A Milano un McDonald, numerosi negozi, una banca
e un palazzo sorgono oggi in piazzale Loreto al posto del distributore
di benzina che divenne famoso per la macabra esposizione dei cadaveri
di Mussolini, della sua amante e di alcuni gerarchi fascisti il 29 aprile
'45. Non molto tempo fa Combat Film ha mostrato quelle immagini raccapriccianti
e ha sollevato un vespaio di indignazione per il comportamento impietoso
della gente. Tuttavia, i milanesi più avanti con gli anni ricordano
bene che la popolazione reagì in modo così spietato e
crudele perché era ancora tragicamente ferita da un episodio
di brutale violenza inferta dai nazifascisti alla Resistenza e alla
città otto mesi prima.
Sarebbe bene che tutti gli italiani conoscessero la verità storica
per poter esprimere un'opinione documentata su quegli avvenimenti.
Infatti, poco più in là, in posizione modesta e defilata,
al vertice del giardinetto di via Andrea Doria che si affaccia sull'angolo
di piazzale Loreto con viale Brianza, c'è la stele che ricorda
15 partigiani fucilati il 10 agosto 1944 da un plotone fascista per
rappresaglia, a seguito di un attentato che aveva fatto saltare un camion
della Welirmacht in viale Abruzzi due giorni prima.
Il rapporto sull'attentato del Comando di presidio della Guardia nazionale
repubblicana elenca 6 morti, 5 feriti ricoverati all'ospedale di Niguarda
e 6 feriti leggeri, medicati e ritornati ai loro domicili". Eccezion
fatta per il graduato tedesco che guidava il camion, e che risulterà
ferito leggermente a una guancia, morti e feriti erano tutti italiani.
Il più giovane era un ragazzo di 14 anni.
L'attentato non venne mai rivendicato da alcun gruppo organizzato della
Resistenza. In precedenza, anche per evidenti ragioni di propaganda,
la rivendicazione era sempre arrivata, anche quando erano stati coinvolti
dei civili.
Così l'ipotesi più ragionevole attribuisce l'iniziativa
di viale Abruzzi a elementi antifascisti isolati.
Nel suo "Promemoria urgente" per il Duce, il capo della Provincia Parini
conferma che "le vittime dell'attentato di Viale Abruzzi erano tutte
italiane e neppure un tedesco e quindi era giusto che se la rappresaglia
si fosse fatta anche le autorità italiane dovevano esprimere
il loro avviso", ed esprime un giudizio pesantissimo sull'episodio:
il modo della fucilazione era stato quanto mai irregolare e contrario
alle norme".
In effetti la rappresaglia di piazzale Loreto fu intimata dai nazisti
allo stato illegittimo di Salò - che si prestò a eseguirla - al solo
scopo di diffondere il terrore tra la popolazione civile ed affermare
il controllo tedesco sul territorio italiano, secondo la logica dell'
occupazione già ampiamente sperimentata in tutta Europa. Il capitano
delle SS Theo Saevecke, comandante dell'Aussenkommando Mailand, ordinò
che venisse messo a disposizione un reparto fascista per provvedere
alla fucilazione. E a curare personalmente la selezione dei partigiani
da fucilare fu sempre il capitano Saevecke, che aveva anche la responsabilità
della conduzione del carcere di San Vittore.
Al momento di portare i Quindici al luogo della fucilazione, alle 4,30
del mattino, a ciascuno fu distribuita una tuta da operaio, per far
credere loro che sarebbero andati a lavorare per la Todt.
A eseguire l'ordine di fucilazione impartito da Saevecke fu un plotone
fascista (Muti). L'operazione cominciò alle 5,45 del mattino del 10
agosto e si concluse alle 6, 10, dopo che furono inseguiti e uccisi
due degli ostaggi che, pur feriti, erano riusciti a fuggire nelle vie
adiacenti.
L'ufficiale nazista che controllava l'esecuzione dell'ordine, ligio
alle disposizioni di Saevecke, ordinò che i corpi martoriati dei Quindici
restassero esposti per tutta la giornata in piazzale Loreto. Volendo
trasmettere un duro monito alla popolazione e alla Resistenza i nazisti
scelsero quel luogo perché volevano che il maggior numero di
persone possibile vedesse e sapesse. All'epoca questo era un punto di
convergenza del pendolarismo milanese verso le fabbriche di Sesto e
della Brianza e di quello dell'Hinterland verso Milano. Negli orari
di punta dei giorni lavorativi il transito dei pendolari arrivava a
diverse decine di migliaia di lavoratori. Ma in quella occasione la
voce del raccapricciante episodio corse rapidamente di bocca in bocca
e moltiplicò enormemente il numero dei passanti.
