Ospitare - migranti

Milano, 7 Febbraio 2007
 

OSPITARE

Viviamo in una realtà piena di stimoli che riguardano l'attuale fenomeno migratorio in Italia. Prima che la sociologia ci informi sui dati ufficiali ci accorgiamo che la badante della vicina di casa, la macelleria islamica del quartiere, la nuova moschea del paese, il compagno di classe cinese del figlio alle elementari, l'etiope nel gruppo adolescenti della parrocchia, la famiglia rom con il permesso di soggiorno che cerca casa e molti altri fatti del quotidiano ci parlano con naturalezza e costanza di cosa possa significare oggi migrare in Italia.

E poi è sufficiente leggere il giornale, vedere e ascoltare la televisione per accorgerci che di stranieri si parla tanto…ci piacerebbe tentare di affrontare quest'argomento in modo diverso dal solito.

Proviamo a partire da due sollecitazioni. La prima ricevuta da un amico straniero che alla domanda "cosa chiederesti agli italiani?" ha risposto "chiederei ascolto, l'ascolto quotidiano…non so se è possibile, forse è un cambio culturale…quando arriva uno straniero da noi in Cile uno è così ncuriosito che poi lo ospita, la gente lo ospita volentieri, lo accoglie…qui a Milano è un po' difficile..". La seconda ollecitazione deriva dalla lettura di un'intervista a Enzo Bianchi: "E' straniero chi è differente da noi per religione, per etica , soprattutto per etica temo io, per consuetudine e costumi. Questo ci spaventa: lo straniero diventa nemico prima che entri in dialogo con noi, prima di essere conosciuto. Al suo apparire all'orizzonte è davvero l'hostis latino, il nemico, mentre dovremmo renderlo hospes, ospite. Non accogliere la diversità è uno dei grandi mali del nostro tempo".


INTERROGHIAMOCI
1. chi sono gli stranieri che incontro nella mia vita quotidiana (lavoro, condominio, quartiere, parrocchia…)?
2. quali sentimenti mi portano ad avere un atteggiamento accogliente nei confronti di chi è straniero?quali un atteggiamento di chiusura?
3. Diceva il Cardinal Martini: "immigrazione come ultimo campanello d'allarme della provvidenza per cambiare vita, per aprirsi all'altro per capire la ricchezza che c'è nell'altro e per costruire una società nuova e diversa"; cosa ne pensi?


In Ascolto della Parola

Quali caratteristiche manifesta l'ospitalità secondo il Vangelo? Accogliendo il Cristo, la Chiesa non può vivere senza manifestare concretamente - negli atteggiamenti quotidiani e nella riflessione - un amore accogliente.

Dal Vangelo secondo Luca 7,44 - 48
E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco". Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati".


