OSPITARE
Viviamo
in una realtà piena di stimoli che riguardano l'attuale fenomeno
migratorio in Italia. Prima che la sociologia ci informi sui dati
ufficiali ci accorgiamo che la badante della vicina di casa, la
macelleria islamica del quartiere, la nuova moschea del paese, il
compagno di classe cinese del figlio alle elementari, l'etiope nel
gruppo adolescenti della parrocchia, la famiglia rom con il permesso
di soggiorno che cerca casa e molti altri fatti del quotidiano ci
parlano con naturalezza e costanza di cosa possa significare oggi
migrare in Italia.
E
poi è sufficiente leggere il giornale, vedere e ascoltare
la televisione per accorgerci che di stranieri si parla tanto
ci
piacerebbe tentare di affrontare quest'argomento in modo diverso
dal solito.
Proviamo
a partire da due sollecitazioni. La prima ricevuta da un amico straniero
che alla domanda "cosa chiederesti agli italiani?" ha
risposto "chiederei ascolto, l'ascolto quotidiano
non
so se è possibile, forse è un cambio culturale
quando
arriva uno straniero da noi in Cile uno è così ncuriosito
che poi lo ospita, la gente lo ospita volentieri, lo accoglie
qui
a Milano è un po' difficile..". La seconda ollecitazione
deriva dalla lettura di un'intervista a Enzo Bianchi: "E' straniero
chi è differente da noi per religione, per etica , soprattutto
per etica temo io, per consuetudine e costumi. Questo ci spaventa:
lo straniero diventa nemico prima che entri in dialogo con noi,
prima di essere conosciuto. Al suo apparire all'orizzonte è
davvero l'hostis latino, il nemico, mentre dovremmo renderlo hospes,
ospite. Non accogliere la diversità è uno dei grandi
mali del nostro tempo".
INTERROGHIAMOCI
1. chi sono gli stranieri che incontro nella mia vita quotidiana
(lavoro, condominio, quartiere, parrocchia
)?
2. quali sentimenti mi portano ad avere un atteggiamento accogliente
nei confronti di chi è straniero?quali un atteggiamento di
chiusura?
3. Diceva il Cardinal Martini: "immigrazione come ultimo campanello
d'allarme della provvidenza per cambiare vita, per aprirsi all'altro
per capire la ricchezza che c'è nell'altro e per costruire
una società nuova e diversa"; cosa ne pensi?
In Ascolto della Parola
Quali
caratteristiche manifesta l'ospitalità secondo il Vangelo?
Accogliendo il Cristo, la Chiesa non può vivere senza manifestare
concretamente - negli atteggiamenti quotidiani e nella riflessione
- un amore accogliente.
Dal
Vangelo secondo Luca 7,44 - 48
E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna?
Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi;
lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati
con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando
sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso
il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.
Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché
ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco".
Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati".
Confrontiamoci
Perdono,
misericordia, benevolenza sono tratti particolarmente ricorrenti
nel Vangelo di Luca. Ricordiamo tutti le pagine del buon Samaritano,
del buon ladrone, del figlio prodigo, di Zaccheo, pagine il cui
protagonista è Dio Padre ricco di misericordia, rivelato
e testimoniato dai gesti di accoglienza e perdono di Gesù.
In particolar modo perdono e misericordia possono essere visti come
le due facce della stessa medaglia, che è l'amore che "tutto
copre, tutto spera, tutto sopporta", facendosi sempre di nuovo
largo nel cuore dell'uomo per liberarlo dal sospetto e dalla paura
di un Dio cattivo e nemico dell'uomo e invidioso della sua felicità.
Una modalità molto laica per esprimere questa capacità
di accoglienza, quale linguaggio universale dell'amore, è
l'ospitalità, intesa come disponibilità discreta,
gratuita, attenta a far spazio a chi bussa, solo perché bussa,
senza altri titoli di merito. Una comunità cristiana capace
di praticare questo linguaggio dell'ospitalità oggi assume
un volto profetico, poiché è molto più diffusa
l'esperienza della diffidenza, del sospetto e del pregiudizio. In
una parola oggi è più facile aver paura e diventare
così inospitali. Così dice uno studioso, Giancarlo
Zizola, a proposito dell'oggi: "La paura segna l'alba del nuovo
secolo".
Ma paura di che cosa?
In alcuni casi, si tratta di una paura generata da situazioni di
reale difficoltà: si pensi alla crisi economica con le sue
conseguenze sul piano lavorativo, al rischio della catastrofe ambientale,
al frantumarsi delle relazioni familiari. Spesso, però, c'è
una paura alimentata "ad arte". Un caso su tutti: lo spettro
dello scontro di "civiltà". Si giunge, oggi, a
generare paura nei confronti dell'altro perfino in nome della croce,
quasi che la nostra fede potesse impedirci di accogliere l'altro
e dovesse solo essere difesa da una minaccia esterna.
A fronte di ciò riscopriamo le radici di un amore che si
rivela nell'ospitalità.
