità e per mezzo dello Spirito Santo ci mette in comunione con lui nell’attesa della venuta del Signore nostro Gesù Cristo.

Questa è la nostra speranza a cui siamo chiamati ad alzarci ed andare verso.

Paolo ci dice che la fede, in colui che ci chiama prendendoci per mano, è degna. Quando incominci a camminare per fede tutto il terreno su cui cammini ti sembra instabile e i dubbi sorgono in ogni momento(3,5), per questo ti occorre un maestro che da dietro (vedi Paolo) ti sostenga come un padre (2,11) e rincuori come una madre(2,7).

La carità è offrire la nostra persona a Dio per farne uno strumento della sua santità che abbraccia tutti(3,12): “In te (per la tua fede) saranno benedette tutte le nazioni della terra”.

Graziano