Confrontiamoci

Perdono, misericordia, benevolenza sono tratti particolarmente ricorrenti nel Vangelo di Luca. Ricordiamo tutti le pagine del buon Samaritano, del buon ladrone, del figlio prodigo, di Zaccheo, pagine il cui protagonista è Dio Padre ricco di misericordia, rivelato e testimoniato dai gesti di accoglienza e perdono di Gesù. In particolar modo perdono e misericordia possono essere visti come le due facce della stessa medaglia, che è l'amore che "tutto copre, tutto spera, tutto sopporta", facendosi sempre di nuovo largo nel cuore dell'uomo per liberarlo dal sospetto e dalla paura di un Dio cattivo e nemico dell'uomo e invidioso della sua felicità.
Una modalità molto laica per esprimere questa capacità di accoglienza, quale linguaggio universale dell'amore, è l'ospitalità, intesa come disponibilità discreta, gratuita, attenta a far spazio a chi bussa, solo perché bussa, senza altri titoli di merito. Una comunità cristiana capace di praticare questo linguaggio dell'ospitalità oggi assume un volto profetico, poiché è molto più diffusa l'esperienza della diffidenza, del sospetto e del pregiudizio. In una parola oggi è più facile aver paura e diventare così inospitali. Così dice uno studioso, Giancarlo Zizola, a proposito dell'oggi: "La paura segna l'alba del nuovo secolo".
Ma paura di che cosa?
In alcuni casi, si tratta di una paura generata da situazioni di reale difficoltà: si pensi alla crisi economica con le sue conseguenze sul piano lavorativo, al rischio della catastrofe ambientale, al frantumarsi delle relazioni familiari. Spesso, però, c'è una paura alimentata "ad arte". Un caso su tutti: lo spettro dello scontro di "civiltà". Si giunge, oggi, a generare paura nei confronti dell'altro perfino in nome della croce, quasi che la nostra fede potesse impedirci di accogliere l'altro e dovesse solo essere difesa da una minaccia esterna.
A fronte di ciò riscopriamo le radici di un amore che si rivela nell'ospitalità.
Una delle prime immagini della Storia della Salvezza ci presenta Abramo, il padre della fede cui guardano ebrei, cristiani e musulmani, che compie un gesto di grande ospitalità. Vede tre uomini spuntare in lontananza, si alza, lasciando la sicurezza del riparo d'ombra delle Querce di Mamre, corre verso di loro, li prega di restare, offre loro da mangiare e acqua per lavare i piedi stanchi. Abramo, che ha accolto la voce di Dio e fidandosi di Lui ha lasciato la sicurezza della sua terra, sperimentando così la condizione di ospite e straniero, sa accogliere l'Ospite misterioso che lo visita nelle sembianze dei tre messaggeri. "Avendogli Dio confidato il proprio Disegno, il cuore di Abramo è in sintonia con la compassione del Signore per gli uomini" (Catechismo Chiesa Cattolica n°257)
Questa disposizione ad accogliere l'altro, così radicata nell'Antico Testamento è presente anche nel Nuovo: pensiamo alla sollecitudine di Maria che si fa ospite della cugina Elisabetta, a Marta e Maria che ospitano il Signore, esempi paradigmatici a cui guardare al di là di ogni sospetto.
Ospitare è, però, anche qualcosa che va oltre l'atto di accogliere uno in casa: il tempo, i luoghi di vita e di lavoro, le relazioni interpersonali possono diventare spazi incontaminati di ospitalità.
E chi accoglie Cristo, non può che essere in sintonia con Lui, che prima di tutto si fa incontro all'uomo, come amore accogliente. A proposito il testo di Luca ci offre alcune indicazioni per definire gli atteggiamenti quotidiani dell'ospitalità:
1. La sollecitudine di chi va incontro e muove il primo passo: Gesù è stato invitato da Simone, ma è la peccatrice il vero ospite: è lei che accorre dal Signore e gli lava i piedi con le lacrime. Anche gli errori commessi sono occasione per diventare ospitali e per essere ospitati.
2. Il rispetto della dignità di ogni persona senza pregiudizi. Gesù non ha preclusioni nei confronti della donna: sa accogliere, ascoltare, apprezzare il suo grande amore. E si fa prossimo del suo bisogno di perdono. E' solo dal rispetto che può nascere la fiducia.


3. Misericordia e perdono. Sono la cifra e la ricchezza del cristianesimo. Non è facile ospitare il diverso da noi in tutte le dimensioni. Nelle persone ci sono spesso aspettative, desideri, condizioni che non riusciamo a cogliere nella fretta che la vita quotidiana ci impone. Eppure la diversità va accolta per quella che è con spirito di carità. Così la Chiesa accoglie e vuole offrire perdono anche in ciò che sembra temporaneamente perduto o lontano.
La G.S. al n° 28 ricorda che il rispetto e l'amore "deve estendersi pure a coloro che pensano od operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un dialogo". Ricorda anche che "occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiato da false o insufficienti nozioni religiose. Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori".

Lasciamoci ora interrogare dalle parole del Prof. Paolo Bonetti (docente di Diritto Costituzionale Università di Milano-Bicocca) che durante un intervento ad una 2gg degli adulti-giovani sul tema dell'immigrazione diceva:
"Se siamo qui è perché un briciolo di fede ce l'abbiamo e il Padre Eterno guida le società, che ci crediamo o no, e se io guardo 30 anni senz'altro qualcosa è già cambiato sull'immigrazione. Siamo passati dal no al quale, quanto…che è il modo giusto, diciamo. Approfitto per dire che come Chiesa e come credenti dobbiamo fare enormi passi avanti…visto che si tratta di un'associazione ecclesiale, l'unico modo che abbiamo come Chiesa è di rimettere in discussione la nostra lettura dell'immigrazione di fronte alla Parola di Dio. Se noi continuiamo a ragionare, come si fa nella grande maggioranza delle strutture ecclesiali, di immigrazione sotto il profilo intervento assistenziale e caritativo, che è occuparsi dei nuovi arrivati, dei bisogni, di tutto il resto ci si dimentica…che ormai tutto il resto è un'enormità. E non ci occupiamo invece di come si convive…
Ricordate, nella Parola di Dio c'è questa duplicità: straniero come persona potenzialmente bisognosa ma c'è anche straniero come immagine dell'uomo, il migrante è l'immagine di noi, tutti noi siamo stranieri. Credo abbiate presente un partito politico che nell'anno del giubileo tappezzò Milano dicendo "padroni a casa nostra", questo è quanto di più di anti-cristiano esista, non siamo padroni, perché questa non è casa nostra. Da credenti non è casa nostra; siamo amministratori di qualcosa che ci è stato consegnato da qualcun'altro. Il giubileo è la remissione in comune della terra che è stata data da Dio a tutti. Ma siamo pronti a questo?
Io ho l'impressione, dato che stavamo parlando di cultura che anche il cristianesimo sta perdendo l'anima da questo punto di vista, non il cristianesimo, i cristiani vedono la minaccia e non guardano all'opportunità. Diceva il cardinal Martini: "immigrazione e'l'ultimo campanello d'allarme della provvidenza per cambiare vita, per aprirsi all'altro, per capire la ricchezza che c'è nell'altro e per costruire una società nuova e diversa. ... La mia impressione è che o la Chiesa, i cristiani ritornano a essere il lievito nella pasta o la pasta non lievita.
Perché tante comunità ecclesiali, tante parrocchie, tanti movimenti continuano a pensare che il problema è noi e loro e non tutti insieme?..."