Una delle prime immagini della Storia della Salvezza ci presenta
Abramo, il padre della fede cui guardano ebrei, cristiani e musulmani,
che compie un gesto di grande ospitalità. Vede tre uomini
spuntare in lontananza, si alza, lasciando la sicurezza del riparo
d'ombra delle Querce di Mamre, corre verso di loro, li prega di
restare, offre loro da mangiare e acqua per lavare i piedi stanchi.
Abramo, che ha accolto la voce di Dio e fidandosi di Lui ha lasciato
la sicurezza della sua terra, sperimentando così la condizione
di ospite e straniero, sa accogliere l'Ospite misterioso che lo
visita nelle sembianze dei tre messaggeri. "Avendogli Dio confidato
il proprio Disegno, il cuore di Abramo è in sintonia con
la compassione del Signore per gli uomini" (Catechismo Chiesa
Cattolica n°257)
Questa disposizione ad accogliere l'altro, così radicata
nell'Antico Testamento è presente anche nel Nuovo: pensiamo
alla sollecitudine di Maria che si fa ospite della cugina Elisabetta,
a Marta e Maria che ospitano il Signore, esempi paradigmatici a
cui guardare al di là di ogni sospetto.
Ospitare è, però, anche qualcosa che va oltre l'atto
di accogliere uno in casa: il tempo, i luoghi di vita e di lavoro,
le relazioni interpersonali possono diventare spazi incontaminati
di ospitalità.
E chi accoglie Cristo, non può che essere in sintonia con
Lui, che prima di tutto si fa incontro all'uomo, come amore accogliente.
A proposito il testo di Luca ci offre alcune indicazioni per definire
gli atteggiamenti quotidiani dell'ospitalità:
1. La sollecitudine di chi va incontro e muove il primo passo: Gesù
è stato invitato da Simone, ma è la peccatrice il
vero ospite: è lei che accorre dal Signore e gli lava i piedi
con le lacrime. Anche gli errori commessi sono occasione per diventare
ospitali e per essere ospitati.
2. Il rispetto della dignità di ogni persona senza pregiudizi.
Gesù non ha preclusioni nei confronti della donna: sa accogliere,
ascoltare, apprezzare il suo grande amore. E si fa prossimo del
suo bisogno di perdono. E' solo dal rispetto che può nascere
la fiducia.
3. Misericordia e perdono. Sono la cifra e la ricchezza del cristianesimo.
Non è facile ospitare il diverso da noi in tutte le dimensioni.
Nelle persone ci sono spesso aspettative, desideri, condizioni che
non riusciamo a cogliere nella fretta che la vita quotidiana ci
impone. Eppure la diversità va accolta per quella che è
con spirito di carità. Così la Chiesa accoglie e vuole
offrire perdono anche in ciò che sembra temporaneamente perduto
o lontano.
La G.S. al n° 28 ricorda che il rispetto e l'amore "deve
estendersi pure a coloro che pensano od operano diversamente da
noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché
con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro
modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare
un dialogo". Ricorda anche che "occorre distinguere tra
errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la
dignità di persona, anche quando è macchiato da false
o insufficienti nozioni religiose. Solo Dio è giudice e scrutatore
dei cuori".
Lasciamoci
ora interrogare dalle parole del Prof. Paolo Bonetti (docente di
Diritto Costituzionale Università di Milano-Bicocca) che
durante un intervento ad una 2gg degli adulti-giovani sul tema dell'immigrazione
diceva:
"Se siamo qui è perché un briciolo di fede ce
l'abbiamo e il Padre Eterno guida le società, che ci crediamo
o no, e se io guardo 30 anni senz'altro qualcosa è già
cambiato sull'immigrazione. Siamo passati dal no al quale, quanto
che
è il modo giusto, diciamo. Approfitto per dire che come Chiesa
e come credenti dobbiamo fare enormi passi avanti
visto che
si tratta di un'associazione ecclesiale, l'unico modo che abbiamo
come Chiesa è di rimettere in discussione la nostra lettura
dell'immigrazione di fronte alla Parola di Dio. Se noi continuiamo
a ragionare, come si fa nella grande maggioranza delle strutture
ecclesiali, di immigrazione sotto il profilo intervento assistenziale
e caritativo, che è occuparsi dei nuovi arrivati, dei bisogni,
di tutto il resto ci si dimentica
che ormai tutto il resto
è un'enormità. E non ci occupiamo invece di come si
convive
Ricordate, nella Parola di Dio c'è questa duplicità:
straniero come persona potenzialmente bisognosa ma c'è anche
straniero come immagine dell'uomo, il migrante è l'immagine
di noi, tutti noi siamo stranieri. Credo abbiate presente un partito
politico che nell'anno del giubileo tappezzò Milano dicendo
"padroni a casa nostra", questo è quanto di più
di anti-cristiano esista, non siamo padroni, perché questa
non è casa nostra. Da credenti non è casa nostra;
siamo amministratori di qualcosa che ci è stato consegnato
da qualcun'altro. Il giubileo è la remissione in comune della
terra che è stata data da Dio a tutti. Ma siamo pronti a
questo?
