Come appare questo monumento? All'inizio
di una piccola salita un'insegna in pietra così recita: "Monumento in
ricordo dei cittadini di Bresso, Cinisello, Cologno Monzese, Milano,
Monza, Muggiò, Sesto San Giovanni e degli altri comuni del circondario,
arrestati dai nazifascisti nell'area industriale di Sesto San Giovanni
durante la Resistenza e deportati nei campi di concentramento". Si comincia
così a percorrere l'acciottolato che termina con una serie di gradini
neri molto alti che richiamano alla memoria la "Scala della morte" di
Mauthausen, quella scala maledetta costituita da 189 gradini ineguali,
dove molti deportati lasciarono la vita.
In cima alla scalinata appare una spianata di prato con 25 blocchi di
marmo disposti a semicerchio, dove sono incisi i nomi fino ad ora individuati
dei deportati morti e sopravvissuti, appartenenti all'area industriale
di Sesto San Giovanni. Per dare un'idea di quella che è stata la deportazione
in questa zona basti dire che sono incisi 460 nomi, divisi per fabbrica,
ai quali bisogna aggiungerne (perché la ricerca continua ... ) altri
5 appena trovati e 79 nominativi di operai della Pirelli che sicuramente
furono deportati il 28-11-1944 ma che purtroppo fino ad ora non sono
stati identificati. 544 deportati: ecco il contributo di sangue che
ha dato alla causa della libertà una cittadina che allora aveva 40.000
abitanti. Volgendo poi lo sguardo a sinistra vediamo alto e slanciato
il monumento: una figura stilizzata alta 7 metri che rappresenta il
deportato vittima del lavoro massacrante; al posto della testa enormi
sassi. La stele poggia su una base, sempre di sassi, dove sono inserite
6 urne riempite con terre raccolte nei Lager nazisti che maggiormente
hanno interessato la deportazione sestese: Gusen, Mauthausen/Ebensee,
Hartheim, Dachau, Auschwitz, Ravensbrück. Appoggiati sulla base del
monumento vi sono due grandi catini contenenti i sassi provenienti dalla
cave di marmo di Gusen e Mauthausen raccolti durante i pellegrinaggi
annuali dell'Aned di Sesto, e una scritta che dice: 'Il sangue dei deportati
dilavò su queste pietre delle cave di Gusen e Mauthausen". Sul primo
dei masselli possiamo leggere un'ultima scritta "I cittadini di
Sesto San Giovanni alle donne agli uomini ai giovani a tutti i lavoratori
di ogni paese deportati nei campi di sterminio nazisti che dicono al
mondo tutto il dolore ed il sacrificio da cui è nata la libertà". Si
conclude così la visita con un'interrogativo: che valore e significato
può avere oggi un monumento così?Le giovani generazioni capiranno? Piace
concludere con le parole di una studentessa il cui tema è stato premiato
come primo classificato nel concorso che il Comune di Sesto San Giovanni
quest'anno ha dedicato alla deportazione. Erica Zanin, della quarta
classe dell'Istituto magistrale Erasmo da Rotterdam, scrive: "... in
un pomeriggio di marzo la morte, che spesso negli ultimi tempi mi sorprendevo
a corteggiare, venne a prendermi ed io fui tranquilla perché sapevo
che non poteva esistere un mondo più orribile di questo. ... Mi trovo
in un grande prato verde ... davanti a me c'è un albero strano. Ha solide
radici che sembrano avere il compito di strapparlo dalla balia del silenzio
e di ancorarlo saldamente al nostro mondo. Lo slanciato fusto pare volersi
innalzare tra le barriere del tempo e dello spazio per far ascoltare
a tutti le sanguinose storie che racconta. "Foglie di pietra macchiate
di sangue si ammassano l'una sull'altra, pesanti come ricordi difficili
da sopportare. Mi avvicino ulteriormente attratta dall'inusuale forma
dell'albero. E' un monumento, costruito per salvare il ricordo di milioni
di persone, che come me rischiano di affondare nel mare dell'oblio.
"Oggi, dopo cinquant'anni, ai piedi dell'albero della storia ho ritrovato
me stessa. Ho ritrovato il mio nome, i miei sogni, la mia vita. I miei
ricordi continueranno così la loro corsa nel vento, in attesa di essere
ascoltati".
Monica Credi
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