La scelta del posto, i modi della fucilazione e l'arrogante crudeltà
della lunga esposizione dei corpi martoriati (al contrario di quanto
avvenne alle Ardeatine, dove si cercò di nascondere il misfatto) lasciarono
un segno indelebile nella popolazione di Milano e nelle file della Resistenza,
caricando di un forte valore simbolico il luogo e l'evento.
Se si comprende questo, diviene più facile comprendere il secondo
e più famoso episodio legato a piazzale Loreto, l'esposizione
dei cadaveri di Mussolini, della sua amante e degli altri gerarchi fascisti
il 29 aprile '45. E se a questo aggiungiamo l'esasperazione della gente,
causata dall'oppressione nazifascista, dai lutti diffusi, dai sacrifici
economici imposti dalla lunga guerra e dai disagi di ogni genere, sarà
più facile capire il comportamento incivile di parte della popolazione
documentato dalle immagini di Combat Film.
Ci sono almeno due ottimi motivi per ricordare questi fatti dolorosi
a distanza di oltre cinquant'anni.
Nell'attuale clima di rimozione collettiva delle responsabilità
storiche, noi italiani dovremmo sentire il dovere civico, prima ancora
che morale, di capire quel travagliato periodo e di assumerci le responsabilità
che ci competono.
Troppo spesso ci dimentichiamo che siamo una Nazione da poco più
di un secolo e una democrazia compiuta da poco più di cinquant'anni.
Ma soprattutto dobbiamo ricordare che il fascismo ha pesanti responsabilità
nel mancato sviluppo democratico, civile ed economico del Paese. Tanto
per ricordarne qualcuna: l'eliminazione delle libertà politiche
e sindacali; le leggi razziali; l'autarchia che costrinse il paese entro
i propri confini culturali ed economici; l'addebito alle classi meno
abbienti del costo della ricerca del pareggio del bilancio dello stato,
attraverso riduzioni dei salari effettuate
d'autorità dal governo; la diffusa miseria; la realizzazione
di uno stato illegittimo - la cosiddetta Repubblica di Salò che si oppose
a quello legittimo, trascinando il Paese in una sanguinosa guerra civile,
mentre era in corso la guerra di liberazione dell'Italia dall'invasore
straniero.
E non va assolutamente dimenticato che fu la politica dell'Italia fascista,
insieme a quella scellerata della Germania nazista e del Giappone, la
causa prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, che provocò
60 milioni di morti.
In una sala dello splendido Museo Monumento al Deportato di Carpi c'è
una frase molto significativa di un resistente lussemburghese: non crediate
che tutto finirà così. Sarete chiamati a rendere i conti.
Quel giorno non è lontano, e allora, guai a voi! Ma non voglio
essere io a giudicarvi".
Il 16 luglio scorso il dottor Rivello della Procura militare della Repubblica
di Torino ha chiesto l'incriminazione del criminale nazista Theo Saevecke
per omicidio plurimo in danno dei 15 partigiani di piazzale Loreto.
In carica da poco più di un anno, egli si è posto subito l'obiettivo
di smaltire gli arretrati del suo ufficio, e dopo il censimento dei
procedimenti giacenti, ha dato corso a quelli che presentavano due requisiti
indispensabili: documentazione sufficiente (sia pure da aggiornare e
completare) e indiziati ancora viventi.
Il caso Saevecke, colposamente "dimenticato" per oltre cinquant'anni
e posto in posizione di "archiviazione provvisoria" dai suoi predecessori,
è tra gli ormai pochi casi che rispondono a questi due requisiti.
In occasione dell'approssimarsi del procedimento, il 20 settembre scorso
si è costituito il "Comitato i Quindici" che ha lo scopo di tutelare
gli interessi morali, politici, sociali, storici e anche economici delle
famiglie dei caduti di piazzale Loreto, e che per questi motivi si costituirà
parte civile nel processo contro Saevecke.
Da questa azione legale i familiari si aspettano solo quella giustizia
che fu loro negata per cinquant' anni dalla magistratura militare.
In questo modo, essi intendono evitare che i Quindici siano uccisi per
la seconda volta dall'ondata di revisionismo storico che vorrebbe trasformare
i carnefici in vittime.
L'obiettivo concreto del Comitato è quello della ricostruzione
storica dei fatti, per evitare che sulla scelta dei Quindici, e sulla
loro morte, si faccia colposa disinformazione, così come hanno
fatto alcuni giornali milanesi, o - peggio - speculazione politica,
come fa certa memorialistica neofascista.
Per concludere, la costituzione di parte civile dei familiari dei Quindici
ha lo scopo di scrivere la storia della fucilazione dei 15 patrioti
di piazzale Loreto, in quanto pagina gloriosa della storia della guerra
di liberazione.
Sergio Fogarolo
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