Io ho l'impressione, dato che stavamo parlando di cultura che anche
il cristianesimo sta perdendo l'anima da questo punto di vista,
non il cristianesimo, i cristiani vedono la minaccia e non guardano
all'opportunità. Diceva il cardinal Martini: "immigrazione
e'l'ultimo campanello d'allarme della provvidenza per cambiare vita,
per aprirsi all'altro, per capire la ricchezza che c'è nell'altro
e per costruire una società nuova e diversa. ... La mia impressione
è che o la Chiesa, i cristiani ritornano a essere il lievito
nella pasta o la pasta non lievita.
Perché tante comunità ecclesiali, tante parrocchie,
tanti movimenti continuano a pensare che il problema è noi
e loro e non tutti insieme?..."
Ed ora potremmo provare a chiederci:
1. quali scelte concrete come persone, società e come comunità
cristiana potrebbero esprimere l'ospitalità verso gli stranieri?
Quali per cogliere l'invito del Cardinal Martini a cambiare vita?
FILM
A TEMA
NUOVOMONDO
di Emanuele Crialese
Leone d'Argento 2006
IL FILM: Sicilia. Inizi del Novecento. Una decisione cambierà
la vita di una famiglia intera: lasciarsi il passato alle spalle
e iniziare una vita nuova nel Nuovo Mondo. Salvatore vende tutto:
la casa, la terra, gli animali, per portare i figli e la vecchia
madre dove ci sarà più lavoro e più pane per
tutti. Un'atmosfera sottile ed allo stesso tempo fitta di mistero
avvolge l'intero viaggio. Dai riti prima della partenza, alle cure
che Donna Fortunata, la madre di Salvatore, riserva agli abitanti
del villaggio affetti da strane patologie, riconducibili ad arcane
presenze e spiriti , che da sempre accompagnano la vita dei contadini
siciliani. Esseri viventi che convivono con le anime dei morti,
non sempre soddisfatte delle decisioni dei vivi: perché abbandonare
la propria terra, per andare a vivere in un posto che non appartiene,
non è mai appartenuto e non apparterrà mai alla propria
famiglia?
LE RECENSIONI: "Di fronte a Nuovomondo, visto che siamo in
Sicilia, mi è affiorato il ricordo della scritta sul portale
del cimitero di Montelepre: "Fummo come voi, sarete come noi".
E ho pensato ai clandestini di colore, angosciose presenze negli
sbarchi quotidiani del tiggì, potrebbero ribaltare il motto
in chiave di speranza: "Foste come noi, saremo come voi".
Fra altri cento anni, Bossi permettendo, i figli ed i nipoti di
questi miserabili potrebbero trovarsi infatti alla pari con quelli
che stentano ad accoglierli, proprio come gli odierni italoamericani.
E fra i paradossi della contemporaneità mettiamoci pure la
constatazione che, mentre a suo tempo i Siciliani fuggivano dalla
loro isola per cercare scampo in America, oggi c'è chi vede
la Sicilia come una nuova America. È questa la chiave per
intendere la valenza attuale del film di Emanuele Crialese, che
non vuol essere una rievocazione storica o una cronaca neorealistica,
bensì il rispecchiamento del fatale andare dell'uomo dal
Medioevo alla Modernità [
] Dopo molti anni, è
tornata sullo schermo del Lido la "lingua dei poveri"
di "La terra trema", il dialetto incomprensibile che suscitò
la rivolta dei benpensanti nel 1948. Se non avessero assegnato a
Crialese il Leone d'Argento, per la novità ed il respiro
del suo film, ci si sarebbe dovuti inventare in onor suo, su due
piedi, un premio Luchino Visconti" (Tullio Kezich, Corriere
della Sera).
"Nuovomondo di Emanuele Crialese, già autore del fortunato
Respiro, chiude il concorso della 63° Mostra del Cinema tra
gli applausi. [
] Il film ripercorre il viaggio di una famiglia
siciliana all'inizio del Novecento verso la tanto sognata America,
terra di speranza e salvezza. Lo sguardo di Crialese è aperto
e attento a definire le sensazioni, i desideri e le paure di uomini
che provano a cambiare il loro destino andando incontro a qualcosa
di veramente ignoto e lontano. Un film intelligente, che non si
ferma solo a ricostruire nostalgicamente atmosfere passate, ma che
mantiene sempre la stessa sensibilità nel mostrare le dinamiche
relazionali tra uomini e donne, senza nasconderne i limiti e le
paure. [
]" (Matteo Mazza, fuorischermo.net)
Durata:
115'
Interpreti: Charlotte Gaisbourg, Vincenzo Amato.
Musiche: Antonio Castrignanò Fotografia: Agnes Godard
Costumi: Mariano Tufano Scenografie: Carlos Conti
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