Ed ora potremmo provare a chiederci:
1. quali scelte concrete come persone, società e come comunità cristiana potrebbero esprimere l'ospitalità verso gli stranieri? Quali per cogliere l'invito del Cardinal Martini a cambiare vita?

FILM A TEMA
NUOVOMONDO
di Emanuele Crialese
Leone d'Argento 2006


IL FILM: Sicilia. Inizi del Novecento. Una decisione cambierà la vita di una famiglia intera: lasciarsi il passato alle spalle e iniziare una vita nuova nel Nuovo Mondo. Salvatore vende tutto: la casa, la terra, gli animali, per portare i figli e la vecchia madre dove ci sarà più lavoro e più pane per tutti. Un'atmosfera sottile ed allo stesso tempo fitta di mistero avvolge l'intero viaggio. Dai riti prima della partenza, alle cure che Donna Fortunata, la madre di Salvatore, riserva agli abitanti del villaggio affetti da strane patologie, riconducibili ad arcane presenze e spiriti , che da sempre accompagnano la vita dei contadini siciliani. Esseri viventi che convivono con le anime dei morti, non sempre soddisfatte delle decisioni dei vivi: perché abbandonare la propria terra, per andare a vivere in un posto che non appartiene, non è mai appartenuto e non apparterrà mai alla propria famiglia?


LE RECENSIONI: "Di fronte a Nuovomondo, visto che siamo in Sicilia, mi è affiorato il ricordo della scritta sul portale del cimitero di Montelepre: "Fummo come voi, sarete come noi". E ho pensato ai clandestini di colore, angosciose presenze negli sbarchi quotidiani del tiggì, potrebbero ribaltare il motto in chiave di speranza: "Foste come noi, saremo come voi". Fra altri cento anni, Bossi permettendo, i figli ed i nipoti di questi miserabili potrebbero trovarsi infatti alla pari con quelli che stentano ad accoglierli, proprio come gli odierni italoamericani. E fra i paradossi della contemporaneità mettiamoci pure la constatazione che, mentre a suo tempo i Siciliani fuggivano dalla loro isola per cercare scampo in America, oggi c'è chi vede la Sicilia come una nuova America. È questa la chiave per intendere la valenza attuale del film di Emanuele Crialese, che non vuol essere una rievocazione storica o una cronaca neorealistica, bensì il rispecchiamento del fatale andare dell'uomo dal Medioevo alla Modernità […] Dopo molti anni, è tornata sullo schermo del Lido la "lingua dei poveri" di "La terra trema", il dialetto incomprensibile che suscitò la rivolta dei benpensanti nel 1948. Se non avessero assegnato a Crialese il Leone d'Argento, per la novità ed il respiro del suo film, ci si sarebbe dovuti inventare in onor suo, su due piedi, un premio Luchino Visconti" (Tullio Kezich, Corriere della Sera).
"Nuovomondo di Emanuele Crialese, già autore del fortunato Respiro, chiude il concorso della 63° Mostra del Cinema tra gli applausi. […] Il film ripercorre il viaggio di una famiglia siciliana all'inizio del Novecento verso la tanto sognata America, terra di speranza e salvezza. Lo sguardo di Crialese è aperto e attento a definire le sensazioni, i desideri e le paure di uomini che provano a cambiare il loro destino andando incontro a qualcosa di veramente ignoto e lontano. Un film intelligente, che non si ferma solo a ricostruire nostalgicamente atmosfere passate, ma che mantiene sempre la stessa sensibilità nel mostrare le dinamiche relazionali tra uomini e donne, senza nasconderne i limiti e le paure. […]" (Matteo Mazza, fuorischermo.net)

Durata: 115'
Interpreti: Charlotte Gaisbourg, Vincenzo Amato.
Musiche: Antonio Castrignanò Fotografia: Agnes Godard
Costumi: Mariano Tufano Scenografie: Carlos Conti

 
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